Anno della Fede e propaganda a favore del commissario (torturatore) Luigi Calabresi: la RSI sempre più di parte?

La Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana (RSI) continua a far sorgere dei dubbi sulla propria imparzialità politica. La Gioventù Comunista aveva promosso in passato un appello criticandone alcune scelte di palinsesto (leggi) e il nostro portale aveva anche segnalato (leggi) il polverone sorto a seguito di un approfondimento della trasmissione “Falò” tutto incentrato nel dare una buona immagine dell’esercito e del servizio militare, forse per preparare il popolo a votare “bene” quando, presto, si dovrà decidere se mantenere in vigore la leva obbligaoria o meno. Trasmissione, quest’ultima, che aveva spinto il sindacato degli studenti SISA a ricorrere all’ombudsman. Ma ancora in precedenza la RSI non aveva coperto il Congresso Cantonale del Partito Comunista, cosa che aveva fatto infuriare i vertici del partito, rendendo necessario anche qui l’intervento del mediatore per dirimere la vertenza. Ancora di recente, poi, la conferenza sul diritto all’eutanasia organizzata dall’Associazione dei liberi pensatori (atei e agnostici ticinesi) era stata bellamente bypassata dal servizio pubblico, forse timoroso di offendere la Chiesa. Senza dimenticare la figuraccia della RSI nell’affidarsi, per i corsi di formazione destinati ai giornalisti, ad esponenti dell’agenzia “Reporters sans frontières” del neofascista Robert Menard (leggi). E – come sempre – non c’è proprio fine al peggio: pochi giorni fa il servizio più lungo de “Il quotidiano” della Televisione pubblica di uno Stato laico, il nostro, era dedicato …all’Anno della Fede!

Che il direttore del notiziario regionale della RSI, Massimiliano Herber, sia vicino ai movimenti ecclesiali e ci tenga a trasmettere questi valori, potrebbe anche far parte della sua libertà d’espressione. Ma il pluralismo andrebbe anche minimamente salvaguardato, quando si agisce come giornalista di un servizio pubblico pagato da tutti i cittadini. Invece, mentre i comunisti, gli obiettori e i liberi pensatori vengono sistematicamente snobbati dalle telecamere del canone radiotelevisivo, il direttore Herber si concentra sulla conferenza di tale Gemma Capra: un evento decisamente di parte e improntato su una martellante propaganda religiosa.

E chi è mai Gemma Capra? Per quale ragione la nostra televisione pubblica invia una sua troupe per dedicarle il servizio più lungo del notiziario ticinese? La signora Capra non è né un’intellettuale di prestigio, né un personaggio pubblico… è “solo” la vedova di uno dei più discussi poliziotti italiani, che fra l’altro era membro – guarda un po’ il caso – di un gruppo clericale di destra. Calabresi iniziò a farsi conoscere per la sua brutalità nel 1967, quando caricò con i suoi agenti, gli studenti guidati dal giovane leader Mario Capanna, che occupavano l’Università Cattolica di Milano.

In pochi sanno che Gemma Capra era la moglie del commissario Luigi Calabresi, vice-responsabile della squadra politica della Questura di Milano, ossia un dirigente della polizia politica italiana, freddato nel 1972 da un commando del movimento di sinistra “Lotta Continua”, nel pieno  degli anni di piombo. E tutti questi retroscena, di non poco conto, la RSI si è ben guardata dallo spiegarli, dando invece un’impostazione manichea della situazione.

La giornalista e scrittrice Camilla Cederna su “L’Espresso” del 13 giugno 1971 descriveva Calabresi come un “torturatore”, e in molti lo considerano come l’assassino del ferroviere e militante anarchico Giuseppe Pinelli, un innocente accusato di essere un terrorista, che volò fuori dalla finestra della questura di Milano. Un giudizio quello che indicava nel marito di Gemma Capra la mano omicida, che anche Dario Fò ha dimostrato di condividere. Sul ruolo omicida di Pinelli vi sono spettacoli teatrali e film, che dubitiamo però Massimiliano Herber voglia presentare al pubblico di Comano.

Si sa che in Ticino i posti pubblici sono lottizzati e che le tessere di partito contano più della professionalità. In questo caso, forse, più che la tessera di un partito, conta l’affiliazione di qualche dirigente della RSI alla setta cattolica “Comunione & Liberazione” che con i suoi tentacoli trasmette la sua visione delle cose impregnata di moralismo e di conservatorismo di destra. Ricordare Calabresi come vittima della violenza politica ci va bene perché non ne condividiamo affatto i metodi, purché ci si ricordi nel contempo anche delle vittime innocenti, anarchici, comunisti e semplici studenti, che questo discusso dirigente della polizia politica (con simpatie di destra non troppo moderate) ha ferito o ucciso nel corso della sua carriera e di cui la vedova non ha detto niente a Bellinzona. E un po’ più di laicità e un po’ meno di ciellinismo, alla RSI non guasterebbe!

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