Il Partito Comunista Portoghese (PCP) usa da anni uno slogan: “Per un’alternativa patriottica e di sinistra”. Una linea che sembra ora diffondersi e che infatti sta iniziando a caratterizzare sempre più partiti di ispirazione comunista, che vogliono scrollarsi di dosso sia le tendenze liberali e globaliste di una sinistra riformista sempre meno legata alle classi lavoratrici, sia le tendenze dogmatiche di chi ha trasformato il marxismo in mero folklore identitario. Se fino a poco tempo fa questa appariva come una peculiarità del solo PCP, già nel 2016 nel Canton Ticino in Svizzera si è iniziato a costruire quella che è diventata una tendenza per il rinnovamento dell’intero Movimento Comunista Internazionale.
La “Democrazia Sovrana e Popolare” di Marco Rizzo
Forzando forse un po’ i tempi l’ex-eurodeputato Marco Rizzo, presidente onorario del Partito Comunista in Italia, aveva colto la questione e, abbandonata repentinamente la linea marxista-leninista più settaria, si è candidato prima alle ultime elezioni politiche della Penisola su una lista chiamata “Italia sovrana e popolare”, e poi costituendo un nuovo vero e proprio soggetto politico, ampio e anti-europeista, in cui far confluire dai comunisti ai cristiano-sociali ai nazionalisti contro i diktat tecnocratici chiamato “Democrazia Sovrana e Popolare”. Una mossa audace che però non ha fatto l’unanimità nemmeno all’interno del variegato movimento comunista italiano, caratterizzato da forti tendenze liturgiche.
Il cauto equilibrio di Massimiliano Ay
I primi passi, dal punto di vista ideologico, di questo nuovo slancio che riguarda il rinnovamento esistenziale del comunismo in Europa, parte però probabilmente da Lugano nel novembre 2016. In quell’occasione il Congresso del piccolo Partito Comunista della Svizzera guidato da Massimiliano Ay e Alessandro Lucchini, composto perlopiù di giovanissimi e molto attivo nella cooperazione anti-imperialista, inizia a porre la questione della sovranità nazionale come perno dei propri discorsi: la risoluzione approvata quell’anno all’unanimità, non a caso, si intitolava “Unione Europea, flussi migratori, anti-imperialismo, cooperazione internazionale e multipolarismo: una prospettiva socialista scientifica, non caritatevole”. In quell’occasione si evidenziava come la contraddizione primaria della nuova fase storica che stava aprendosi era quella fra l’imperialismo atlantico e le nazioni che, difendendo la propria sovranità, ambivano ad emanciparsi dall’Occidente liberista e intimamente neo-colonialista. Nel 2021 sempre i comunisti svizzeri suggellano, in un nuovo Congresso a Bellinzona, la svolta “patriottica di sinistra” mutuando l’analogo slogan del PCP che, non a caso, partecipa per la prima volta ai lavori con un suo delegato. Massimiliano Ay però preferisce andarci coi piedi di piombo, con maggiore equilibrio rispetto a quanto avverrà in Italia: nessun contenitore nuovo e nessuna rinuncia all’identità marxista-leninista.
La strategia del PC svizzero si chiama infatti da anni “normalizzazione”, che si traduce nella capacità di far uscire, seppur gradualmente, i comunisti dalle nicchie e normalizzarne la percezione fra i comuni cittadini, cogliendo le preoccupazioni e le sensibilità di questi ultimi, ma senza nascondersi, senza svolte eccessivamente populiste e sempre ribadendo il carattere d’avanguardia dei comunisti. È una via volutamente non elettoralista, graduale e, forse, proprio per questo, più incisiva.
Una nuova generazione prende piede nel KP danese
Nel giugno 2022 Massimiliano Ay sul nostro portale pubblica l’articolo teorico “Il multipolarismo è una rivoluzione, non un pranzo di gala”. Un mese dopo viene tradotto e citato in un documento politico del Partito Comunista Danese (KP) che inizia così a consolidare un lento ma solido processo di rinnovamento partendo dall’analisi dei rapporti di forza internazionali. In quel documento, intitolato “La guerra in Ucraina e il cambiamento degli equilibri di potere nel mondo”, elaborato dai suoi dirigenti Joan Ågot Pedersen e Lotte Rørtoft-Madsen, non solo si chiarisce che i paesi emergenti non intendono più chinare la testa di fronte all’egemonismo occidentale, a costo di usare le maniere forti, ma si pongono le basi per un nuovo programma d’azione dei comunisti in Danimarca con queste priorità:
- Stop alla corsa al riarmo da parte danese;
- Niente truppe o basi straniere sul suolo danese;
- Difendere la Danimarca e il mondo dalle armi nucleari.
E poi la direttiva ai militanti: “Qualsiasi attività in tal senso merita di essere sostenuta”, evidentemente anche se arriva da destra. Il KP denunciava pure come il governo danese stesse “negoziando in segreto un accordo di base con gli Stati Uniti. Si tratterebbe di una grave violazione della nostra sovranità, che renderebbe la Danimarca un obiettivo di bombardamento e un trampolino di lancio per l’azione militare statunitense. Diciamo quindi no alle basi e ai porti militari statunitensi in Danimarca”. Un processo di ricollocamento politico del Partito che culmina proprio pochi mesi fa: il 15 marzo scorso, infatti, il Congresso del KP rinnova la propria linea sul mondo multipolare e la lotta contro UE e NATO, la condanna del genocidio sionista a Gaza e non da ultimo la valutazione, tendenzialmente positiva, della peculiare transizione al socialismo in Cina. La nuova carta dei principi del Partito chiarisce senza mezzi termini che occorre militare “per la più ampia unità popolare possibile con gli altri strati [sociali] e organizzazioni politiche […] in difesa della sovranità nazionale”.
Il KSCM cambia linea e vince!
Dopo la fallimentare esperienza di governo con la socialdemocrazia, che comportò una cocente sconfitta elettorale e la perdita di tutti i suoi deputati, nel Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSCM) prende il sopravvento una nuova generazione che elegge alla sua testa Kateřina Konečná, 41enne eurodeputata a Bruxelles, che anzitutto – e senza farsi problemi a collaborare con la destra patriottica – porta i comunisti in piazza sia contro UE e NATO, sia contro la guerra ai danni della Russia che si sta combattendo in Ucraina. Accusata dai giornalisti main stream e dagli ambienti progressisti, sempre più élitari e chiusi nelle università, di avere simpatie per il governo dell’Azerbaigian e di essere troppo “nazionalista”, Kateřina Konečná, non si fa problemi e anzi tira dritto, incurante delle pressioni mediatiche, fondando la coalizione elettorale “STAČILO!” (“Basta!”) che rivendica tre priorità: la pace, i diritti sociali e la sovranità nazionale. “Non dobbiamo essere pedine nel gioco americano” dichiarano insomma con forza i comunisti cechi. E anche in questo caso un filo conduce la Konečná a Bellinzona: nel novembre 2021 infatti interviene in video durante il Congresso del locale PC: ad ascoltarla fra il pubblico anche la co-presidente del Partito Socialista ticinese Laura Riget. I risultati non si fanno attendere: alle elezioni Europee dello scorso giugno, il KSCM ottiene un ottimo 9,6%.
I pionieri sono stati i turchi di Vatan Partisi
Il primo partito marxista-leninista (proveniente dalla tradizione filo-cinese degli anni ‘70) ad individuare la necessità di una svolta epocale per essere realmente rivoluzionari nella nuova epoca storica che si andava aprendo, ovvero quella che avrebbe visto l’emergere dell’Eurasia e il declino del sistema atlantico, è stato in Turchia l’ex-Partito dei Lavoratori (IP) presieduto dal “grande vecchio” del maoismo turco, Dogu Perinçek anche lui curiosamente amico del governo azero. IP inizia a concepirsi come un partito di massa con il Congresso di Ankara del 2006, un partito retto sì dal socialismo scientifico, ma orientato anzitutto a completare la rivoluzione nazional-democratica per la piena sovranità nazionale contro l’imperialismo e, per far questo, pronto a unire al proletariato anche la piccola borghesia patriottica potenzialmente aperta all’idea di un socialismo di mercato. Lenin, Stalin e Mao restano referenti ideologici storici, ancora oggi studiati all’interno del Partito, ma la figura aggregante sul piano pubblico, capace di unire i comunisti alle altre fasce della popolazione, compresa quella più conservatrice, è quella del padre della Rivoluzione turca Mustafa Kemal Atatürk.
Nel 2015 (come da noi documentato in questo articolo) IP sottolinea tale impostazione cambiando persino nome in Vatan Partisi (tradotto: Partito Patriottico) e una nuova generazione di trentenni – fra cui il segretario generale Özgür Bursali – inizia a prendere il controllo dei vari livelli del Partito. Se le relazioni di Perinçek con il Partito Comunista Cinese datano dagli anni ‘70 e con il Partito del Lavoro della Corea del Nord dagli anni ‘90, i contatti fra i comunisti svizzeri e Vatan Partisi risultano regolari fin dal 2012, quando una delegazione composta proprio da Massimiliano Ay e Gianfranco Cavalli fu ricevuta a Istanbul.