L’attacco americano contro i siti nucleari iraniani, avvenuto nella notte tra sabato e domenica è una cosa da far gelare il sangue. Non perché si tratti di una violazione del diritto internazionale o per la morte e la distruzione provocata dall’attacco stesso, ma perché con quel bombardamento di Natanz, Fordow e Isfahan è avvenuto un salto qualitativo che aumenta l’instabilità mondiale e ha ripercussioni anche in Europa. Preoccuparsi ed indignarsi però non serve a nulla; piuttosto la situazione odierna dovrebbe far sorgere qualche domanda in chi si ostina a vedere il sistema internazionale come la favoletta di “dittature contro democrazie”.
La convinzione che le “dittature” siano propense alla guerra mentre le “democrazie” siano il baluardo della difesa del diritto internazionale (il giardino e la giungla di Josep Borrell) era evidente propaganda di bassa lega sin dal 2022: allora poteva attecchire su chi ha la memoria corta, ma oggi si palesa come una completa falsità. Certo, chi difende più o meno consapevolmente la visione del giardino e della giungla (e molti inconsapevoli si trovano a sinistra) potrà facilmente rispondere che “è tutta colpa di Trump e Netanyahu!” e della loro internazionale delle destre, come se il sistema internazionale non fosse composto di attori razionali. Ciò si scontra con il fatto che i democratici occidentali esprimono un silenzioso assenso quando non uno squillante consenso alle politiche israelo-americane in Medio Oriente. I socialdemocratici tedeschi, che certamente non possono essere considerati parte dell’internazionale trumpiana delle destre, sostengono un governo il cui ministero degli esteri, capovolgendo la realtà, ha espresso solidarietà ad Israele per “l’attacco iraniano”.
Le domande più importanti però vanno ben oltre il disvelamento della propaganda. Davanti all’ennesimo rischio di escalation bisognerebbe ricordarsi che siamo parte del mondo e che le conseguenze ci investono, per cui non basta esprimere solidarietà o condanne ma si dovrebbe agire in modo da evitare che le cose precipitino. Questo, per la Svizzera nel contesto concreto, vuol dire insistere sulla neutralità e l’indipendenza da Unione Europea e NATO, ossia le organizzazioni di guerrafondai che più spingono perché le cose degenerino in guerra. La difesa di neutralità, sovranità ed indipendenza è assolutamente lineare per chi sa che i conti vanno fatti con la realtà, mentre chi si ostina a guardare il mondo con le lenti del moralismo si allinea per la guerra.
Basti ricordare le affermazioni di Beat Jans (PSS) che ritiene i bilaterali III un nuovo patto del Grütli, come in generale le posizioni espresse da diversi esponenti della sua area, o, per rimanere in Ticino, Yannick Demaria (Gioventù Socialista), che sul Corriere del Ticino ci tiene a farci sapere che chi difende neutralità, la sovranità e l’indipendenza della Svizzera “tradisce il proprio paese!”. Che differenza con la Gioventù Socialista del 2020, nel cui comitato sedeva anche Demaria, che a seguito dell’uccisione del generale dei Pasdaran Qassem Soleimani da parte degli Stati Uniti ha firmato con la Gioventù Comunista la risoluzione congiunta “Giù le mani dall’Iran!”, dove si diceva: “la Svizzera, nel pieno rispetto della sua neutralità e della sua indipendenza, rifiuti di rispettare le sanzioni economiche imposte unilateralmente dagli Stati Uniti nei confronti di quei Paesi, a partire dall’Iran e dalla Siria, che non hanno alcun contenzioso con la Confederazione”.
La situazione è seria; l’accumulo di guerre regionali che minacciano di espandersi dovrebbe permettere di vedere la tendenza anche a chi guarda il mondo da una prospettiva morale. Il cessate il fuoco che è intervenuto tra Israele e Iran è certamente una notizia positiva ma non va a modificare le condizioni strutturali per cui il conflitto è scoppiato in primo luogo, basti ricordare i numerosi cessate il fuoco introdotti su Gaza e ripetutamente violati da Israele. In questo contesto difendere la neutralità, l’indipendenza e la sovranità svizzere è il minimo per chi vuole evitare che la guerra ci travolga. Pensare che questo sia allarmismo vuol dire aver vissuto gli ultimi 3 anni con gli occhi chiusi e le orecchie tappate. Ora il problema è come affrontare la fase storica che viviamo; se la risposta è il moralismo il futuro non potrà che essere la guerra, così come è stato nel 1914.