Al 77° Locarno Film Festival la serie di cortometraggi Ludwig – Métropole – Practice, Practice, Practice – Les bouches – Iceberg presenta un corpus centrale avvincente incentrato sullo scontro tra cittadini e autorità, tra “popolo” e una giustizia spesso assente, distorta o corrotta. In Métropole seguiamo un gruppo di giovani skater per le strade di Lione e li vediamo entrare in contatto con le manifestazioni di piazza e con la polizia. In Practice, Practice, Practice assistiamo a un racconto a due voci – quella di un installatore tecnico e quella di un militante politico – che raccontano un episodio di lotta per i diritti civili e contro la segregazione in California. Les bouches denuncia l’ingiustizia del sistema giuridico, portando sullo schermo l’allegra scampagnata di due turisti francesi intenti a truffare la propria assicurazione con la compiacenza di un giudice messicano, che si presta al loro gioco arrestando pretestuosamente un’artista di strada. Tutti cortometraggi interessanti e di qualità, complessivamente però penalizzati dalle pellicole di testa e di coda.
Iceberg sarà forse apprezzato dagli estimatori del cinema più estetico: la fotografia risulta accattivante e la poetica che scaturisce dalla narrazione in immagini è ben presente. La trama però risulta eterea quanto le sequenze nella nebbia – quella della campagna o del bagno turco – e l’abbraccio che dovrebbe rappresentare l’apice del pathos raggiunge uno spettatore già stanco.
Da ultimo, a colpire – non necessariamente in positivo – è però Ludwig, la cui trama recita: “Un racconto breve su potere, utopia e follia, visti attraverso la figura di re Ludwig II di Baviera il quale, condannato agli eccessi dei suoi sogni di bellezza, presagisce la realtà distopica dei tempi che gli sarebbero succeduti a inizio Novecento”.
La cornice narrativa che apre e chiude il corto è quella della discussione tra sovrano e orefice riguardo la realizzazione di un intarsio di gemme sul dorso di una tartaruga, a simboleggiare la hybris (opulenza, tracotanza) del personaggio e del suo mondo.
Concretamente, come sequenza centrale dell’opera troviamo una rappresentazione integrale (dai prodromi all’orgasmo) di un’intensa sessione masturbatoria del sovrano bavarese.
Ho trovato, dopo la perplessità iniziale, di dover riconoscere una certa efficacia alla pellicola, che si fa metafora pregnante della degenerazione della “cultura” borghese occidentale: parvenu e wannabe che osservano le élite farsi le seghe (mi si passi il francesismo), in questo caso letteralmente.
La parte interessante della trama, purtroppo, si palesa davanti agli occhi dello spettatore con il ben collaudato metodo Star Wars/Guerre Stellari: parole di sintesi che scorrono, come testo, tra l’eiaculazione del nobile virgulto e frammenti di filmati d’archivio sulle trincee (dopo un “1914” a esplicitarne il contesto), poco prima dei titoli di coda. Un po’ peccato.