Poco meno di un centinaio di persone ha partecipato sabato al sit-in convocato dal Partito Comunista ticinese a Bellinzona fra Piazza del Sole e la Piazzetta Rinaldo Simen per protestare contro le minacce di guerra avanzate dagli Stati Uniti e da alcuni loro alleati occidentali contro la Siria.
L’evento è stato molto pittoresco con tanto di striscioni enormi sulle mura del Castel Grande e dei fumogeni con i colori nazionali del paese aggredito, nonché bandiere palestinesi, ma anche cinesi (in sostegno al decisione di Pechino di usufruire del diritto di veto nel consiglio di sicurezza dell’ONU per scongiurare l’attacco militare) e venezuelane, a simboleggiare la vicinanza fra i tre governi socialisti: in pochi sanno, infatti, che la Siria è retta da una coalizione di governo composta dai socialisti del presidente Bashar al-Assad, dai comunisti di Ammar Bagdache e da altri partiti minori di sinistra.
Appoggio dall’estero
L’evento internazionalista di Bellinzona ha avuto una eco anche al di fuori dei confini svizzeri: non solo vi era un rappresentante del Comitato contro la Guerra di Milano, Luigi Tranquillino, esponente del Partito dei Comunisti Italiani (PdCI), ma la manifestazione dei comunisti ticinesi è stata riconosciuta pure dal Movimento Svizzero per la Pace, l’unica associazione pacifista elvetica ad essere sezione dello storico Consiglio Mondiale della Pace sorto subito dopo la Seconda guerra mondiale.
L’appello dei comunisti
La manifestazione è stata aperta dal coordinatore della Gioventù Comunista Aris Della Fontana che ha letto l’appello alla manifestazione, nel quale si esprimeva solidarietà al popolo siriano e al suo legittimo governo. E attraverso il quale si rivendicava da un lato la riapertura delle relazioni sia diplomatiche sia di cooperazione economica fra Berna e Damasco, ma il congelamento di tali relazioni con i paesi che parteciperebbero all’aggressione militare neo-coloniale contro la Siria. Preso di mira anche il “guerrafondaio Nobel per la pace” Barak Obama, che andrebbe deferito al Tribunale penale internazionale dell’Aja. I comunisti chiedono poi l’interruzione della vendita di armamenti da parte delle industrie belliche svizzere e un embargo delle transazioni finanziarie fra la Confederazione e gli Stati imperialisti impegnati militarmente contro Damasco. Nel nome della neutralità, inoltre, Della Fontana insistito sulla necessità di vietare il passaggio sul territorio svizzero di forze e risorse militari straniere dirette verso la Siria.
La parola è poi passata al consigliere comunale di Mesocco Janosch Schnider, sempre a nome della Gioventù Comunista, che ha sottolineato l’eroismo del popolo siriano e del suo governo nella lotta contro l’imperialismo e per la giustizia sociale: il governo di Damasco, infatti, garantisce la scuola pubblica e l’assistenza sanitaria gratuita, sovvenziona attraverso la calmierazione dei prezzi i prodotti di base come gli alimentari, e permetta ai sindacati operai di dettare legge nelle scelte economiche delle imprese ed esiste un monopolio del commercio estero in mano allo Stato.
Quale aiuto umanitario?
Mentre ambienti socialisti hanno lanciato una petizione per accogliere 20’000 rifugiati siriani giocando sul pietismo del momento; i comunisti si chinano sulla questione in modo differente, con un’analisi parzialmente diversa anche sul piano geopolitico. Pur non rifiutandosi a priori di ospitare dei profughi, si dimostrano ben più pragmatici del resto della sinistra: “un sincero supporto umanitario si realizza attraverso una stretta collaborazione con il governo libanese nell’ambito della gestione dei campi profughi, al momento non adatti ad accogliere l’ampio flusso di rifugiati provenienti dalla Siria”, si legge infatti nell’appello della manifestazione. Insomma: aiuto umanitario sì, ma serio e finché possibile in loco, nel rispetto anche della sovranità siriana.
Uniti con il presidente Bashar
Fra esponenti della Comunità Siriana, che indossavano magliette con l’effige del legittimo presidente della Repubblica Araba di Siria e leader del Partito Socialista Arabo Baath, Bashar al-Assad, ha preso la parole fra gli applausi Mattia Tagliaferri, membro della Segreteria del Partito Comunista. Il consigliere comunale di Losone ha spiegato come “la necessità dell’uso dell’esercito e dell’espansione territoriale per il controllo di un paese straniero, è una caratteristica strutturale degli Stati Uniti e del capitalismo. Non è infatti la prima volta che ci troviamo alla vigilia di una guerra imperialista ai danni di un paese sovrano, colpevole soltanto di opporsi alle regole del gioco a stelle strisce. Pensiamo a quanto successo in Jugoslavia, in Iraq, in Libia, casi in cui – proprio come sta accadendo oggi in Siria – la stampa occidentale ha spesso e volentieri inventato accuse strumentali, volte a preparare un consenso dell’opinione pubblica attorno alla guerra. Si pensi alle armi di distruzione di massa irachene, di cui l’inesistenza è stata ammessa dagli Stati Uniti stessi, naturalmente dopo essersi impossessati del relativo mercato petrolifero”.
Tagliaferri ha quindi chiarito che “l’opposizione del Partito Comunista alla guerra in Siria non è quindi solo legata a un discorso pacifista, ma va inserita in un più ampio contesto di analisi geopolitica, fondata sui valori dell’anti-imperialismo e contro lo sfruttamento di classe”: secondo l’esponente marxista: “i guerrafondai USA sono in grande difficoltà: la crisi sta piegano più loro della tanto mediatizzata Grecia, come ben dimostra la bancarotta di una città importante come Detroit. Ci sono allo stesso tempo paesi e aree di mondo in rapido sviluppo: dalla Cina alla Russia, dall’India all’America Latina. Una via d’uscita della crisi è pertanto identificabile nella costruzione di un mondo multipolare, maggiormente paritario nei rapporti tra i singoli paesi. La guerra in Siria rappresenta un tentativo degli Stati Uniti di ostacolare questo processo, per mantenere i propri privilegi”.
Mobilitati per la pace
E’ toccato poi al consigliere comunale di Giubiasco Alessandro Lucchini, promotore in Ticino del Movimento Svizzero per la Pace e attualmente attivo nel servizio civile in alternativa al servizio militare, che ha ricordato come in Ticino il movimento di cui è parte sia stato in passato molto presente con personaggi storici come il compianto Emilio Küng a Locarno, e che oggi va fatto ripartire. Lucchini ha poi tuonato: “le politiche di intromissione forzata negli affari interni a nazioni sovrane come la Siria da parte delle forze occidentali hanno lo scopo di saccheggiarne le risorse economiche e umane, annullare così tutta una serie di conquiste sociali, allo scopo d’imporre i diktat di Washington e dei suoi alleati più fidati: Nato e Israele. Queste politiche in Siria hanno lo scopo di radere al suolo la legittimità di uno Stato e d’instaurare un regime direttamente dipendente all’Occidente, cancellandone così la sovranità popolare e l’indipendenza politica ed economica dando il via alla penetrazione delle multinazionali occidentali finora tenute sotto controllo dal governo di Damasco”. Il giovane economista ha poi analizzato la questione in ottica geopolitica affermando che quanto si paventa in Siria “è il tentativo di spaccarne l’unità, come è stato fatto con l’Irak, come vogliono fare con la Cina e la Turchia, come hanno fatto con la Yugoslavia, allo scopo di creare dei protettorati in cui anche l’esercito svizzero gioca un ruolo di primo piano. Non a caso i militari svizzeri hanno addirittura comandato il contingente KFOR della NATO che occupa militarmente la regione serba del Kosovo”. E infine un riferimento alla politica interna della Confederazione: “ci opponiamo all’indottrinamento militarista dei giovani svizzeri e rifiutiamo la militarizzazione della società elvetica. Per questo ci opponiamo alle cospicue spese destinate all’esercito svizzero che non difende la neutralità ma collabora con la NATO. Ecco quindi che lottare per la pace in Siria significa anche sostenere i diritti degli obiettori di coscienza in Svizzera, favorendo il servizio civile. In questo senso cerchiamo di ricordarcelo il prossimo 22 settembre quando dovremo votare per abolire finalmente il servilismo militare obbligatorio”.
Un flop la contro-manifestazione
In una vicina piazza di Bellinzona si era riunito il cosiddetto (e neonato) “Coordinamento contro la guerra”: un drappello autoreferenziale di una quindicina di persone (stranamente però fortemente mediatizzato) che ha rifiutato di unirsi alla manifestazione indetta dal Partito Comunista. Fra gli organizzatori di questo evento di disturbo vi erano i sindacalisti di UNIA Leonardo Schmid e Riccardo Mattei. In piazza si sono visti però soprattutto esponenti dell’organizzazione curda PKK, con le effigi dell’ambiguo leader separatista Abdullah Öcalan (su cui Sinistra.ch ha già scritto in due occasioni: https://www.sinistra.ch/?p=1174 e https://www.sinistra.ch/?p=2462), che hanno auspicato una spaccatura dell’unità nazionale siriana e la caduta del governo di Assad. Sventolava pure il simbolo PYD, il Partito dell’Unione Democratica del Kurdistan siriano, che si oppone al governo di Damasco anche per via armata e che, di fatto, è inserita nel piano degli USA per la parcellizzazione degli stati nazionali e la costituzione di un Nuovo Medio Oriente. Il “Coordinamento contro la guerra”, di ispirazione anarchica ed estremistica, non riconosce il governo legittimo siriano e condanna anche Russia e Cina come “imperialisti”, dimenticando che è solo grazie a loro se le tendenze guerrafondaie sono state finora perlomeno frenate. Nell’appello della contro-manifestazione si leggeva, inoltre – noncuranti del ridicolo – come l’organizzazione di liberazione libanese “Hezbollah” rappresentasse nientemeno che una “forza imperialista”. Una posizione che cozza contro ogni minima conoscenza di geopolitica, ma che era evidentemente del tutto incompatibile non solo con quella del Partito Comunista, ma anche con quella della Comunità Siriana in Ticino che non a caso ha disertato l’appuntamento di Schmid e compagni.
Impegno per la cooperazione internazionale
Assenti giustificati all’evento Massimiliano Ay, segretario del Partito Comunista ticinese e il consigliere comunale di Lugano Edoardo Cappelletti, entrambi impegnati a Berna in un’assemblea per la cooperazione con i paesi dell’Alleanza Bolivariana per le Americhe (ALBA), che ha però risolto all’unanimità una dichiarazione di solidarietà con la Siria. Abbiamo raggiunto telefonicamente il segretario Ay per raccogliere una sua impressione sull’incandescente situazione siriana: “il governo di Damasco sta difendendo la sovranità e l’unità della Repubblica contro il terrorismo salafita, contro la balcanizzazione etnica imposta dall’imperialismo, contro le multinazionali americane che pensano di colonizzare l’economia siriana e contro l’espansionismo imperialista che porta solo all’uccisione dei civili che in netta maggioranza sostengono Assad: la pace nella regione dipende dalla resistenza della Siria, per questo il Partito Comunista è fiero di essere sceso in piazza con le bandiere nazionali siriane e di altri paesi realmente indipendenti come il Venezuela, con i cui diplomatici eravamo oggi riuniti a Berna”.
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