Una “fragile” cooperazione svizzera allo sviluppo. Riuniti a Lugano quasi duemila addetti ai lavori.

Si è svolta venerdì 27 settembre 2013 presso il Palazzo dei Congressi di Lugano la Conferenza annuale della Direzione dello Sviluppo e della Cooperazione (DSC) del Dipartimento Federale degli Affari Esteri. Il tema dell’edizione di quest’anno riguardava i contesti “fragili” e le prospettive che dispongono i giovani in questi paesi. All’evento hanno preso parte circa 1’700 persone, attive in vari ambiti dell’aiuto umanitario allo sviluppo e della cooperazione internazionale. Dalle grosse organizzazioni come Caritas a piccolissime iniziative private come l’Associazione “Amigos suizos de Aldo Lo Curto” di Biasca diretta da Valerio De Giovanetti, impegnata nel settore sanitario nelle regioni amazzoniche. Da enti pubblici federali (di stampo neo-liberale) come il Segretariato di Stato all’Economia (SECO) a realtà locali come la Federazione delle ONG della Svizzera Italiana (FOSIT) presieduta da Pietro Veglio.

Tante le personalità

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R. Ratti, P. Bernasconi e L. Sommaruga

In sala accanto ad esponenti della politica giovanile come Egon Canevascini della Segreteria del Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) e Fabio Käppeli, vicepresidente dei Giovani Liberali-Radicali (GLRT), vi erano le autorità politiche di Lugano: dal sindaco leghista Marco Borradori al consigliere comunale comunista Edoardo Cappelletti, passando per i Consiglieri di Stato Paolo Beltraminelli e Laura Sadis, nonché l’oncologo ed ex-deputato socialista promotore dell’Associazione per l’Aiuto Medico al Centro America (AMCA) Franco Cavalli. A margine dell’evento si è vista anche Lavinia Sommaruga, dirigente di AllianceSud (l’organizzazione mantello che riunisce Sacrificio Quaresimale, Caritas, e altre associazioni del settore umanitario) e Remigio Ratti, che oltre ad essere stato in passato direttore generale della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana (RSI) e presidente della “Catena della solidarietà”, quando era deputato per il PPD fungeva da delegato svizzero presso l’Associazione Europea di Libero Scambio (EFTA). I due si sono intrattenuti con l’avv. Paolo Bernasconi, famoso per le sue battaglie moraliste nei riguardi del domenicale leghista “Il Mattino della domenica” e tornato alla ribalta di recente nel tentativo di fermare l’accordo di libero scambio fra Svizzera e Cina: evidentemente per lui la Svizzera dovrebbe intrattenere relazioni economiche, per lo più di sudditanza, solo con regioni in crisi come UE e USA. All’entrata, a distribuire volantini contro la Cina (per far piacere all’avv. Bernasconi?), vi era la consigliere comunale dei Verdi locarnesi Francesca Machado, esponente della lobby tibetana in Ticino.

I giovani obbligati ad essere protagonisti

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S. Romeo

Quest’anno si è voluto rendere protagonisti i giovani attraverso una piattaforma chiamata “giovismondo” creata con la collaborazione dell’azienda “Consultati SA” fondata da Marcello Martinoni (di cui è collaboratore esterno anche il segretario dei Verdi del Ticino Fabio Guarneri), che ha coinvolto centinaia di liceali fin dal mattino, i quali hanno posto domande agli esperti della SECO e di altre realtà, e si sono concentrati sulla “Carta dei giovani” dell’ONU. Un’esperienza, sembra, non proprio entusiasmante, stando perlomeno ai social-network che dovevano fungere da “motore” della giornata. Su Twitter, infatti, l’hashtag #giovismondo è stato utilizzato poco rispetto alla grande massa di giovani presenti. In alcuni casi addirittura con post fuori luogo, quasi i ragazzi si annoiassero (uno di loro invitava il consigliere federale Johann Schneider-Amman a farla breve perché “a vöri la me bireta”). Alcuni post lasciano invece presumere non proprio un dibattito avvincente: “Un pelato con la giacca gialla è insoddisfatto della risposta del rappresentante #SECO, ma non ha potuto ribattere…” scrive un’utente. Risponde un altro: “non è prendendoci per il c**o… che ci date la possibilità di prendere in mano il futuro con cognizione di causa”. Se poi ci fidiamo dei numeri non andiamo bene: su Facebook la pagina “Giovismondo” aveva solo 59 “mi piace”, il forum di discussione presente sul sito denota una situazione desolante: benché i topic risultino letti anche da duecento utenti, nessuno (!) partecipa alle discussioni. Non potrebbe essere altrimenti con queste iniziative calate dall’alto, in cui è palese la volontà di omologare i giovani a quello che le istituzioni pretendono e in cui emergono solo dei ragazzi, sempre piuttosto conformisti, selezionati per dire banalità magari preparate per loro da altri.

Marco Solari attacca Cuba

L’immancabile e onnipresente Marco Solari, presidente del Festival del Film di Locarno, è comparso anche sul palco luganese per spiegare il rapporto che esiste fra il Pardo e la DSC nel promuovere cineasti dei paesi in via di sviluppo. Solari ha suscitato la perplessità di alcuni giovani liceali ticinesi che su Twitter hanno contestato il fatto che si esprimesse in francese piuttosto che in italiano. Solari, che non ha mancato di fare le solite frecciatine agli altri Festival cinematografici perlomeno fuori luogo in quel contesto, si è lasciato scappare il suo noto livore anti-comunista: “ricordo gli artisti cubani al Festival di Locarno che poteva assaporare la libertà”, dimenticando che i film cubani, anche se critici, sono molto spesso prodotti proprio con i sussidi del governo dell’Avana, che si dimostra ben più democratico di quanto Marco Solari voglia far credere.

I fast food americani come forma di cooperazione?

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M. Ay con A. Lucchini

Il pomeriggio è quindi entrato nel vivo affrontanto un contesto “fragile” un po’ sulla bocca di tutti negli ultimi tempi, l’Egitto. A parlare della situazione egiziana è stata invitata la “E4E – Initiative for Arab Youth” unitamente a esponenti dell’Autorità federale svizzera che hanno dichiarato come la SECO in Egitto non solo “sostiene l’economia privata” e la “flessibilità del lavoro”, ma addirittura vede come una priorità “la formazione professionale nei fast-food americani”. L’economista ticinese Alessandro Lucchini, delegato dell’associazione ticinese “Nuova Cooperazione” presente in sala, si è dichiarato palesemente insoddisfatto: “già si potrebbe aprire una lunga discussione sull’utilità di sostenere direttamente o indirettamente aziende private straniere che operano in regioni ‘fragili’ o in via di sviluppo, perpetrando una forma di neo-colonialismo economico da parte del capitale elvetico, ma addirittura ritenere McDonald’s quasi un luogo d’eccellenza per la formazione professionale farebbe ridere se non fossimo qui a parlare di esseri umani e di soldi pubblici!”.

L’ex-bambino soldato che vuole la guerra in Siria

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John K. Kelei

L’ex-bambino soldato John Kon Kelei, arruolato a suo tempo nell’Esercito Popolare di Liberazione del Sudan (SPLA), è stato forse l’ospite più atteso. Oggi Kelei, dopo aver studiato in Olanda, è un avvocato specializzato in diritto europeo. La sua esperienza è comune a 300mila ragazzi di età inferiore ai 18 coinvolti attivamente in conflitti armati: ancora nel 2012 l’ONU ha calcolato 252 bambini reclutati in Sud Sudan, di cui 106 soldati minorenni attivi nella SPLA. La testimonianza umana sicuramente forte, non ha però risposto ai quesiti di fondo che ci si poteva attendere per un pubblico di addetti ai lavori: alla domanda forse più concreta che si poteva porre all’ospite, e cioè di che tipo di sostegno ha bisogno il Sud Sudan affinché tale situazione cessi, John Kon Kelei è stato piuttosto sbrigativo: “c’è un gran bisogno di scuole. Inoltre è di primordiale importanza creare opportunità di lavoro per i più giovani”. Belle idee ma – ci si permetta – anche piuttosto vaghe. Allo stesso modo dire che “senza armi e con la speranza si impediranno le guerre e i bambini soldato” ci pare perlomeno superficiale per un convegno di tali dimensioni. E’ peraltro naturale che, finché vigono determinati interessi economici e politici, in modo particolare una prassi neo-coloniale nelle relazioni internazionali e nello sviluppo dei paesi a capitalismo avanzato, non si potranno evitare nuove guerre. Ma questo discorso a Lugano non si è nemmeno abbozzato. L’ex-bambino soldato ha concluso il suo intervento toccando poi un contesto che probabilmente non conosce nemmeno: non solo ha invitato infatti a “reagire contro il regime siriano” (in pratica legittimando l’imperialismo e la fine della sovranità nazionale siriana) ma ha addirittura fatto intendere che il governo di Bashar Al-Assad faccia uso di bambini soldato. Un’accusa letteralmente campata in aria, che finora nemmeno la Casa Bianca si è mai sognata di affermare e che ha mandato su tutte le furie Simone Romeo, consigliere comunale di Locarno per il Partito Comunista e particolarmente attento sulle questioni mediorientali, che era presente in sala.

Un aiuto alla polizia del regime honduregno?

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Il presidente deposto dal golpe fascista

Un altro dei contesti “fragili” di cui si è parlato al Palazzo dei Congressi è stato l’Honduras. Se a  partire dai 1000 morti si può parlare di guerra civile, nella repubblicano sudamericana si contano fino a 8000 omicidi all’anno. Una realtà quindi di violenza estrema, anche perché la situazione economica del paese è fortemente instabile. La Confederazione elvetica per questo ha stabilito un programma per aiutare a formare i poliziotti honduregni, una decisione che non ha mancato di suscitare sgomento nei settori della solidarietà con l’America latina e lo è si visto già durante la tavola rotonda, quando sulla pagina Twitter allestita per l’occasione è comparso un “cinguettio” di Massimiliano Ay, segretario politico del Partito Comunista ticinese e membro della Direzione nazionale di ALBA-Suiza, l’associazione di solidarietà con l’America latina da poco costituitasi a Berna, che chiedeva: “perché non dire che l’occidente ha imposto un colpo di stato in Honduras pochi anni fa, che è alla base della violenza?”. Un Tweet che non ha ricevuto però nessuna risposta, ma è lo stesso Ay a precisare la situazione: “L’Honduras è stato indicato come un paese dall’alto tasso di criminalità, violenza e insicurezza. Si è parlato di tutto, ma si è “scordato” un piccolissimo e probabilmente insignificante particolare e cioè che vi è appena stato, nel 2009, un golpe fascista contro un governo liberale-progressista, quello di Manuel Zelaya, democraticamente eletto ma che non piaceva agli USA e alle multinazionali occidentali. Non si è neppure detto che è ancora in corso una repressione della sinistra e del movimento sindacale nel paese. Se già questo è vergognoso, che la Svizzera in Honduras collabori per formare nientemeno che dei …poliziotti lascia basiti: sarebbe questa la cooperazione allo sviluppo?!”

Quale cooperazione?

Nuovi orizzonti necessari...
Nuovi orizzonti necessari…

Decisamente la Svizzera ha un apparato di prim’ordine per poter contribuire seriamente all’emancipazione dei paesi del sud del mondo, ma tale apparato appare ancora troppo legato ai poteri forti che sull’aiuto allo sviluppo ci lucrano e che usano la cooperazione internazionale come uno strumento politico ed economico per tenere assoggettati i paesi poveri al capitale occidentale e alle multinazionali. A Lugano la destra economica svizzera, anche se non in primo piano, era ben rappresentata, mentre la sinistra ha dimostrato una volta di più di farsi “infinocchiare” con le belle parole e le testimonianze commeventi, denotando una forte incapacità strategica e subalternità verso un’edulcorata visione cosmopolita, ma certo non internazionalista delle relazioni internazionali. E forse, come spesso accade, sono solo i più giovani ad averlo capito: seguendo il solito Twitter un utente così definisce la giornata passata al Palazzo dei Congressi: “Per un giorno hippie e massoni apparentemente sulla stessa barca”. Dissacrante commento che, forse, meglio di ogni ipocrisia e correttezza politica, sintetizza quanto abbiamo appena scritto. Abbiamo deciso di lasciare all’economista Alessandro Lucchini dell’associazione “Nuova Cooperazione” la conclusione di questo articolo: “c’è bisogno nel nostro Paese, e non solo, una nuova prassi della cooperazione che si ponga nell’ottica di costruire un mondo multipolare in cui prevalga un’equa ridistribuzione delle risorse”.

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