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Ticino moralista: studenti alla gogna perché proiettano “A serbian film” a scuola.

Un ex-studente della Scuola Cantonale di Commercio (SCC) dalla evidente simpatie di destra invia un comunicato stampa in cui denuncia la proiezione del lungometraggio “A serbian film” del regista Srdjan Spasojevic nell’ambito delle due giornate culturali autogestite dell’istituto, ossia nel contesto dell’autogestione studentesca di poche settimane fa. Il film racconta il disagio e la precarietà di un ex-attore porno che accetta un lavoro per poter mantenere moglie e figlio. Firma il contratto per un film del quale non gli viene rivelato nulla, scoprendo, quando sarà troppo tardi, di essere stato coinvolto nella produzione di snuff movies a tema pedofilia, necrofilia e torture varie.

“Un film atroce da depravati”

A scandalizzare l’ex-studente (con simpatie verso la destra nazionalista), tale Muhamet Gubetini (che però all’evento nemmeno vi ha partecipato) sono delle attività di “assoluta immoralità” che susciterebbero addirittura “profondo turbamento in alcuni ragazzi”, come appunto nel caso del film in questione. Secondo Gubetini in tale film non vi è alcun “accenno o allegoria (velata o meno) a quella che è la classe politica serba” che il regista asserisce di criticare. Si tratterebbe insomma non solo di “violenza allucinante” ma anche un “inutile prodotto specchio di un depravato delirio voyeuristico del regista”. Al di là di questi insulti al regista, di cui Gubetini si prende naturalmente le proprie responsabilità, la preoccupazione è che “i nostri giovani si vedono caoticamente proiettare una serie di atrocità senza fine” e – fatto a suo dire gravissimo – “è che tale assurdità avvenga nelle nostre scuole”. Francia, Portogallo, Norvegia e Spagna per restare in Europa hanno censurato il film, la Svizzera lo ha invece autorizzato nelle sale cinematografiche solo a un pubblico adulto. Secondo Gubetini insomma si tratta di un prodotto “diseducativo”, “fuori contesto”, ecc. A scendere in campo su Facebook a difesa del giovane scandalizzato il deputato dell’UDC Orlando Del Don che chiede l’intervento del DECS.

“Un film di critica sociale”

In realtà quanto sia “diseducativo” lo dovrebbe dire un pedagogista e anche qui le scuole di pensiero sarebbero un’infinità. E l’accusa di “fuori contesto” viene pure rimandata al mittente, poiché in realtà si è svolta un’introduzione sia socio-politica sia filmico-tecnica e un’ampia discussione finale con gli studenti. A confermarlo è Samuel Iembo, di recente eletto coordinatore della Gioventù Comunista e promotore della visione di questo film nell’ambito dell’autogestione: “Se (Gubetini, ndr) fosse stato presente alla proiezione non avrebbe potuto avanzare queste affermazioni, dato che è stata condotta un’introduzione e contestualizzazione al film, che l’identificava come un film sugli effetti negativi dell’occidentalizzazione della Serbia. Va inoltre precisato che nell’introduzione all’attività è stato esplicitamente chiesto a minorenni e sensibili alla violenza di andarsene prima dell’inizio”. L’intento era di affrontare una discussione seria, che si è effettivamente sviluppata, sul disagio che traspare dalla trama del film. Iembo appare invece deluso dal clima moralista che si respira: “di questo passo dovremmo proibire ad esempio i film di Pasolini (uno tra tutti “Salò o le 120 giornate di Sodoma”) perché contiene una violenza logorante o addirittura il Decameron di Boccaccio perché delle suore fanno sesso. Con questi vuoti moralismi non si fanno che creare tabù e censurare delle rappresentazioni che invece sono delle profonde critiche e che hanno sicuramente intendo di sensibilizzare più che istigare alla violenza”. A concordare con Iembo vi è il segretario del Partito Comunista (PC) Massimiliano Ay, il quale asserisce che la pellicola “stando agli amatori del genere (e io sinceramente non rientro fra questi), può essere interpretata come critica alla società serba che – nel contesto di disgregazione non solo statuale ma anche sociale, psicologico e culturale post-jugoslavo – recepisce i disvalori occidentali in maniera devastante, favorendo un forte disagio umano”. La scuola secondo i comunisti “non deve essere un mondo ovattato, soprattutto se si tratta di una Scuola Media Superiore, quella che dovrebbe insegnare il distacco critico a ragazzi”. Conclude il segretario del PC: “E che pensiero critico vogliamo trasmettere se censuriamo tutto?”. E per dimostrare che i comunisti non sono moralisti e difendono la libertà artistica è stata concesso la sede del partito ai ragazzi che volessero vedere “A serbian film”.

“Un film noioso con violenze solo accennate”

Giorgio Bomio è un esperto di film horror e secondo lui “la violenza vera e propria la si trova solo nelle scene finali. Un po’ come in “Kill list”, altro film da pugno nello stomaco (e proiettato al Festival del film di Locarno). In entrambe le pellicole (molto simili nella concezione strutturale della storia, sebbene affrontino due temi completamente diversi), la tensione viene costruita a poco a poco, dapprima introducendo i personaggi, immergendoli nelle rispettive vicende, per poi far esplodere il tutto nel finale”. Bomio, che è pure consigliere comunale a Tenero, difende la decisione di proiettarlo in una scuola superiore poiché ritiene che “il cinema non debba nascondere la violenza che si può trovare nella società. Capisco chi vuole dai film intrattenimento e svago, ma il pericolo è quello di nascondersi dietro un dito. La società odierna è violenta; i film non possono non mostrarla”. Abbiamo voluto chiedere anche a Ugo Brusaporco, noto critico cinematografico, come giudicasse la pellicola finita alla gogna in questi giorni. Il suo giudizio è severo: “ho purtroppo visto questo film che mostra i suoi limiti economici e di linguaggio di povertà imbarazzante. Non avere soldi abbastanza non è un peccato, ma occorre una dignità di realizzazione che è prova di una maturità che il regista mostra chiaramente di non avere. Sappiamo che è un’opera prima, ma non è una giustificazione. Girare un film non è una masturbazione privata. Quello che opprime nel film è l’imbarazzo di attori incapaci di esserlo e che sono abbandonati dall’ignavia del regista. Per il resto la noia del racconto non viene dispersa da qualche aggiunta di violenze abominevoli solo accennate”. Insomma, secondo Brusaporco la “violenza allucinante” di cui parlava l’ex-studente sarebbe in realtà solo accennata, tanto da nemmeno dare quel tocco di brio in più a un film altrimenti ritenuto “noioso”. Più politica il commento di un altro critico cinematografico e storico del cinema, Davide Rossi, direttore dell’Istituto di Storia e Filosofia del Pensiero Contemporaneo (ISPEC): “la pellicola con le sue asperità e durezze è una iperbolica trasposizione della vitalità sessuale balcanica e del suo trasformarsi in fredda violenza, i parallelismi sono evidenti col passaggio dalla libertà socialista alla devastazione capitalista imposte dall’Occidente. È un film che non aggiunge nulla a quanto si vede in mille altre situazioni, televisive o su internet” e conclude: “trovo assolutamente strumentale l’aggressione a Samuel Iembo che lo ha proposto e trovo assurdo che quando è stato proposto da Castellinaria non vi sia stata uguale polemica”.

“La destra vuole attaccare l’autogestione!”

Preoccupati della situazione sono Luca Robertini e Francesco Vitali, coordinatori del Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) che leggono nella mossa di Gubetini il tentativo di screditare le Giornate autogestite, costringendo le direzioni scolastiche a interferire maggiormente nella scelte delle attività, diminuendo così il grado di autogestione appunto dei giovani. “Come mai lo studente non si è rivolto al comitato studentesco di organizzazione delle giornate? O perché non si è rivolto alla direzione per esprimere il suo disappunto?”, si chiedono i sindacalisti studenteschi del SISA. “Evidemente la protesta doveva essere lanciata sui media per raggiungere il suo scopo, così che la parte conservatrice della popolazione potesse mettere sotto pressione le autorità scolastiche e alla gogna le giornate autogestite. Da sempre queste persone, rimaste a livello di mentalità e di apertura a prima degli anni ’70, si oppongono alla partecipazione attiva degli studenti all’interno della vita scolastica, cercando quindi di ostacolare con ogni mezzo momenti come le giornate autogestite, che costituiscono appunto sono un’importante conquista degli studenti nell’ambito della partecipazione alla vita d’istituto e della responsabilizzazione giovanile”. La preoccupazione del SISA è condivisa anche dalla politica tanto è vero che nel comunicato di Massimiliano Ay si precisa quanto segue: “l’autogestione studentesca è un evento che esiste da quasi 20 anni negli altri licei ticinesi ed è organizzata con impegno dagli allievi (e lo dico per avervi preso parte in prima persona, non come altri politici che manco sanno che esistono!). Tali giornate rappresentano momenti educativi che favoriscono responsabilizzazione e senso di comunità. Quest’anno alla SCC vi sono state oltre 150 attività diverse, fra cui corsi di storia del movimento sindacale, conferenze sull’America latina, attività musicali, dibattiti sulle droghe, ecc. Ma come accade per il Festival di Locarno, il problema anche qui è stato proprio un lungometraggio considerato violento e – non sia mai! – sessualmente esplicito”.

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