Dogu Perinçek durante la conferenza stampa a Zurigo

Torna d’attualità in Svizzera la vertenza sul genocidio armeno.

Dopo la proposta francese, risalente al 2011, di punire con la reclusione gli storici che avrebbero negato il genocidio armeno (leggi: https://www.sinistra.ch/?p=1487) e dopo la decisione del parlamento tedesco del giugno scorso di riconoscere le deportazioni del 1915 quale genocidio, suscitando le proteste della Turchia (leggi: https://www.sinistra.ch/?p=5967), la questione armena è tornata di attualità nei giorni scorsi.

Dogu Perinçek a Damasco con il presidente siriano Assad
Perinçek con il presidente siriano Assad

Si è infatti svolta martedì, presso la sala “Atatürk” del Consolato Generale di Turchia a Zurigo, la conferenza stampa di Dogu Perinçek, leader del partito VATAN, formazione politica della sinistra rivoluzionaria turca. Presenti numerose testate locali: la Radio Svizzera, la Neue Zürcher Zeitung, l’Agenzia Telegrafica Svizzera, Sinistra.ch, ecc. incuriosite dalle dichiarazioni che avrebbe rilasciato il 74enne Perinçek, presidente di un partito elettoralmente marginale ma sempre più in vista.

Perinçek era stato infatti condannato dalla giustizia svizzera nel 2005 per aver pubblicamente negato quella che comunemente viene definito il genocidio degli armeni del 1915. Il politico turco lo aveva infatti qualificato come una “menzogna dell’imperialismo”. La sua condanna avveniva sulla base dell’art. 261 bis del Codice penale svizzero che, nel suo quarto capoverso, sanziona chi “disconosce, minimizza grossolanamente o cerca di giustificare il genocidio”.

Perinçek durante la conferenza stampa a Zurigo
Perinçek durante la conferenza stampa a Zurigo

Perinçek si era però appellato alla Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) che, alla fine, gli aveva dato ragione: nelle dichiarazioni del comunista turco secondo i giudici non vi era infatti alcun elemento razzista ed esse “non erano assimilabili a un appello all’odio o all’intolleranza”, dunque la sua condanna da parte della giustizia svizzera risultava una lesione della libertà di espressione. Perinçek aveva anche documentato le sue affermazioni attraverso testi inediti provenienti dagli archivi della ex-Armenia sovietica.

Durante la sua conferenza stampa a Zurigo Perinçek ha sostenuto l’iniziativa del consigliere nazionale ginevrino, l’avvocato Yves Nidegger, la quale chiede al parlamento federale di stralciare la menzione ai genocidi dalla norma anti-razzismo, oppure di aggiungere che sono definibili tali unicamente quei crimini sui quali pende una sentenza di un tribunale internazionale competente, come è il caso per l’Olocausto con i processi di Norimberga. Perinçek ha infatti chiarito nella sua relazione come “nessun tribunale ha mai considerato gli avvenimenti del 1915 alla stregua di un genocidio”.

Deniz Gezmis al momento del suo arresto nel 1972
Deniz Gezmis venne arrestato e condannato a morte nel 1972

Sarebbe però un errore considerare le tesi negazioniste dei fatti del 1915 come una “novità” introdotta da Perinçek: prima di lui ne era convinto Deniz Gezmis, leader del movimento giovanile del ’68 e in seguito fondatore dell’Esercito di Liberazione Popolare di Turchia (THKO), un’organizzazione di ispirazione marxista-leninista che aveva per obiettivo di “unire tutte le classi patriottiche oppresse” per “far sparire gli americani che occupano il Paese e rendere la Turchia indipendente”. Nel 1972, anno in cui finì giustiziato, Gezmis affermò infatti: “ciò che successe nel 1915 fu una reazione dei musulmani anatolici contro la sanguinosa insurrezione armena finanziata principalmente dall’Impero zarista, dalla Francia e dagli Stati Uniti”. Secondo l’allora giovane leader comunista non già di una pulizia etnica o di un genocidio si trattava, bensì di un conflitto nell’ambito della liberazione nazionale anti-coloniale.