//

Cile: fallita la revisione delle Costituzione, comunisti al lavoro per i diritti dei cittadini

Dopo la presidenza di Sebastián Piñera, uomo della destra liberista, i cileni hanno immaginato un futuro diverso con più diritti e più rispetto per i lavoratori e i cittadini, vittime della Costituzione lasciata dalla dittatura di Pinochet e da un trentennio in cui i partiti di centro – sinistra non hanno avuto il coraggio di porre rimedio a un testo incoerente con il percorso democratico, intraprendendo solo singole iniziative legislative volte ad allargare i diritti e restringere le più evidenti arbitrarietà ereditate dal fascismo. Così nel 2022 è arrivato alla presidenza Gabriel Boric con il sostegno fondamentale del Partito Comunista di Cile.

Si sono proposte leggi per migliorare lo stato sociale, ma anche una nuova Costituzione. Qui iniziano le complicazioni, perché l’assemblea costituente appositamente eletta nel 2021 non ha realizzato un testo coerente con le aspettative popolari, ovvero il riconoscimento dell’universalità dei diritti rispetto ai temi di casa, scuola, salute, lavoro, pensioni e assistenza ai bisognosi, ma si è impelagata nel riconoscimento dei diritti LGBTQ+ e in molti altri temi sensibili per una nazione dal forte sentimento religioso, tutte proposte di dubbia costituzionalità e soprattutto prive di un reale consenso di massa.

Le destre hanno avuto buon gioco a mobilitare la popolazione nel rifiuto nel settembre 2022 di quel testo e anche ad egemonizzare la nuova assemblea costituente eletta nel 2023, con la vittoria non dalle tradizionali forze della destra legata alla dittatura, ovvero Rinnovamento Nazionale e Unione Democratica Indipendente, ma addirittura del Partito Repubblicano, una estrema destra iperliberista e connessa con i movimenti evangelici protestanti che in tante parti dell’America Latina hanno scalzato la chiesa cattolica, in molte occasioni incapace di rispondere ai bisogni concreti e quotidiani, così come a quelli spirituali, delle donne e degli uomini del continente. Il Partito Repubblicano, guidato da José Antonio Kast, immobiliarista ai tempi di Pinochet, avvocato milionario, spregiudicato ed estremista, che non nasconde le sue aspirazioni presidenziali per il 2025, ha immaginato di poter modellare la nuova Costituzione sulla base dei suoi convincimenti, introducendo una massiccia dose di privatizzazioni e di liberismo, al punto che avrebbe voluto privatizzare ogni spazio pubblico, eliminare il diritto alla casa e il sistema sanitario nazionale, invece con tanta fatica esteso nel corso degli anni alle fasce deboli, ovviamente enfatizzando nel discorso pubblico non queste devastanti scelte sociali, ma il contrasto all’aborto e l’impegno pro vita.

Il fatto certamente più incredibile di tutto questo percorso costituzionale è che tanto la sinistra, quanto la destra non hanno immaginato la Costituzione come una legge fondamentale con valori universalmente condivisi, ma hanno preteso di farne un’arma identitaria della loro parte politica.

Così nel dicembre 2023 i cittadini cileni hanno respinto anche la Costituzione approntata dalla destra.

Dopo due bocciature, ora nessuno intende avventurarsi in un nuovo progetto costituzionale, il Partito Comunista del Cile nel rammarico per la permanenza della Costituzione voluta nel 1980 dal dittatore Pinochet, si rallegra della recente bocciatura, sottolineando, neppure troppo scherzosamente, che le destre volevano utilizzare la Costituzione per privatizzare tutto, ad esclusione dell’aria.

Il governo del presidente Boric e i comunisti hanno capito che devono impegnarsi per miglioramenti concreti e possibili, come la riduzione dell’orario di lavoro a 40 ore e l’aumento del salario minimo che ora ha raggiunto il livello più alto degli ultimi venti anni, così come procedere con la gratuità del sistema sanitario statale per le fasce sociali più deboli.

La sinistra ha due anni per consolidare queste conquiste e se possibile allargarle, prima delle presidenziali del dicembre 2025, anche cercando di arginare una criminalità in preoccupante espansione e realizzando politiche attive per l’occupazione.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.