Fin dal trionfo della Rivoluzione del 1959, la Repubblica di Cuba ha adottato una posizione chiara, risoluta e coerente a favore della causa del popolo palestinese. Non si tratta di una solidarietà episodica o meramente diplomatica, bensì di un’alleanza strategica fondata su principi rivoluzionari, antimperialisti e antisionisti, costantemente riaffermati nel corso dei decenni tanto sul piano interno quanto in sede internazionale. La lotta palestinese, per Cuba, è parte integrante della più ampia battaglia contro il colonialismo, il razzismo, l’espansionismo e la subordinazione dei popoli del Sud globale alle logiche dell’imperialismo — in primo luogo, quello statunitense.
Fidel condannò il sionismo
Il Comandante en jefe, Fidel Castro Ruz, insieme ai dirigenti storici della Rivoluzione — Raúl Castro, Che Guevara, Vilma Espín, Melba Hernández — espresse fin da subito una condanna radicale del sionismo, considerato non una semplice opzione politica, bensì un’ideologia intrinsecamente coloniale, razzista e funzionale agli interessi del capitale internazionale. Nel suo intervento al Primo Congresso del Partito Comunista di Cuba (1975), Fidel dichiarò: “Non siamo antisemiti. Rispettiamo il popolo ebraico. Ma condanniamo il sionismo come ideologia espansionista, razzista e colonialista, al servizio degli interessi dell’imperialismo, in particolare quello statunitense.” Tale posizione si tradusse in atti concreti: nel 1973, Cuba ruppe le relazioni diplomatiche con Israele a seguito della guerra dello Yom Kippur. Due anni dopo, votò a favore della storica Risoluzione 3379 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che equiparava formalmente il sionismo al razzismo.
Non meno incisivo fu Ernesto “Che” Guevara, che nel suo celebre discorso all’Assemblea Generale dell’ONU (1964) denunciò: “L’imperialismo statunitense è il gendarme mondiale. Sostiene Israele per opprimere i popoli arabi e mantenere il controllo sulle risorse energetiche del Medio Oriente.”

Azioni concrete di solidarietà rivoluzionaria
Al di là delle dichiarazioni di principio, Cuba ha posto in essere una serie di azioni materiali e strutturate a sostegno della resistenza palestinese:
1. rottura delle relazioni con Israele nel 1973, gesto politico di rottura che rese Cuba uno dei primi paesi dell’America latina a prendere posizione contro il regime sionista.
2. riconoscimento dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) come unico legittimo rappresentante del popolo palestinese, in epoca in cui la maggioranza degli stati occidentali ancora esitava.
3. addestramento militare e tecnico di combattenti palestinesi, in collaborazione con la Siria, l’Algeria e altri stati progressisti del mondo arabo.
4. formazione accademica gratuita per centinaia di giovani palestinesi presso università cubane, in medicina, ingegneria, scienze agrarie e tecnologie strategiche.
5. missioni mediche e aiuti umanitari nei campi profughi in Libano, Siria e nei territori occupati, oltre a invii regolari di farmaci e forniture sanitarie.
6. difesa attiva della causa palestinese nei fori multilaterali, tra cui l’ONU, il Movimento dei paesi non allineati e il Gruppo dei 77+Cina.
7. sostegno alla causa legale contro Israele presso la corte internazionale di giustizia: nel biennio 2024-2025, Cuba ha sostenuto la denuncia presentata dal Sudafrica per genocidio.
8. militanza mediatica e ideologica: testate come Granma, Cubadebate, Mesa Redonda e riviste come Tricontinental – Instituto de investigación social, hanno dato ampia diffusione alle voci della resistenza palestinese e alle denunce contro i crimini del sionismo.
9. mobilitazione del popolo cubano attraverso organismi come l’ICAP, la Federazione delle donne cubane, l’Unione dei giovani comunisti, che hanno organizzato manifestazioni, conferenze, giornate di studio e raccolte solidali.
Díaz-Canel: la continuità rivoluzionaria
L’attuale Presidente della Repubblica, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, ha ribadito con forza la continuità della posizione storica della Rivoluzione cubana. In risposta all’aggressione israeliana a Gaza nell’ottobre 2023, ha affermato: “condanniamo il genocidio sionista. Il popolo palestinese non è solo. Cuba sarà sempre al suo fianco”. Alla Cumbre del G77+Cina svoltasi a Kampala nel gennaio 2025, sempre Diaz-Canel ha dichiarato: “Il sionismo non rappresenta l’ebraismo né la pace. Esso incarna il colonialismo, il razzismo e la barbarie. La Palestina resiste, e alla fine vincerà.”

Una questione strategica dell’anti-imperialismo
Per Cuba, la questione palestinese è una delle più alte espressioni del conflitto tra oppressi e oppressori nel mondo contemporaneo. Essa interroga la coerenza di ogni forza politica che si proclami progressista, socialista o rivoluzionaria. Come affermò Raul Castro: “Non ci sarà pace possibile finché si manterrà l’occupazione. E non ci sarà giustizia senza uno Stato palestinese indipendente e sovrano.” Nel solco del marxismo internazionalista, l’appoggio di Cuba alla Palestina non è né opportunista né tattico: è il riflesso organico di una visione del mondo fondata sulla giustizia sociale, sull’autodeterminazione dei popoli e sulla rottura dell’egemonia imperiale.