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Venezuela: il PSUV riconquista la maggioranza. Smentita l’UE, ostinata a non riconoscere il voto!

Domenica 6 dicembre, le elezioni legislative svoltesi in Venezuela hanno premiato il Partido Socialista Unido de Venezuela (PSUV) fondato nel 2008 dall’ex-presidente Hugo Chavez, riconsegnandogli la maggioranza in seno all’Assemblea Nazionale che aveva perso nel 2015. Da tutto il mondo sono giunte espressioni di soddisfazione per questo importante risultato e per il regolare svolgimento del processo elettorale.

Il Gran Polo Patriottico chavista si impone all’Assemblea Nazionale

Secondo i dati diffusi dal CNE, il Consiglio Nazionale Elettorale (vedi qui), la coalizione governativa del Gran Polo Patriótico Simon Bolivar (GPPSB) – guidato dal PSUV chavista – ha ottenuto poco meno del 70% dei voti emessi (corrispondenti a circa 4 milioni e 300’000 schede) ed ha dunque conquistato la maggioranza assoluta dei 277 seggi dell’Assemblea Nazionale, il parlamento unicamerale che rappresenta il potere legislativo in Venezuela. La coalizione d’opposizione denominata Alianza Démocratica (AD) ha invece ottenuto poco più del 18% delle preferenze (pari a circa 1 milione e 100’000 schede). Da segnalare il poco brillante risultato della coalizione Alternativa Popular Revolucionaria (APR), guidata dal Partido Comunista Venezolano (PCV), che dopo essersi separato dal Gran Polo Patriottico ha riscosso il 2.7% dei voti (circa 170’000 schede): se il primo bollettino ufficiale lasciava ben sperare, il PCV non è riuscito però in ultima istanza ad aumentare la propria rappresentanza in parlamento, passando anzi dagli attuali 2 ad 1 solo seggio. La Mesa de Unidad Democratica (MUD) guidata da Juan Guaidò, che aveva conquistato la maggioranza nelle elezioni del 2015, ha deciso di boicottare la tornata elettorale e non ha quindi ottenuto alcun seggio. Il tasso di partecipazione è stato del 30.5% su un totale di circa 20 milioni di elettori registrati.

Secondo gli osservatori internazionali, il voto è stato regolare e democratico

Come è consuetudine da vari anni a questa parte, il processo elettorale venezuelano è stato seguito e verificato da numerosi osservatori internazionali: come riporta la rete informativa Telesur (leggi qui), l’attività degli oltre 14’000 centri di voto è stata osservata da circa 1500 delegati e da 300 rappresentanti di 34 paesi di tutto il mondo. Gli osservatori che hanno seguito le procedure elettorali hanno confermato la regolarità e la democraticità del voto di domenica, esprimendo soddisfazione per l’organizzazione della consultazione. Essi hanno di fatto smentito così gli eurocrati di Bruxelles, i quali si ostinano come un disco rotto a non riconoscere l’esito del voto accusando Caracas, senza portare però alcuna prova, di aver celebrato una competizione elettorale “illegittima e scorretta”. Ma ad essere scorretta è solo la politica estera, sempre meno credibile, dell’UE.

Il professore dell’Università di New York Danny Shaw si è espresso così in merito al voto venezuelano: “ho potuto constatare come tutto ciò che viene detto nel mio paese è una menzogna, i venezuelani potrebbero dare lezioni di democrazia agli americani”. Presenti in loco anche l’ex-eurodeputato spagnolo Javier Couso, l’ex-presidente dell’Ecuador Rafael Correa e l’ex-presidente della Bolivia Evo Morales, che ha dichiarato che “i paesi dell’America Latina risolvono i propri problemi da soli e decidono sovranamente”.

Fra gli osservatori internazionali segnaliamo anche l’ex-premier spagnolo José Luis Zapatero, che ha riconosciuto la validità del processo elettorale e si è appellato ai governi di Stati Uniti ed Unione Europea affinché mettessero fine alle sanzioni “ingiuste e incomprensibili” che da tempo indeboliscono il paese sudamericano. In merito alle accuse di brogli da parte dell’opposizione che ha boicottato le elezioni, Zapatero ha dichiarato: “ritengo che questo processo elettorale sia influenzabile, da parte di coloro che stanno partecipando. Coloro che non hanno voluto partecipare a queste elezioni parlamentari non hanno però la posizione morale per accusare nessuno” (leggi qui).

Il presidente venezuelano Nicolas Maduro al seggio elettorale.

Nicolas Maduro: “la politica di Trump é fallita miseramente”

Grande soddisfazione è stata espressa da parte del presidente del Venezuela Nicolas Maduro, secondo il quale “la politica dell’amministrazione Trump nei confronti del Venezuela è fallita miseramente” (leggi qui). Ricordiamo che, dopo aver fomentato le violente proteste di piazza della primavera del 2019, ancora nel maggio di quest’anno gli Stati Uniti avevano organizzato lo sbarco in territorio venezuelano di milizie mercenarie comandate da ufficiali nordamericani che avevano l’obiettivo di destabilizzare il governo del Paese (leggi qui).

Come ha ricordato il presidente Maduro, quella scatenata dall’imperialismo americano “non è solo una guerra economica, è una guerra mediatica mai vista prima, una guerra politica, diplomatica e psicologica, una guerra che ha l’obiettivo di ricolonizzare un paese come il Venezuela”. Il risultato di queste elezioni, che confermano il cammino rivoluzionario iniziato ormai più di 20 anni or sono, non può quindi che costituire un segnale forte per gli avversari del chavismo: secondo Maduro, “il Venezuela ha dimostrato a Donald Trump e agli estremisti, suprematisti di Washington che non siamo e non saremo una colonia yankee”.

Nel corso dell’incontro con la stampa internazionale, il presidente venezuelano ha inoltre comunicato che l’Assemblea Nazionale Costituente terminerà come previsto le sue funzioni nel corso del mese di dicembre. Convocata in un periodo di intensa crisi politica, economica e sociale, questo organismo ha garantito la pace nel paese: secondo Maduro, l’elezione dell’Assemblea Costituente ha permesso di “evitare una guerra civile e di consolidare la pace fra il 2017 e il 2020” (leggi qui).

Il segretario del PCV Oscar Figuera durante un comizio dell’APR in vista delle elezioni.

I comunisti venezuelani si smarcano a sinistra rispetto al governo

Come ricordato in apertura, il Partido Comunista de Venezuela (PCV) ha deciso in questa occasione di distinguersi dalla politica governativa, uscendo dal Gran Polo Patriottico e fondando una propria coalizione denominata Alternativa Revolucionaria Popular (APR) a cui hanno aderito alcune altre sigle minori, critiche nei confronti della politica del governo giudicata troppo accondiscendente verso la borghesia. Pur restando entrambe le formazioni nel solco della Rivoluzione Bolivariana, socialisti e comunisti hanno dunque operato una diversa scelta tattica: se il PSUV ha tentato di aprire un dialogo con quella parte di opposizione moderata che accetta il gioco democratico, il PCV ha presentato invece una lista alternativa meno incline al compromesso e atta – per usare le parole del segretario Oscar Figuera – a “raggruppare settori popolari dispersi e riprendere il corso rivoluzionario nel nostro paese”.

Seppur concordi nel contrastare l’imperialismo e le sue sanzioni, la campagna elettorale non è però stata priva di tensioni fra le due formazioni: a fine novembre, il PCV ha inviato una lettera a tutti i partiti comunisti e operai fratelli del mondo, denunciando la censura mediatica operata nei suoi confronti tanto dai media privati quanto dai mezzi di comunicazione pubblici, configurando “una flagrante violazione dei nostri diritti politici e della legge elettorale in Venezuela”. Le reazioni di una parte del movimento comunista internazionale non si è fatta attendere: il Partito Comunista di Grecia (KKE) – notoriamente critico verso il “Socialismo del XXI secolo” teorizzato dal governo di Caracas – ha inviato una lettera di protesta al Consiglio Nazionale Elettorale venezuelano, mentre alcune altre sigle hanno inviato dei messaggi di solidarietà ai comunisti venezuelani (fra queste citiamo il Partito Comunista del Messico e il Partito Comunista Brasiliano).

Più equilibrata la presa di posizione del Partito Comunista svizzero, che si è espresso per bocca del suo segretario politico Massimiliano Ay: “Gestire un’opposizione golpista, violenta e manipolata dall’estero non è facile: questo al governo del PSUV va riconosciuto! Tuttavia il PCV ha sempre dimostrato di essere una forza leale al processo rivoluzionario come anche il presidente Maduro ha ammesso: auspichiamo quindi che il Grande Polo Patriottico Simon Bolivar possa tornare unitario per concretizzare la transizione al socialismo che necessita il contributo e l’intelligenza di ciascuno”.