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Il Cile è in fiamme ma i media occidentali fanno finta di non saperlo

Se cerchiamo “Cile” su internet, quello che troviamo sono una sfilza di articoli che parlano di “proteste violente”, “vandalismo”, del fatto che i manifestanti “danno fuoco a centri commerciali”, parlano di morti ma non dicono da chi verso chi, lasciandone fumosa la causa. Leggendo questi articoli, anche solo i titoli, è chiaro il pensiero che scaturisce nel lettore: questi manifestanti hanno torto. Ma è veramente così?

Come al solito, quando c’è una rivolta viene riportata dai grandi media dell’occidente con geometria variabile: se essa è filo-atlantica, viene ficcata quasi a forza e in ogni modo in qualsivoglia possibile comunicazione dei media. Come è stato per mesi e mesi il caso del Venezuela bolivariano dopo la dichiarazione di Juan Guaidò autoproclamatosi “presidente ad interim”, notizia riportata e discussa in tutti gli organi istituzionali atlantici.

Invece, d’altra parte, quando le proteste sono contro un governo neoliberista e svenduto all’occidente come quello del Cile, pochi telegiornali ne parlano. E se ne parlano, è per dire che i manifestanti stanno compiendo atti di violenza (!) e quindi ne giustificano gli arresti (1). Nessuno parla invece della violenza della polizia e dell’esercito, che continuano ad uccidere civili (2) (3), oltre agli innumerevoli arresti, sotto l’omertà dell’occidente, che appoggia la carneficina. Stessa triste sorte tocca all’Ecuador, dove attualmente vi è un’escalation di proteste popolari, ignorate dai maggiori canali di informazioni.

Queste notizie non vengono messe in luce dai media occidentali, che ovviamente sono di parte e legittimano e delegittimano a dipendenza del governo: se filo-atlantico, manifestanti violenti e cattivi, se anti-imperialista o non affiliato ai “protettori” neoliberisti, allora i manifestanti sono democratici, buoni, liberatori, talvolta addirittura ecologisti, femministi, e chi più ne ha più ne metta, ricalcando ciò che può farli sembrare meglio o peggio a dipendenza della situazione.

Cosa sta accadendo veramente in Cile? Questo paese, il più “occidentale” di tutta l’America latina, con un PIL secondo solo al Messico, ha però uno dei tassi disuguaglianza sociale più alti al mondo. Tutto ciò che conta è privatizzato; la sanità lo è tal punto che negli ospedali pubblici lavorano praticamente solo studenti di medicina con evidenti limiti per mancanza di esperienza, e l’educazione pubblica non è di nessuna utilità dato che molte persone fanno fatica a risolvere una semplice sottrazione matematica (4). Inutile dire che ospedali e scuole private abbondano e i costi sono completamente proibitivi per i ceti popolari.

Anche il cibo cileno, esportato in tutto il mondo e accessibile tranquillamente nei supermercati europei, è diventato proibitivo per gran parte della popolazione locale, che è costretta a nutrirsi con gli alimenti più a buon mercato che può trovare (riso e uova) e poco altro (5).

La scintilla è scoppiata con l’ennesima misura liberale: l’alzamento dei costi della metropolitana. Partita dagli studenti mobilitatisi contro una misura di austerità a sfavore della popolazione (6), alla protesta si sono poi aggiunte sempre più persone fino ad arrivare alla situazione di forte tensione attuale.

Ecco i motivi per cui la popolazione protesta in Cile (così come in Ecuador): un paese martoriato dalle privatizzazioni, dall’ineguaglianza, dalla sofferenza delle classi sociali modeste, dalla insicurezza del diritto umano più importante: il diritto alla vita.

Il governo ha recentemente proclamato un coprifuoco per placare la rivolta (7), facendo risprofondare il paese nei bui tempi della dittatura di Pinochet. Ma non c’è nessuna sorpresa, poiché questa “democrazia” è una diretta evoluzione di quell’esperienza autoritaria, che nel 1973 con fuoco e bombe americane mese fine all’esperienza del primo presidente marxista democraticamente eletto nella storia del Paese, Salvador Allende.

I morti, i feriti, i ceti popolari inascoltati, la dittatura dell’esercito che rinasce prontamente, la diseguaglianza e la sofferenza, sono il sintomo che Pinochet da quel Paese non se n’è mai veramente andato. Ma gli studenti e la popolazione in rivolta, sono un sintomo che neanche Allende e il suo spirito hanno mai veramente abbandonato il Cile.

Samuel Iembo

Samuel Iembo è stato dal 2015 al 2020 coordinatore della Gioventù Comunista Svizzera. Dopo la maturità presso la Scuola Cantonale di Commercio di Bellinzona, ha iniziato un percorso accademico.