Comunisti svizzeri presto a Congresso. Parola d’ordine: “Avanti!”

Il Partito Comunista – che fino al 2007 si chiamava Partito del Lavoro – si appresta a celebrare il proprio 24° Congresso. L’assise è stata infatti convocata per il prossimo 27 novembre a Bellinzona, nella particolare cornice del Business Center e vedrà il rinnovo non solo delle cariche politiche, ma anche un’ampia discussione sulle tesi congressuali: un fitto documento politico di ben 38 pagine con cui il segretario politico uscente, il deputato Massimiliano Ay, ha deciso di postulare la sua ricandidatura al vertice del sodalizio, che attualmente è guidato da una Direzione composta di sette membri oltre lo stesso Ay: Alessandro Lucchini; Edoardo Cappelletti; Lea Ferrari, Alberto Togni; Samuel Iembo e Zeno Casella. Una squadra con un’età media di 29 anni d’età.

Ogni congresso è un evento

I Congressi del Partito Comunista non vanno confusi con banali assemblee. Essi, di regola, si riuniscono solo ogni tre anni: le elezioni federali 2019 e poi la pandemia hanno costretto i compagni a rimandare l’evento in due occasioni. Ecco quindi che dall’ultimo Congresso, che si era riunito al Palazzo dei Congressi di Lugano nel novembre 2016 (leggi qui), sono già passati cinque anni. Tanti, forse troppi per un Partito che ha vissuto grandi cambiamenti e che è maturato non poco. Quest’anno l’assise durerà due giorni: la prima sessione sarà aperta al pubblico e vedrà la partecipazione di ospiti esteri con, come piatto forte, la relazione politica del Segretario. Il secondo giorno invece è riservato solo ai delegati che si riuniranno a porte chiuse e stabiliranno la strategia del Partito per i prossimi tre anni.

Ogni Congresso rappresenta quasi una piccola “cesura” per il PC. Da noi interpellato Massimiliano Ay spiega infatti la tappe percorse nell’ultimo decennio: “Il Congresso del 2011 – ci spiega – ha introdotto il principio della normalizzazione per scrollarci di dosso l’autoreferenzialità; nel 2013 abbiamo invece insistito sulla volontà di essere un partito ‘di governo’ anche se non ‘al governo’, cioè abbiamo iniziato a lavorare per superare l’opposizione fine a se stessa e avanzare invece proposte alternative ma soprattutto realizzabili in più ambiti possibili; nel 2016 abbiamo invece sviluppato un progetto di società che all’ideale socialista anteponeva realisticamente, anzitutto, la difesa della neutralità svizzera nel nuovo mondo multipolare che si stava delineando”. E quest’anno? “Il Partito ha fatto passi avanti di cui sono orgoglioso, e – lo voglio specificare – non solo di tipo elettorale, eppure siamo ancora deboli nell’organizzazione: a mio avviso occorre una linea di maggiore apertura verso la popolazione, i lavoratori e il territorio” afferma sempre Ay che auspica un dibattito aperto fra i militanti, anche autocritico.

Il Congresso di Lugano del 2016 aveva riunito un centinaio di militanti ed interessati.

Parola d’ordine: “Avanti!”

Dato per moribondo solo vent’anni fa, il Partito Comunista è stato rilanciato con un forte processo di ringiovanimento e di rinnovamento politico a partire soprattutto dal 2009. Sfiora per pochi voti il rientro nel Gran Consiglio ticinese nel 2011 e riesce ad eleggere un deputato nel 2015 e a raddoppiare i propri seggi nel 2019 con una lista di Partito colma di giovani sotto i 30 anni. Alle ultime elezioni amministrative in Ticino i seggi nei consigli comunali sono raddoppiati raggiungendo la dozzina, fra cui si rileva il raddoppio dei seggi nel legislativo di Bellinzona, il ritorno nel consiglio comunale di Locarno e la riconferma di una municipale nell’esecutivo di Serravalle (leggi qui). Ma oltre ai dati numerici, quello che caratterizza la nuova vita di questo Partito è l’atteggiamento rigoroso, serio e costruttivo: non a caso i comunisti si definiscono come “opposizione propositiva” per distinguersi da quella urlata, contro tutto e tutti, portata avanti dall’estrema sinistra, in particolare i trotzkisti di MPS.

Leggendo le tesi politiche che saranno alla base della discussione della due giorni congressuali del mese prossimo (vedi qui), si leggono anche passaggi autocritici: nonostante l’evoluzione del numero di membri sia relativamente positiva, soprattutto fra i giovani, i comunisti vorrebbero ingrossare maggiormente le propria fila. Se ciò non succede – ammettono – è anche perché in alcuni casi si è sviluppata una sorta di “paura di crescere”: se è stato giusto – si legge – “insistere sulla nostra volontà di essere un partito serio, rigoroso, di quadri dediti alla causa del socialismo e che studiano la realtà, composto cioè di membri consapevoli e attivi; e tuttavia non bisogna esagerare”: ognuno insomma può contribuire alla linea politica “e un partito rivoluzionario, per esserlo realmente in questa così complessa fase storica, necessita di tutte le intelligenze presenti nel popolo, purché siano espresse con metodo e con umiltà. In questo senso dobbiamo osare di più nel rendere gli elettori dei simpatizzanti, i simpatizzanti dei membri, i membri dei militanti, i militanti dei quadri”. Sempre nel documento congressuale si legge, forse un po’ provocatoriamente rivolto al resto della sinistra: “ci interessa parlare con il popolo, non con nicchie di persone che vivono in torri d’avorio (per quanto progressiste esse possano essere)”! Insomma la priorità del PC da questi lineamenti politici sembra ora non tanto quella di cercare il voto di protesta ma di rafforzare la propria comunità politica con militanti in carne e ossa.

Il Congresso del 2016 si era svolto all’insegna della “Community”.

Da “community” all’unità popolare

Nel 2016 il Partito Comunista intitolò il suo ultimo Congresso con la parola “Community” e nel documento si citava una frase di Karl Marx e Friedrich Engels: “Solo nella comunità con altri, ciascun individuo ha i mezzi per sviluppare in tutti i sensi le sue disposizioni; solo nella comunità diventa dunque possibile la libertà personale”. Insomma si riteneva che alla società individualista occorresse proporre un ritorno al senso di comunità. Cinque anni dopo i comunisti svizzeri ritengono che quella “fu un’intuizione corretta e lo vediamo proprio con gli strascichi della pandemia” e cioè “una polarizzazione fra lavoratori: una nuova guerra fra poveri”. La proposta comunista è quindi “costruire un’unità popolare sulle vere priorità politiche per la maggioranza dei cittadini: la sovranità, il diritto al lavoro, il diritto a pigioni moderate, il diritto allo studio, il diritto a una sanità pubblica gratuita, ecc.” La sfida è insomma di portare “la discussione sui valori del socialismo presso settori della cittadinanza non tradizionalmente legati alla nostra culturale politica” perché il pericoloso è quello altrimenti di “lasciare le esigenze popolari di riaggregazione comunitaria a istanze reazionarie”. Un percorso in salita che però non sembra impaurire la giovane guardia del PC.