La Svizzera non disdirà il suo accordo di libero scambio con la Cina, né adotterà contro di essa le sanzioni dell’Unione europea. Potrà però intensificare le sue relazioni economiche e culturali con Taiwan. Queste sono, in sintesi, le decisioni adottate dal Consiglio nazionale lo scorso 28 febbraio, quando sono state discusse varie mozioni depositate dai Verdi e dal Partito Socialista Svizzero (PSS). Tali partiti si sono infatti resi promotori di vari atti parlamentari volti ad interrompere le relazioni con la Repubblica popolare cinese, favorendo invece quelle con l’isola di Taiwan (che la Confederazione non riconosce come Stato autonomo, favorendo la politica di “una sola Cina”). Una postura anticinese che non ha mancato di sollevare forti critiche, anche a sinistra.
Rescindere l’accordo di libero scambio per “violazione dei diritti umani”
Andiamo con ordine. La camera bassa del parlamento elvetico ha respinto, con 127 voti contrari e 61 a favore, una mozione del deputato ecologista Nicholas Walder che richiedeva di rescindere l’accordo di libero scambio con la Cina in vigore dal 2014. La ragione di tale proposta? Le presunte violazioni dei diritti umani ed i possibili crimini contro l’umanità commessi nello Xinjiang: accuse di cui il nostro portale ha già ampiamente riferito in passato (leggi qui).
Secondo Walder, i prodotti importati dalla Cina beneficiano dell’accordo di libero scambio indipendentemente dal fatto che siano stati fabbricati nel rispetto del diritto internazionale o in “campi di internamento“. Il Consiglio federale, così come il plenum, si è opposto a tale proposta, ricordando come la Cina costituisca il primo partner commerciale della Confederazione in Asia e il terzo a livello globale: le ripercussioni economiche di tale rescissione sarebbero dunque catastrofiche.
Adottare le sanzioni europee? Un automatismo eccessivo
La camera del popolo ha inoltre respinto, con 117 voti contro 71, un’altra mozione dello stesso Walder volta ad adottare le sanzioni dell’Unione europea contro i responsabili delle presunte violazioni dei diritti umani nello Xinjiang. Il Consiglio federale ha in questo caso rilevato la problematicità di queste nuove sanzioni, che colpiscono persone, imprese e organizzazioni indipendentemente dal luogo in cui si trovano. Ciò implicherebbe un automatismo di difficile controllo, motivo per cui il governo ha deciso di continuare a valutare caso per caso, conservando un margine d’azione utile a garantire l’azione diplomatica elvetica.
Approvato il rafforzamento (privatizzato) delle relazioni con Taiwan
Il Consiglio nazionale ha però adottato, con 96 voti a favore, 86 contrari e 9 astensioni, una mozione del deputato socialista Fabian Molina, tesa a sviluppare e approfondire la collaborazione con Taiwan nei settori della cultura, della formazione, della ricerca e dell’innovazione. Il testo chiede che due enti privati, il “Trade Office of Swiss Industries, Taipei” e la Delegazione culturale ed economica di Taipei in Svizzera firmino un accordo per la creazione di un partenariato.
Malgrado l’opposizione del Consiglio federale, intenzionato a preservare la credibilità della propria politica estera (fondata sul principio di “una sola Cina”), il plenum ha però accolto il testo del deputato socialista. Deputato già noto per la sua attività di lobbying anticinese, praticata nel quadro dell’Alleanza interparlamentare sulla Cina (IPAC), di cui abbiamo già riferito su queste colonne e che vede il giovane Molina sedere al fianco di guerrafondai come il repubblicano statunitense Marco Rubio o il deputato UDC Yves Nidegger. Insomma, per i giovani socialisti l’UDC nazionalista e conservatrice va contestata solo quando fa opposizione all’integrazione europea, ma non quando serve a combattere la Cina!
Il vicesegretario del PC: “proposte che esplicitano la visione filo-USA della sinistra”
Come accennato in apertura, in reazione a tale dibattito non sono mancate le critiche alle formazioni politiche promotrici di tali proposte. Alessandro Lucchini, economista e vicesegretario del Partito Comunista, non le manda a dire: “Le mozioni ecologiste e socialiste discusse a Berna non solo sono del tutto contraddittorie con la neutralità elvetica e con la volontà di ridurre le tensioni a livello internazionale. Esse riprendono in tutto e per tutto il discorso dei circoli più guerrafondai presenti nei paesi occidentali e in particolare negli USA: la Cina, anziché un partner con cui discutere per garantire la sicurezza mondiale, diviene un “regno del male” da isolare (oggi) e contro cui prepararsi a combattere (domani). Se oggi tali proposte possono essere ascritte a una mentalità da guerra fredda, hanno in realtà l’obiettivo di preparare l’opinione pubblica ad un conflitto su larga scala contro la Cina. Fa rabbrividire sentire che un discorso simile provenga da personalità e partiti che si dichiarano di sinistra, tradendo decenni di storia e di valori del movimento anti-imperialista e per la pace”.