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Cuba pone fine alla doppia valuta: l’affermazione della produttività socialista

Taluni turisti occidentali si recano a Cuba non solo per la bellezza dei luoghi tropicali, ma anche purtroppo con un atteggiamento ostile nei confronti del socialismo, ridicolizzando al loro ritorno le tante difficoltà che il popolo cubano vince dalla fine dell’Unione Sovietica, dimostrandosi ben più forte di tutte le aggressioni e dell’embargo che ancora subisce.

Il passaggio più delicato dopo la caduta dell’URSS

Agli albori degli anni ’90, la necessità di alleviare da un lato le difficoltà dei cittadini e di garantire dall’altro maggiori entrate allo Stato, in particolare dal turismo, ha indotto il governo cubano ad affiancare alla valuta nazionale, il peso cubano, una seconda valuta, il peso convertibile, detto CUC, il cui valore è di ventiquattro pesos cubani. Osservatori stranieri amici di Cuba si sono sempre mostrati perplessi e critici rispetto alla circolazione della doppia valuta e da un decennio (a partire dagli ultimi due congressi del Partito Comunista di Cuba) lo stesso governo cubano ha ammesso, in incontri privati come in pubblico, che la doppia valuta abbia rappresentato un errore, forse necessario, ma in ultima analisi inadeguato nel rispondere alle esigenze del Paese. Con un grande sforzo di elaborazione politica ed economica, l’attuale governo e il presidente Miguel Díaz-Canel hanno elaborato un piano, che procederà dal primo gennaio 2021, per l’eliminazione del CUC e il ritorno al solo peso cubano.

Questo delicato passaggio è stato oggetto di tentativi di aggressione esterna, ben sintetizzati dal segretario del Partito Comunista svizzero Massimiliano Ay: “Da alcune settimane in Europa l’estrema sinistra anti-comunista (in primis quella trotzkista) ha ricominciato con la propaganda contro Cuba, quasi ad augurarsi che il governo crolli. Pochi giorni fa poi gruppetti filo-statunitensi hanno persino tentato – naturalmente invano – di fomentare una micro-‘rivoluzione colorata’ all’Avana.”

Il segretario del Partito Comunista Cubano Raul Castro con il presidente Miguel Diaz-Canel.

Cercando di sintetizzare il grande processo di riforma economica e valutaria, analizziamo alcune implicazioni di questo storico passaggio per l’isola caraibica, partendo dalle parole del presidente Miguel Díaz-Canel, pronunciate in televisione il 10 dicembre 2020, in un discorso, con al suo fianco il segretario del Partito Comunista di Cuba Raul Castro: “dobbiamo trasformare il nostro modello economico e sociale per garantire ai cubani la maggiore uguaglianza di opportunità, di diritti, di giustizia sociale, non mediante l’egualitarismo, ma promuovendo l’interesse e la motivazione per il lavoro.”

Impossibile affermare il socialismo senza crescita economica

Il primo e più rilevante punto è quindi quello di proseguire nel progetto riformatore – iniziato proprio da Raul Castro nel 2010 – volto a sviluppare le forze produttive, nel solco dei migliori insegnamenti di Deng Xiaoping, che indica nella crescita economica l’essenza del socialismo, ovvero la sola garanzia per confermare i diritti sociali: casa, scuola, cultura, lavoro, salute.

Il secondo punto è il superamento del sistema della tessera annonaria, la cosiddetta “livreta”, ovvero dell’assegnazione automatica di alcuni prodotti pro capite con un libretto predefinito per ciascun cittadino. Questa parte di salario indiretto verrà corrisposta in pesos ai lavoratori e parallelamente ci sarà un aumento delle retribuzioni, che non saranno quadruplicate (come alcuni frettolosi commentatori hanno scritto), ma che assorbiranno appunto questa parte prima indiretta e in parte saranno concretamente incrementate, garantendo ulteriori aumenti corrispettivi a un miglioramento della produzione.

Sanare la frattura sociale generata dal CUC

La fine della doppia valuta non modifica gli scambi internazionali (sappiamo che da anni ad esempio l’esportazione di nichel pesa molto di più dello zucchero nella bilancia commerciale cubana), i quali si muovono con criteri e parametri differenti dalla valuta corrente, mentre certamente avrà alcune ricadute interne. Proprio questa è la maggiore preoccupazione, che scaturisce dalla piena consapevolezza del governo di quanto due valute abbiano in parte generato in questo quarto di secolo una frattura sociale abbastanza rilevante tra chi ha avuto accesso ai CUC e chi ha proseguito in piena dignità una vita in pesos cubani.

È con tutta evidenza chiaro che il governo cubano persegue un duplice obiettivo: ridurre gli introiti del variegato mondo che è in contatto con i turisti (affitti di case private, ristoranti, locali, svago e trasporto dei turisti stessi), procedendo anche in maniera definitiva a una tassazione che, tentata in questi anni, è sempre risultata aleatoria.

Il volume di ricchezza mosso da questo giro di affari è assolutamente considerevole: anche rispetto all’intero sistema economico tradizionale, il reddito di operai e contadini, dipendenti pubblici, dalla scuola alla sanità, è stato in questi anni, se paragonato ai ricavi del turismo privato, enormemente inferiore, generando alcune disparità che solo il profondo sentimento rivoluzionario del popolo cubano e la grande disciplina sociale sono riusciti a smorzare e contenere.

Non vi è da stupirsi se i nemici della Rivoluzione tenteranno di strumentalizzare la cupidigia economica di una parte di questo settore legato al turismo privato e dai convincimenti democratici scoloriti, per muovere, in nome della “libertà”, il sempre perseguito cambio di regime auspicato dall’imperialismo.

Il numero di turisti a Cuba è aumentato notevolmente nel corso degli ultimi decenni.

Due principalmente i modi per stroncare sul nascere tali tentativi: il primo è quello del necessario controllo e della piena regolamentazione di queste attività, sempre auspicata dal governo, ma fino ad oggi difficile da realizzare; il secondo è l’azione, sempre del governo, per evitare spirali inflattive e speculative.

Nel complesso quindi un passaggio al contempo storico e straordinario, da cui, vi è ampia certezza, il socialismo uscirà rafforzato, modernizzato e capace di futuro, volto a quello sviluppo delle forze produttive che tutta l’esperienza degli ultimi tre decenni ha dimostrato, dalla Cina all’Angola, di essere la pietra miliare del cammino di quelle nazioni che abbiano deciso di non rinunciare alle conquiste sociali del socialismo. Con ragione il segretario dei comunisti svizzeri Massimiliano Ay commenta: “È una sfida a cui i cubani sapranno rispondere con ancora più patriottismo, e quindi con ancora più socialismo!”

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.