MPS e Comitato Ucraina monopolizzano il 1° maggio. E spuntano i cartelloni filo-nazisti

“Pace, dignità e solidarietà”: con queste parole d’ordine il movimento sindacale ticinese è tornato domenica ad appropriarsi della strada e della piazza dopo lo stop imposto dalla pandemia. Il migliaio di partecipanti riuniti a Bellinzona dall’Unione sindacale svizzera (USS) Ticino e Moesa ha sfilato per le vie della capitale baciata – per una volta – dal sole, spesso grande assente durante la Festa del Lavoro. Ciononostante, la manifestazione sindacale non ha mancato di essere velata da alcuni quantomeno spiacevoli episodi.

Cartelloni inneggianti al battaglione Azov e… troppe bandiere rosse!

I cittadini ucraini che hanno partecipato al corteo si sono infatti distinti non solo per i loro canti e le loro bandiere, ma anche per alcuni cartelloni inneggianti al battaglione Azov, la nota formazione paramilitare neonazista colpevole di innumerevoli crimini di guerra a cui il governo ucraino ha appaltato il comando militare di intere regioni e città (leggi qui). Oltre a “Save the military in Mariupol”, un cartellone esposto dai manifestanti ucraini riportava infatti un miliziano del battaglione Azov intento a difendere la “fortezza Mariupol” (in cui, come è noto, i paramilitari hanno tenuto per settimane decine di civili in ostaggio nei sotterranei dell’acciaieria Azovstal). Sembra peraltro che i rappresentanti della comunità ucraina, poco avvezzi alle manifestazioni sindacali, vietate e represse dal governo di Kiev dopo il golpe del 2014, abbiano protestato con alcuni dirigenti dell’USS perché al 1° maggio c’erano… troppe bandiere rosse! Inneggiare ai battaglioni nazisti colpevoli di atrocità a danno dei civili e protestare per l’esposizione di simboli e colori facenti parte della storia del movimento operaio: strano modo di partecipare ad una manifestazione sindacale all’insegna della pace e della solidarietà!

Che la partecipazione ucraina alla manifestazione del 1° maggio fosse orientata alla provocazione è confermato dalle dinamiche interne al corteo: alla sua partenza, la delegazione ucraina si è infatti spostata proprio dietro allo spezzone comunista (nonostante gli inviti a posizionarsi davanti ad esso), con l’evidente intento di provocare una reazione fra chi non sostiene il governo ucraino nella sua corsa verso l’abisso. Al momento in cui il corteo si è arrestato per i discorsi in Piazza Collegiata, i manifestanti ucraini si sono però fulmineamente fiondati ad occuparne le scale per massimizzare la visibilità della propria partecipazione. Gesti e pratiche tanto precisi da sembrare studiati in precedenza e/o pilotati dall’esterno. Da chi? Difficile dirlo con certezza, ma il sospetto è che vi sia lo zampino del Movimento per il socialismo (MPS) trotskista.

La regia trotskista dietro alle provocazioni banderiste?

Dopo aver lungamente lavorato per rompere l’unità sindacale (l’anno scorso aveva addirittura convocato un corteo concomitante con la manifestazione dell’USS, mentre più di recente ha boicottato l’iniziativa sul salario minimo), quest’anno MPS non ha infatti sfilato quest’anno con le proprie bandiere, ma tutti i suoi militanti e dirigenti presenti in piazza hanno animato e diretto lo spezzone del “Comitato ticinese contro la guerra in Ucraina” creatosi in Ticino qualche settimana fa. Sul modello di svariati altri cantoni (specialmente romandi), dove sigle trotskiste come SolidaritéS hanno creato strutture simili, anche a Sud delle Alpi MPS ha creato un comitato volto a coordinare le iniziative di solidarietà con il popolo ucraino (benché esso si limiti più che altro a diffondere le posizioni e le rivendicazioni trotskiste relative al conflitto). Una situazione assai peculiare, per cui il partito trotskista cerca di cavalcare l’accoglienza dei profughi ucraini, ma finisce per dare spazio a quelli fra di loro che promuovono il battaglione Azov: oggi come ieri (leggi qui), viene dunque da chiedersi se non sia dunque la destra (in questo caso estrema) a sfruttare l’opportunismo di MPS. La collaborazione fra queste due componenti è comunque stata evidente sulla piazza del 1° maggio, dove i manifestanti ucraini sono stati chiamati sul “palco” della Collegiata al momento dei discorsi per disporsi accanto agli striscioni del comitato Ucraina, da cui durante la prima parte del corteo si erano però appositamente allontanati – proprio per, come detto, provocare lo spezzone comunista in coda alla manifestazione. Vi è da chiedersi se da MPS non sia arrivata una precisa indicazione in questo senso.

Poco dopo la partenza del corteo, i manifestanti ucraini si sono distanziati da MPS per inserirsi dietro allo spezzone comunista (qui sullo sfondo, dove si era posizionato per evitare inutili contrasti).

Appropriatisi della piazza durante il corteo, MPS e manifestanti ucraini hanno poi ripetuto la scena in piazza Governo, occupando le scale di fronte al palco – con i cartelloni filo-Azov sempre in bella vista – giusto il tempo di scattare qualche fotografia per i giornalisti, per poi dileguarsi rapidamente. Non è però mancata la presa di parola dal palco: Luca Torti, militante MPS di lungo corso e coordinatore del “comitato Ucraina”, si è espresso a nome di quest’ultimo per oltre un quarto d’ora (quando il tempo concesso per ogni oratore era di circa 5 minuti, ciò che sembra non aver mancato di sollevare qualche malumore in seno all’USS, che non ha però interrotto l’oratore fuori tempo massimo). Il discorso di Torti è particolarmente significativo sotto svariati aspetti: è interessante notare anzitutto come la manifestazione di solidarietà con i sindacati ucraini non abbia menzionato la grave repressione di cui è vittima il movimento operaio ucraino a partire dal 2014, di cui il massacro di Odessa è stato solo la più evidente e drammatica manifestazione. Certo, dire che è il governo ucraino a reprimere i sindacati non avrebbe portato molta acqua al mulino di Zelensky e della sua agenda, ma da parte di un movimento che si vuole antifascista e anticapitalista come MPS era legittimo attendersi un po’ di onestà su questo fronte. D’altronde, sempre Torti ha espresso soddisfazione per il “ricompattamento dell’Occidente dietro gli Stati Uniti” e per l’adesione della Svizzera, benché con “ingiustificabile ritardo”, alle sanzioni europee: insomma, più papisti del papa, o meglio, più imperialisti dell’Impero! Fortunatamente, secondo MPS, i vassalli europei si sono allineati alle direttive di Washington, l’unica nota negativa è che… ci hanno messo troppo tempo!

Da notare infine i continui appelli al disarmo e alla fine delle ostilità, perfettamente corretti e condivisibili, ma che risultano un tantino ipocriti se promossi da un movimento che è impegnato da settimane in una campagna volta a relativizzare il fenomeno nazista in Ucraina (leggi qui) e a giustificare l’invio di armi al governo ucraino (leggi qui), con il solo plausibile risultato di prolungare la guerra e le sofferenze dei civili. Non che ci sia da stupirsi: già a inizio marzo il segretariato unificato della Quarta internazionale, epicentro del trotskismo internazionale a cui MPS è affiliato come osservatore, rivendicava il “sostegno alla resistenza armata e non armata del popolo ucraino”, nonché la “consegna di armi su richiesta del popolo ucraino” (leggi qui). Tale pericolosa posizione è nel frattempo stata sdoganata in Ticino dal quotidiano LaRegione, il cui vicedirettore Lorenzo Erroi ha recentemente scritto che “è giusto armare la resistenza” (leggi qui). Immaginiamo che non ci vorrà molto prima che anche i trotskisti nostrani inizino a rivendicare l’invio di armi all’Ucraina, facendosi così alfieri dell’industria militare occidentale che si frega le mani di fronte ai lauti guadagni che le vengono prospettati.

Dura la critica dei comunisti: “provocazione inaccettabile”

Di fronte a questi avvenimenti, non si è fatta attendere la reazione dei comunisti ticinesi, che in piazza non hanno reagito alle provocazioni, ma che a bocce ferme si tolgono qualche sassolino dalla scarpa. Con una nota, la Gioventù Comunista (GC) ha espresso il proprio rammarico per il fatto che durante la manifestazione “il tema del lavoro, che dovrebbe essere quello centrale durante il 1° maggio, sia stato a numerose riprese fortemente adombrato, lasciando spazio a diverse prese di posizione non a favore della pace, bensì di un sostegno acritico al governo ucraino”. Rispetto ai cartelloni inneggianti al battaglione Azov il giudizio è nettissimo: tollerare l’esposizione di questi simboli durante un corteo sindacale è “inaccettabile”. Quanto successo al 1° maggio di Bellinzona è da attribuire “anche a causa di una gestione dell’evento a tratti troppo accomodante ma soprattutto del Movimento per il Socialismo (MPS), molto attivo nel Comitato ticinese contro la guerra in Ucraina e che negli ultimi tempi sulla sua pagina sta promuovendo una narrazione che banalizza il ruolo dei neonazisti ucraini”.

Di certo fra le bandiere rosse che hanno infastidito i manifestanti ucraini vi erano quelle comuniste.

Abbiamo raggiunto per una reazione il segretario politico del Partito Comunista Massimiliano Ay, che si è espresso in questi termini: “La presenza di propaganda nazista fra gli striscioni dello spezzone ucraino è un fatto inaudito e indegno per la tradizione del movimento operaio del nostro Paese. Partecipo da oltre 20 anni ai cortei del Primo maggio e una cosa simile non mi è mai capitata. Cartelli in solidarietà al militarismo ucraino e propaganda del famigerato Battaglione Azov sono schifezze che non si possono accettare. E invece a Bellinzona il Comitato pro-Ucraina ha compiuto gesti di una provocazione inaccettabile, debitamente spalleggiati dai militanti di MPS che con arroganza hanno coperto le rivendicazioni sindacali per imporre la loro agenda politica. La missione divisiva dei trotzkisti insomma continua e ha raggiunto un livello superiore: a sinistra è opportuno rifletterci seriamente perché i danni che provocano sono tanti”.

Il segretario del PC, nonché deputato in Gran Consiglio ha poi espresso alcune critiche alla gestione della manifestazione, pur ribadendo la necessità e l’importanza dell’unità sindacale: “Purtroppo che situazioni del genere da parte del Comitato pro-Ucraina promosso da MPS sarebbero arrivate era ampiamente prevedibile. Il Partito Comunista ha preventivamente istruito i propri militanti su come comportarsi in corteo perché avevamo effettivamente timore di provocazioni. Per chi come noi conosce l’Ucraina non si stupisce di quanto avvenuto a Bellinzona: in Ucraina il 1° maggio è vietato perché troppo “sovietico” e la feroce repressione anti-sindacale di stampo fascista dura dal 2014. Ci saremmo per questo attesi che accanto a una legittima e condivisa rivendicazione per la fine della guerra, i sindacati garantissero un maggiore controllo sui relatori e soprattutto del corteo perché il bene supremo del 1° maggio è il suo carattere unitario, un momento di lotta ma anche di festa dei lavoratori e non deve diventare una piattaforma dove tollerare invettive e addirittura propaganda fascista. C’è purtroppo chi vuole distruggere questo clima con provocazioni gravi. Una cosa va però sottolineata: i responsabili sono i trotzkisti che all’interno dei sindacati operano in maniera divisiva ogni giorno per le loro posizioni di potere mettendo in difficoltà i tanti sindacalisti seri a cui va la nostra stima”.