Dal 2011, il Cile vive al ritmo delle mobilitazioni. I recenti movimenti sociali di questo paese, che ha vissuto durante gli ultimi decenni la “shock economy” e gli esperimenti neoliberali, hanno messo in evidenza la crisi del sistema politico e del suo modello economico. Se da una parte sono le nuove generazioni che hanno rimesso all’ordine del giorno le rivendicazioni popolari, alla loro maniera e con i propri costumi, dall’altra sono proprio questi movimenti che hanno saputo ritrovare i legami con la grande storia dei movimenti popolari cileni. Il periodo della commemorazione della resistenza e dei personaggi che hanno animato l’ideale socialista e la cultura cilena è stata l’occasione per differenziare le interpretazioni di classe sulla brutale interruzione dell’Unità popolare, le violazioni dei diritti umani, il modello ereditato dalla dittatura e la continuità delle riforme neoliberali portati avanti dai governi della transazione democratica.
Gli anni dell’atonia sociale et dell’amnesia politica hanno spossato la legittimità del sistema principalemente al riguardo dei giovani. La crescita economica ha favorito i settori dell’estrazione e dell’esportazione senza lasciare posto allo sviluppo regionale del paese, favorendo unicamente i pochi. Gli instrumenti che avevano il fine di correggere queste disegualianze sociali si sono fermati alle panne tecniche. Da una parte, le organizzazioni sindacali sono state colpite dal rifiuto sociale, infatti il tasso di sindacalizzazione tocca solamente l’11% nel 2013[1]. La loro capacità di mobilitazione e gli instrumenti giuridici di negoziazione collettiva sono fallimentari, la ridistribuzione delle ricchezze e l’azione sindacale sono rimasti dei temi tabù per diversi anni. Dall’altra parte, la parificazione delle opportunità promossa dai poteri pubblici attraverso l’educazione é rimasta sempre sulla carta di fronte al modello educativo derivato dalla Costituzione, votata nel 1980 durante la dittatura. Invece la libertà d’insegnamento, intesa come il diritto dei privati ad aprire e organizzare dei centri scolastici è stata consacrata in quella stessa costituzione. Nei fatti concreti questa disposizione intralcia il diritto ad un’educazione gratuita e di qualità.
L’accumulazione di rivendicazioni sociali, ignorate dai governi successivi di centro-sinistra ed in seguito di destra, hanno provocato un abisso nell’educazione e i diversi attori sociali ne sono stati inghiottiti, sia i professori, che i rettori universitari, le famiglie e, ovviamente anche gli studenti. Quella che è iniziata come una semplice domanda d’accessibilità alle università, di un aumento del budget per l’educazione e di una democratizzazione del sistema dell’educazione superiore si è transformata in seguito in un movimento di massa, che si esperime nelle strade, attraverso l’occupazione degli stabilimenti e un forte sostegno della popolazione rilevato nei sondaggi d’opinione.
Tutti i mezzi sono poi stati utilizzati dal potere per zittire queste impressionati mobilitazioni, repressione, infiltrazione di provocatori nelle manifrestazioni, abusi sessuali su delle studenti, arresti abusivi, una montatura giudiziale contro un leader studentesco. A livello politico, le vacanze invernali del 2011 sono state anticipate, con lo scopo, mal celato, di bloccare il movimento popolare. Le autorità hanno persino tentato di ridurre i percorsi dei cortei per ridurre di conseguenza anche l’impatto delle mobilitazioni. Questi ostacoli sono stati coraggiosamente raggirati dagli studenti e la mobilitazione ha continuato fino alla fine dell’anno e rispreso in seguito con l’inizio del 2012.
Velocemente, dalle prime settimane di mobilitazioni, il potere ha anche tentato di silenziare le rivendicazioni proponendo un piano minimalista di riforme. Questa proposizione governativa, che allo stesso tempo rifiutava di de-municipalizzare l’educazione secondaria, fu fortemente respinta dagli studenti. Tredici giorni dopo arrivò l’annuncio del presidente della Repubblica sulla realizzazione di un importante cambiamento nel suo governo: spostò il suo ministro dell’educazione verso un’altro ministero rimpiazzandolo con la portavoce del governo.
La persistenza delle lotte studentesche ha portato in seguito alla dimissione di tre ministri dell’educazione, di cui l’ultimo dimesso dalla sua funzione in seguito ad un’accusazione costituzionale del parlamento il 4 aprile 2013. Per una breve maggioranza i parlamentari hanno destituito il ministro per la sua mancanza d’iniziativa nelle procedure penali elle persone che realizzano dei profitti nelle università. Il Senato ha in seguito confermato questa destituzione.
Infatti, legalmente in Cile il profitto non è autorizzato nelle università, nemmeno in quelle private. E nonostante ciò secondo un rapporto parlamentare, i proprietari di certi instituti infrangevano la legge realizzando dei profitti attraerso la remunerazione degli studenti, l’esternalizzazione dei servizi e il pagamento di affitti degli edifici. Durante una ventina d’anni, lo Stato si è reso complice di questi fatti omettendo la sua resposabilità legale di supervisore.
In seguito, le manifestazioni hanno preso diverse forme con lo scopo di rispondere effiacemente alla criminalizzazione delle lotte sociali. Un esempio è il flash mob organizzato davanti al palazzo presidenziale dove i ragazzi interpretando degli zombie riproducevano la coreografia interpretata da Michael Jackson nel video-clip Thriller facendo riferimento allo stato mortuorio nel quale si trova l’educazione cilena. Gli studenti hanno anche organizzato le “1800 ore per l’educazione”, una staffetta nel centro di Santiago per sensibilizzare i passanti al riguardo dei 1800 milioni di dollari necesari in un anno per garantire la gratuità degli studi per i 300’000 studenti delle università tradizionali. Una ricerca, realizzata da degli universitari, ha raccolto su una pagina web le tasse degli studenti. Dopo solo 3 mesi dal lancio di questo sito internet, 5700 studenti avevano partecipato al progetto e la somma delle loro tasse ammontavano in media a 11 milioni di pesos, un cifra equivalente al prezzo di vendita di una casa.
Inoltre, la connessione tra le lotte dei diversi settori, dei lavoratori precari ai popoli autoctoni passando per gli studenti, insieme ad un aumento supplementare della politicizzazione e della visione della trasformazione del paese ha rinforzato il potere di mobilitazione sociale. Durante le elezioni municipale della fine del 2012, malgrado il tasso elevato di astenzione al voto, l’opposizione ha ottenuto delle vittorie importanti cosìccome il movimento studetesco. Cristian Labbé, sindaco di un comune di Santiago tra il 1996 e il 2012, si è distinto annunciando la chiusura delle scuole secondarie occupate nel 2011 e l’esclusione degli allievi bocciati provenienti dagli altri comuni circostanti. Questa decisione fu disapprovata dalla popolazione e annullata dalla Corte d’appello di Santiago. Questo sindaco, militare di professione e ex-agente della DINA (polizia segreta esitente fra il 1973 e il 1977) fu battuto alle elezioni da una candidata indipendente e sostenuta dall’opposizione.
Nonostante il forte scetticismo dei giovani verso la politica, che si manifesta nell’alta astensione al voto, il movimento degli studenti, insieme ai lavoratori, ha imposto il suo segno nella campagna presidenziale del 2013. Il tema dell’educazione è al centro del dibattito seguito subito dopo dal lavoro, la sanità e il sistema delle pensioni, tutti dominati oggigiorno dalle logiche del profitto. Inoltre, la destra è in decomposizione continua. Il primo candidato annunciato ad inzio anno, Laurence Golborne, ha dovuto ritirarsi dalla corsa alla presidenza in seguito alla scoperta d’un’evasione di patrimonio in un paradiso fiscale. In seguito, Andrés Allamand del centro-destra e Pablo Longueira della destra conservatrice si sono presentati alle primarie organizzate legalmente. Andrés Allamand, membro del partito dell’attuale presidente e preferito secondo i sondaggi perse a scapito di Pablo Longueira, “cocco” del generale Augusto Pinochet secondo quanto dichiarito dalla figlia di quest’ultimo: un risultato che sorprese molti. I risultati esprimevano chiaramente la polarizzazione della società cilena. In seguito, due settimane dopo il risultato delle primarie, Pablo Longueira rinunciò alla sua candidatura per una diagnosi medicale di depressione.
La candidata definitiva dell’Alleanza di destra, Evelyn Matthei, è la figlia di un generale che fu membro della giunta militare di Pinochet. Sarà quindi l’avversaria della candidata di centro-sinistra Michelle Bachelet, figli di un generale dell’armata aerea, accusato di tradimento in seguito al colpo di Stato del 11 settembre 1973, torturato e morto in prigionia nel 1974. Questa storia, degna di un romanzo, ricompone chiaramente il passato, il presente e l’avvenire del Cile. In piena commemorazione dei querant’anni dal colpo di Stato, l’attuale presidente della Repubblica, Sebastián Piñera, ha dato un ulteriore colpo alla candidata della sua fazione dichiarando: “Evelyn Matthei ha commesso un errore votando Sì” al mantenimento del generale Pinochet durante il referendum del 1988 che ha esso fine ai 17 anni di dittatura aprendo le porte alla transizione democratica.
La vittoria dell’ex-presidente Michelle Bachelet è più che probabile. La sua coalizione Nuova Maggioranza è stata raggiunta anche dal Partito Comunista Cileno, escluso dalla vita istituzinale nei periodi in seguito alla caduta della dittatura e attore chiave nella lotta anti-dittatoriale e nelle recenti mobilitazioni sociali. Questa candidatura presidenziale dispone di una grande adesione, espressa negli ultimi sondaggi d’opinione. La logica del profitto ha toccato i suoi limiti ed il popolo cileno non può più sopportare le sofferenze sociali e la chiusura costituzionale che non permette dei cambiamenti importanti. Il programma della Nuova Maggioranza suscita grandi speranze nella popolazione, anche se al suo interno si oscilla fra posizioni di brevi riforme ed altre che esigono dei cambiamenti strutturali. Dal Partito Comunista al Partito Democristiano, ogni punto dovrà essere negoziato nei suoi minimi dettagli. Una situazione che è presagio di nuove manifestazioni del movimento popolare per consolidare certe rivendicazioni ed accumulare delle forze per affrontare le derive socio-liberali, con le forze reazionarie che sono lontane da sparire dal panorama attuale cileno.
Il movimento popolare dispone di un’arma superiore alle forze di repressione e alle minaccie fasciste dell’élite pinochetista. La figura di Salvador Allende è presente nelle recenti mobilitazioni. Nel suo ultimo discorso inidirizzato al popolo cileno prima di morire nel Palazzo presidenziale assalito dai suoi avversari, avvertì i suoi aversari: “Hanno la forza, potranno schiavizzarci ma niente conterrà i progressi sociali con il crimine o con la forza. La storia è nostra, è il popolo che l’ha costruita.” Ed avverte il suo popolo: “Il popolo deve difendersi e non sacrificarsi. Il popolo non deve lasciarsi riempire di pallottole, ma non deve nemmeno lasciarsi umiliare.” Termina poi il suo discorso con una visione dell’avvenire che animerà il cuore di molti cileni durante i duri anni della dittatura: “Lavoratori della mia patria! Ho fiducia nel Cile e nel suo destino. Altri uomini passeranno i tempi oscuri ed amari durante i quali il tradimento cercherà d’imporsi. Andate avanti coscienti che presto si apriranno delle grandi strade sulle quali passeranno degli uomini liberi per costruire una società migliore” Infine, ci siamo!
[1] http://radio.uchile.cl/2013/06/03/trabajadores-y-expertos-apuntan-a-la-sindicalizacion-para-disminuir-niveles-de-desigualdad