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Investiamo nella scuola, diamo una chance a tutti

Ci dicono che la nostra sia una società democratica, in cui il diritto allo studio è garantito e dove chiunque può continuare gli studi senza difficoltà, basta che si applichi:  questa credenza deve essere messa in discussione, come deve essere smentito l’assunto per cui le differenze di classe non esisterebbero più nella società occidentale e, semmai, continuerebbero ad esistere solo minime disuguaglianze sociali dovute anche alle diverse “attitudini” individuali. Una teoria delle attitudini dietro la quale troppi protagonisti del mondo scolastico si nascondono, contraddicendo don Lorenzo Milani che la definiva nientemeno che “razzista”.

Gli allievi provenienti da un contesto diverso, che non padroneggiano perfettamente la lingua e che hanno interiorizzati norme e valori culturali diversi, non devono essere considerati dei ritardati perché ciò non ha niente a che fare con l’intelligenza. È fondamentale seguire con professionalità questi ragazzi per scongiurarne l’esclusione, la mancanza di partecipazione, sia in classe, che all’esterno: tutto ciò in un prossimo futuro potrà avere ripercussioni sul relazionarsi con la società e accrescerà la marginalità, unitamente alla propensione alla criminalità. In tal senso il dibattito sulla criminalità giovanile (come conseguenza di fattori sociali) non deve essere strumentalizzato, ma bensì compreso per stroncarlo dalle fondamenta.

Il programma scolastico richiede vari elementi di partenza che non sono in sé discriminatori, ma che assumono questo valore negativo quando non tutti gli allievi ne possono disporre. Si sottintende che tutti i bambini abbiano a casa un quotidiano, che possano prendere del materiale didattico da casa e che i genitori siano al corrente non solo del funzionamento scolastico ma che abbiano un’istruzione adatta per seguire il progredire dei propri figli nell’apprendimento. I bambini che provengono da famiglie socio economicamente sfavorite hanno maggior bisogno di accoglienza nel sistema scolastico, ma tuttora non sono sviluppate strutture che permettono ad essi di effettuare un percorso educativo con le stesse possibilità rispetto agli altri ragazzi. In tal senso il Cantone dovrebbe finanziare strutture di studio assistito come i doposcuola, potenziare il sostegno pedagogico e costituire un servizio di sostegno sociale in tutte le Scuole.

È peraltro evidente che studenti di classi sociali agiate hanno dietro di sé una famiglia che trasmette loro determinate conoscenze, valori, atteggiamenti in relazione alla cultura. Tutto questo influenza anche il profitto scolastico. Un bambino, come spiega Giovanni Galli (psicopedagogista), che cresce in un ambiente dove la lettura di libri è vista come una normale attività ha certamente dei vantaggi. Oggi si impara molto al di fuori delle aule scolastiche: TV, DVD, Cinema, Internet, ecc. influenzano la vita dei bambini, così come praticare sport in una società, suonare uno strumento, ecco. sono momenti educativi importanti, che però spesso sono del tutto in mano a privati che su queste offerte formative speculano e fanno profitti. Ecco allora la domanda: chi se li può permettere?

V’è inoltre il legame stretto che sussiste tra origine sociale ed origine etnica, rimarcato dal Sindacato Indipendente Studenti e Apprendisti (SISA) nel 2007, quando il Dipartimento Educazione Cultura e Sport (DECS) aveva ammesso cifre inquietanti circa la selettività che colpiva i ragazzi di origine straniera al termine della quarta media: dei circa 400 allievi spagnoli che terminano la quarta media, solo 51 li ritroviamo al liceo; dei circa 50 allievi turchi al termine dell’obbligo scolastico, continuano gli studi solo in 7. E l’elenco potrebbe continuare. Più che l’origine nazionale in tale occasione era la condizione socioeconomica famigliare a influenzare la scelta di continuare gli studi. Il ricercatore Mauro Donati, peraltro, nel 1999, dimostrò mediante uno studio che “ci vogliono un po’ meno di tre allievi di classe sociale superiore alla scuola media per ottenerne uno all’università cinque anni dopo. Ne devono partire invece circa 8 di classe sociale media per averne uno all’università, mentre ce ne vogliono 17 (quasi una classe!) di origine sociale inferiore per ritrovarne uno all’università”. Lo studio evidenziava anche come la scelta dei livelli (attitudinali o di base) nel secondo ciclo delle scuole medie non fosse del tutto basato su una questione di “attitudine” quanto di origine sociale. E’ abbastanza evidente, essendo i livelli A e B un fattore importante che consente o meno ad un ragazzo di accedere agli studi superiori: “Mentre le scuole medie superiori attingono a piene mani nelle fasce sociali elevate e in quelle medie, le formazioni con apprendistato reclutano una grossa fetta dei loro utenti ai piani inferiori della composizione sociale della popolazione”.

Aris Della Fontana

Coordinatore Cantonale Gioventù Comunista,

Movimento Giovanile del Partito Comunista.

Aris Della Fontana

Aris Della Fontana, di formazione storico, è stato coordinatore della Gioventù Comunista della Svizzera Italiana e dal 2012 è consigliere comunale a Pollegio (TI). Ha diretto la rivista marxista #PoliticaNuova.

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