Il Fronte Nazionale di Resistenza Popolare (FNRP) ha raccolto più di un milione e trecentomila firme per richiedere la convocazione di una nuova Assemblea Costituente e in difesa del ritorno di Manuel Zelaya, destituito dalla presidenza dal colpo di Stato del 28 giugno 2009.
Dopo cinque mesi, il FNRP ha superato largamente l’obiettivo iniziale raccogliendo 1.372.876 firme ad una petizione in cui si chiede l’avvio di un processo costituente nel paese. Le firme non verranno presentate a nessuno degli attuali poteri dello Stato – considerati illegali e illegittimi dai promotori dell’iniziativa – e solo nei prossimi giorni la direzione della Resistenza valuterà i passi che seguiranno la campagna che ha superato tutte le aspettative, ha affermato Juan Barahona, dirigente del FNRP.
Nonostante sussistano dubbi sulle azioni da intraprendere nell’immediato, per il Fronte una cosa è assolutamente certa: che il popolo già si è pronunciato e, in quanto sovrano dei destini del paese, reclama giustizia e trasformazioni del regime vigente, vuole partecipare all’organizzazione sociale e politica. In tale contesto occorrerà avviare una campagna simile con l’obiettivo di discutere con gli honduregni il contenuto del nuovo testo fondamentale reclamato dal paese.
Nella raccolta di firme ora chiusa, che dovrà essere inoltrata alle Nazioni Unite e all’Organizzazione degli Stati Americani, gli honduregni reclamano ancora il ritorno sicuro di Manuel Zelaya e di tutti gli esiliati. In tal senso, chiedono al governo di Porfirio Lobo di offrire garanzie al presidente destituito dalla violenza e agli altri attivisti perseguitati.
La repressione governativa
Chiudendo la campagna, il FNRP ha promosso per il 15 settembre marce e concentramenti popolari nelle principali città del paese. Nello stesso giorno, venivano commemorati i 189 anni dell’indipendenza dal giogo coloniale spagnolo, ma invece di partecipare alle cerimonie ufficiali, il popolo honduregno ha preferito scendere nelle strade per lottare per la sovranità di fronte ai poteri oligarchici e golpisti installati in Honduras e per esigere un nuovo modello economico e politico per il paese.
Le manifestazioni di massa hanno dovuto affrontare la minaccia di forti contingenti di polizia mobilitati dall’esecutivo golpista. Ciò nonostante, alla frontiera con il Salvador, una moltitudine ha rotto l’accerchiamento e ha protestato contro la concessione delle risorse naturali. Recentemente, il parlamento ha deliberato di aggiudicare 47 installazioni idroelettriche a gruppi economici che già dominano il settore.
Nella capitale, Tegucigalpa, migliaia di militari e poliziotti, inclusi membri delle forze speciali, sono stati piazzati in punti strategici con l’intento, sebbene senza successo, di impedire la manifestazione.
Ma a San Pedro de Zula, la repressione ha provocato un morto e almeno 31 feriti. Secondo il Comitato per la Difesa dei Diritti Umani in Honduras, la vittima, Efrain Lopez, addetto alle lotterie, si trovava con altre migliaia di persone per assistere a un concerto, interrotto, circa dieci minuti dopo l’inizio, da una carica delle forze di polizia e dal lancio di bombe lacrimogene.
Alcuni dei presenti sono riusciti a sottrarsi alla brutalità poliziesca rifugiandosi nelle installazioni di Radio Uno, ma la polizia ha invaso la cooperativa di comunicazione e cultura, ha picchiato i presenti, arrestandone diversi.
Dal colpo di Stato del 28 giugno 2009, almeno 160 persone sono già state assassinate per motivi politici in Honduras.
su Avante del 12/10/2010
Traduzione a cura di www.lernesto.it