Nuovi aerei da combattimento: i servizi segreti USA stanno spiando la Svizzera?

Dopo la notizia degli alti ufficiali assoldati dall’industria militare statunitense al fine di aggiudicarsi l’appalto per i nuovi aerei da combattimento (leggi qui), altri inquietanti elementi emersi negli ultimi giorni alimentano nuovi dubbi in merito alla regolarità di questa concessione. Il quotidiano bernese Der Bund ha infatti recentemente realizzato un’inchiesta (leggi qui) relativa alla possibilità che i servizi segreti nord-americani stiano spiando le autorità elvetiche incaricate di vagliare le differenti offerte sul tavolo, al fine di favorire i concorrenti statunitensi (Lockheed Martin e Boeing) in lizza.

Un precedente inquietante: il caso degli F-35 danesi

I sospetti sono alimentati da un recente episodio che richiama il caso svizzero: stando a quanto rivelato da un whistleblower dei servizi segreti danesi, negli ultimi anni il governo della Danimarca (nello specifico, i ministeri degli esteri, della difesa e delle finanze) sarebbe stato spiato dalla National Security Agency (NSA) statunitense. Secondo i media del paese scandinavo, gli USA volevano così ottenere dei vantaggi nell’appalto in corso per la fornitura di nuovi jet da combattimento all’esercito danese.

Secondo quanto riportato dalla televisione danese DR, le operazioni di spionaggio condotte dalla NSA tra il 2012 e il 2015 hanno contribuito a determinare l’esito dell’appalto, chiusosi nel 2016 con la vittoria di Lockheed Martin, che si è aggiudicata il concorso per la fornitura di 27 apparecchi F-35 (uno dei modelli in lizza anche nell’appalto elvetico). in seguito allo scoppio dello scandalo, il parlamento danese ha avviato delle indagini che sono tutt’ora in corso.

Grazie alle informazioni raccolte dalla NSA, Lockheed ha venduto i suoi F-35 alla Danimarca.

Gli esperti non hanno dubbi: “occorre supporre che gli USA stiano spiando anche il governo svizzero”

Contattata dal giornale bernese, l’ambasciata statunitense in Svizzera si è trincerata dietro ad un semplice “no comment”: l’addetta alla comunicazione Gaby Bloem ha affermato che “gli Stati Uniti non commentano pubblicamente le presunte operazioni di intelligence”.

Gli esperti non hanno però molti dubbi circa queste “presunte operazioni”. Il giornalista tedesco Erich Schmidt-Eenboom, noto esperto di intelligence ed ex agente dei servizi segreti tedeschi, ha dichiarato che “i responsabili della politica di sicurezza svizzera devono supporre che i servizi americani spiino tutte le comunicazioni relative all’acquisto di aerei da combattimento e, tramite la NSA, hanno anche la capacità di leggere i messaggi criptati”. Capacità, aggiungiamo noi, che i servizi segreti americani hanno peraltro probabilmente acquisito proprio grazie alla benevolenza (o all’ottusità?) delle autorità elvetiche, che hanno consentito ad un’azienda come la Crypto AG di vendere a decine di paesi degli apparecchi di cifratura ritenuti sicuri ma in realtà decifrabili dalla stessa CIA (proprietaria dell’azienda con sede nel Canton Zugo).

Tramite vari documenti pubblicati da Wikileaks, Schmidt-Eenboom ha d’altronde dimostrato come i servizi segreti perseguano gli interessi economici delle corporations americane anche nei paesi “alleati” d’Europa, conducendo ad esempio varie operazioni di spionaggio industriale.

Secondo Edoardo Cappelletti, non ci si può fidare di Biden come non ci si poteva fidare di Trump.

Per il Partito Comunista, “non ci si può mai fidare degli USA”

Preoccupata la reazione del Partito Comunista svizzero, che già aveva reagito molto duramente alla notizia dell’assunzione di alcuni ufficiali da parte di aziende dell’industria militare nord-americana. In una nota stampa, il PC affermava che “lavorare direttamente per dei produttori militari stranieri significa compromettere la nostra sovranità nazionale e quindi l’indipendenza politica delle forze armate di un paese neutrale”.

Di fronte alla possibilità che il governo federale venga spiato dai servizi segreti USA, il membro della Direzione comunista Edoardo Cappelletti sostiene che “il caso danese dimostra come non sia possibile avere alcuna fiducia nei confronti del governo statunitense, nemmeno dopo l’entrata in carica del nuovo presidente. Ricordiamo infatti che i fatti emersi in Danimarca riguardano gli anni dell’amministrazione Obama, di cui Joe Biden era vice-presidente”. Per i comunisti svizzeri la via da seguire è molto chiara: “occorre diversificare i partner diplomatici, commerciali e all’occorrenza anche militari se ciò può salvaguardare la neutralità del nostro Paese. Dobbiamo sganciarci dal blocco NATO e guardare invece ai paesi emergenti dell’area euro-asiatica”.