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In Venezuela vince il socialismo, ma la destra “democratica” minaccia la guerra civile e il golpe!

In poco più di sei mesi è la seconda elezione presidenziale per i venezuelani: dopo il decesso del leader della Rivoluzione bolivariana Hugo Chavez era infatti necessario rieleggere il presidente della Repubblica. La coalizione di sinistra, guidata dal Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), dal Partito “Patria per tutti”, dal Partito Comunista Venezuelano (PCV) e da altre formazioni minori candidava l’ex-sindacalista Nicolas Maduro (di formazione maoista); mentre la coalizione borghese di destra finanziata dagli Stati Uniti ha mobilitato tutte le sue forze a favore di Henrique Capriles.

Maduro ha vinto ma con un margine esiguo rispetto a quanto si era abituati con Chavez: 51% contro 49%, circa 230.000 voti di differenza, in una tornata elettorale a cui ha partecipato circa il 79% dei quasi 19 milioni di cittadini abilitati ad esercitare il diritto di voto. La Commissione elettorale ha confermato i risultati, che però l’opposizione di destra rifiuta di riconoscere dando vita a scenari inquietanti. Infatti, a differenza di quanto raccontano i media occidentali, Capriles non ha finora presentato affatto una richiesta formale di riconteggio dei voti (che in Venezuela avviene totalmente in forma elettronica, votando i cittadini tramite appositi computer situati ai seggi). Ciò indica chiaramente la strategia, volta unicamente a fomentare disordini e sollevazioni violente che possano gettare le condizioni per la reazione.

Si sono infatti registrati assalti a sedi del PSUV e a centri medici con personale cubano. Quattro militanti socialisti sono stati uccisi dai “democratici” finanziati da Washington e il presidente Maduro è stato costretto a denunciare intenti golpisti e a irrigidire l’apparato di sicurezza. Maduro ha inoltre vietato all’opposizione di scendere in piazza a Caracas per evitare altre provocazioni violente e promettendo al popolo il pugno di ferro contro i fascisti. L’esercito sta al fianco del presidente legittimo e – epurato dagli ufficiali filo-americani – non dovrebbe costituire un pericolo per il socialismo e la democrazia. Nel frattempo militanti della Gioventù Comunista del Venezuela hanno ripreso il controllo della sede del Centro Nazionale Elettorale occupato dai fascisti, mettendoli in fuga e riconsegnandolo alle autorità.

La destra approfitta della democrazia venezuelana per rovesciare il governo e fermare il processo di transizione al socialismo del paese: ha atteso questo momento per 14 anni, durante i quali il carisma e la capacità aggregante di Chavez ha reso vano ogni ipotesi sovversiva e reazionaria, compresa il fallito colpo di stato fascista del 2002 guidato da Pedro Estanga capo del padronato venezuelano. L’obiettivo è creare instabilità e potenzialmente una guerra civile che fungerebbe da scusa, magari, per un intromissione diretta da parte di Barak Obama, che per fermare il collasso economico americano deve forzatamente creare nuovi conflitti. Capriles, dopo aver dato ordine ai suoi di iniziare le violenze nel paese per creare il caos adatto pert entare il golpe, ha lasciato il paese con la sua famiglia recandosi, ben protetto, a Miami.

Il socialismo non può avvenire per via parlamentare, secondo la regola leninista, o perlomeno non solamente. Nel 1973 ci fu il sanguinosissimo golpe di Augusto Pinochet contro le riforme socialiste di Salvador Allende e nel 1990 il socialismo di Daniel Ortega fu sconfitto alle urne in Nicaragua. I mezzi della propaganda borghese e della psicologia di massa sono enormi, non a caso la democrazia liberale è stata inventata dalla borghesia proprio per mantenersi al potere, e non certo per favorire svolte anti-capitaliste. Di questo i socialisti e i comunisti venezuelani dovranno tener conto, ristrutturando radicalmente il panorama politico e sociale del Venezuela e creando forme di contropotere rivoluzionario e di partecipazione operaia come a Cuba.

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