Grande confusione a sinistra sull’invio di armi in Ucraina. L’unica posizione coerente a favore della pace rimane quella comunista!

Guerra in Ucraina, neutralità e vie d’uscite dal conflitto rimangono dei temi di forte dibattito nella sinistra ticinese e svizzera. Il tema di più stretta attualità in queste settimane è quello della riesportazione di armi svizzere verso l’Ucraina: il parlamento federale sta infatti valutando proprio in questi giorni tale possibilità, ciò che non ha mancato di sollevare un’ampia discussione in tutto il Paese.

A risultare particolarmente confusa è la sinistra, che fino a pochi anni si presentava però compatta nell’opporsi all’industria bellica, contro la quale sono anche state lanciate varie iniziative popolari. Tra di esse ricordiamo quella “Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico” (sconfitta alle urne nel novembre 2020) e quella “Contro l’esportazione di armi in Paesi teatro di guerre civili” (ritirata nel settembre 2021). Quali dunque le ragioni di questa confusione? Chi ha cambiato idea e come mai?

I socialisti svizzeri promotori della riesportazione di armi

Prima di entrare nel merito delle posizioni dei vari partiti, soffermiamoci brevemente sull’oggetto della discussione. A fine gennaio, una risicata maggioranza della Commissione per la politica di sicurezza del Consiglio nazionale approvava una mozione del Partito Socialista, con cui si propone di allentare le cosiddette “dichiarazioni di non riesportazione” che gli acquirenti di armi svizzere devono oggi sottoscrivere. In tal modo, previa approvazione del Consiglio federale, armi e munizioni svizzere in possesso di Paesi terzi potrebbero essere rivendute o cedute ad altre parti: l’obiettivo di questa mozione è dunque chiaramente quello di consentire la consegna (benché indiretta) di armi svizzere all’Ucraina. Malgrado l’omologa commissione del Consiglio degli Stati abbia bocciato questa iniziativa ad inizio febbraio, alla fine dello stesso mese la commissione del Nazionale ha rinnovato (con soli 13 voti favorevoli contro 12 contrari!) il suo sostegno alla proposta della deputata socialista Priska Seiler-Graf, che verosimilmente verrà discussa dal plenum nel mese di maggio.

Qualche distinguo dal PS ticinese

Questa posizione del PS svizzero non ha mancato di sollevare dibattito all’interno del Partito. Alcuni esponenti della sezione ticinese hanno ad esempio inviato al capogruppo socialista a Berna Roger Nordmann una lettera di protesta, in cui viene denunciato il “grave scollamento tra le dichiarazioni programmatiche e la pratica parlamentare”: il programma del PS svizzero impegna infatti il Partito a perseguire “un rigido divieto delle esportazioni di armi”. Un sussulto di coscienza progressista, che dimostra la sopravvivenza qua e là di qualche anticorpo alla deriva bellicista della socialdemocrazia europea. Eppure, non tutto il PS ticinese sembra condividere a fondo le critiche formulate nella lettera: i due co-presidenti cantonali Fabrizio Sirica e Laura Riget non figurano infatti tra i firmatari e, anzi, Sirica ha invocato la necessità di un “dibattito serio e approfondito tra le valide argomentazioni di entrambe le parti”. Un ulteriore esempio del cerchiobottismo della socialdemocrazia ticinese, ostaggio dei media da cui si fa dettare la linea (sempre più bellicista e atlantista), ma al tempo stesso responsabile davanti alla propria base che la pensa probabilmente in modo diverso.

Per Laura Riget e Fabrizio Sirica serve un dibattito sulle valide ragioni a favore dell’invio di armi?

Verdi: “no all’invio di armi, ma…”

Diverso il discorso per i Verdi, che hanno coerentemente respinto la proposta socialista sia sul piano federale che su quello cantonale. Il partito ecologista sembra aver riscoperto di punto in bianco le virtù della neutralità elvetica, invitando il Consiglio federale a puntare sull’aiuto umanitario e sui buoni uffici diplomatici per raggiungere la pace in Ucraina. Niente male per chi ha passato l’ultimo anno a denigrare chi diceva esattamente lo stesso, accusandolo di egoismo nazionalista e di ignorare le nefandezze commesse nell’ultimo secolo in nome della neutralità. Ma è tutto bene quel che finisce bene, come dice il proverbio! Sennonché, per i Verdi, oltre a mettere in campo la diplomazia ed i buoni uffici, occorre anche intensificare le sanzioni contro la Russia e addirittura bloccare gli averi degli “oligarchi” russi: proprio ciò che ha spinto la Russia a non riconoscere più la Svizzera come neutrale e dunque a disconoscerla come possibile mediatrice! Per quanto lodevole sia il rifiuto ecologista della riesportazione di armi, esso non basta a fornire una risposta adeguata al problema della pace in Ucraina ed anzi conferma il collocamento dei Verdi nel calderone di coloro che vogliono rottamare la neutralità elvetica, per ancorare definitivamente il nostro Paese nel campo euro-atlantico.

MPS completa la svolta bellicista: “Armiamoci e partite!”

Da mesi ormai il Movimento per il socialismo (MPS) si è distinto per la sua adesione al nazionalismo ucraino, al punto da aver portato in piazza al 1° maggio dello scorso anno addirittura dei simpatizzanti del famigerato battaglione Azov (leggi qui). Ma fino ad ora i trotskisti nostrani non si erano spinti fino a condividere le direttive della Quarta internazionale (di cui sono membri osservatori), che fin dalla primavera dello scorso anno invoca l’invio incondizionato di armamenti al regime di Kiev. Nella foga di distinguersi dal resto della sinistra e di dimostrarsi i più “puri” di tutti, ora Pino Sergi ed i suoi seguaci hanno però rotto anche l’ultimo argine, dichiarandosi esplicitamente favorevoli all’invio di armi all’Ucraina, all’insegna del buon vecchio motto “armiamoci e partite”. Matteo Pronzini ad inizio febbraio dichiarava che “non sono contrario alla fornitura di armi, e se questa a sua volta richiede la riesportazione, tale riesportazione andrà approvata”, mentre pochi giorni fa Luca Torti (candidato trotskista al governo cantonale) sottolineava come, esportando la Svizzera già oggi armi verso numerosi Paesi, non ci debbano essere problemi ad inviarne anche all’Ucraina. Anche in questo caso, la critica dei limiti e dei difetti della neutralità diviene dunque strumentale alla sua definitiva rottamazione: ciò che l’estrema sinistra evita accuratamente di dire, è che ciò non aprirebbe alcuna prospettiva rivoluzionaria in Svizzera, bensì ci spingerebbe direttamente (e definitivamente) tra le braccia della NATO. Un nuovo grande passo verso la sconfitta dell’imperialismo, quantomeno nella distorta visione di MPS.

Per Pronzini e Sergi non c’è più mezza misura: tutto per i nazionalisti ucraini… e l’industria bellica.

Il PC risolutamente a difesa della neutralità e della diplomazia

Pressoché l’unico ad aver mantenuto invariata la propria posizione è invece il Partito Comunista, che da un anno a questa parte insiste sulla necessità di preservare e rilanciare la neutralità elvetica, mantenendosi al di fuori della contesa geopolitica ed offrendo invece i suoi servizi diplomatici per cercare una soluzione negoziale. Ciò significa rinunciare ad imporre sanzioni e soprattutto ad inviare armi in Ucraina (anche solo in modo indiretto), considerato peraltro che – come aveva già sottolineato a suo tempo il nostro portale – la destinazione di queste ultime è tutto fuorché controllata e regolare.

La confusione e il disorientamento del resto della sinistra non stupisce però il segretario del PC Massimiliano Ay: “La guerra in Ucraina secondo il PC ha aperto una nuova fase storica: il mondo sta diventando multipolare e l’Occidente liberale a guida statunitense non potrà più fare il bello e brutto tempo come finora. Gran parte della sinistra non ha capito il cambiamento epocale che stiamo vivendo e dunque, ragionando ancora per schemi passati, non riesce a cogliere quale sia la reale contraddizione del momento e ciò la induce a sbagliare priorità e obiettivi. Dei trotzkisti di MPS non ho alcuna fiducia: da sempre hanno idee simili a quelle dell’imperialismo. Triste piuttosto che nel PS si sia trascurata la formazione metodologica dei quadri politici che poi produce questi scivoloni opportunistiche. Scivoloni che però, nei momenti clou della storia, possono anche avere esiti tragici come il coinvolgimento in una guerra che rischia di deflagrare a livelli mondiali”.