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Il mio FAss 90 smontato…

Rivedo me stesso in grigioverde, inebetito, quando quel primo tenente di quasi dieci anni fa mi porse solennemente l’arma d’ordinanza. Al momento dell’istruzione me la fecero smontare per esercizio, poi, però io non la rimontai. Il giorno successivo mi spedirono a casa, “licenziato” sta scritto sul libretto di servizio, anzitempo: loro furenti, io tutto il contrario!

Quel FAss 90 che ho rifiutato, ora però mi viene propinato addirittura come un “valore” nazionale cui non si potrebbe rinunciare. Lo suggerisce una campagna propagandistica costata cifre che sicuramente un partito operaio non si potrebbe permettere neppure in sogno, ma l’uguaglianza di chances – lo sappiamo – non appartiene (ancora) al credo democratico del nostro Paese, dove la forma prende troppo spesso il sopravvento sulla sostanza.

Il fucile d’assalto che avevo lasciato smontato in quella camerata della caserma di La Poya oggi diventa nientemeno che pilastro della nazione e io, a questo punto, forse addirittura un potenziale traditore della patria. Eppure l’iniziativa “per la protezione della violenza perpetrata con le armi” che voteremo il 13 febbraio non chiede niente di scandaloso o di estremista. Semplicemente si propone di adottare una scelta tranquilla e razionale: il fucile militare appartiene agli arsenali e non agli sgabuzzini, alle soffitte o, peggio ancora, agli armadi in camera da letto.

Il fucile in arsenale piuttosto che in casa non impedirà né gli omicidi né i suicidi, ne sono cosciente: sono infatti cause sociali che stanno alla base di tali gesti. Tuttavia il fatto di non disporre di un’arma da fuoco a portata di mano, avrà perlomeno il beneficio di restringere l’accessibilità allo strumento di violenza. E già questo non è un male! Per chi, poi, sportivo, cacciatore, ecc. debba disporre di un’arma da fuoco si tratterà di iscriverla in un registro federale che permetterà di meglio tutelare la nostra sicurezza.

Sì, lo so: la mia arma personale non l’ho onorata, come pomposamente esclamò in uno stretto  quanto arrogante schwytzerdutch l’ufficiale che mi aveva ai suoi ordini. Lo ammetto il mio difficile rapporto con il FAss mi rende di parte, ma almeno ascoltiamo – questa volta – quegli ufficiali dell’esercito svizzero che hanno avuto il coraggio di dissociarsi dal capo delle forze armate Blattmann, il simpatico burlone che vede Italia e Grecia come nostri potenziali nemici. Certamente questi ufficiali non si stanno convertendo al pacifismo, hanno semplicemente in chiaro il fatto che la politica di difesa del XXI secolo considera del tutto anacronistico il mito del cittadino che in caso di invasione si mobilita fucile alla mano fin dal domicilio.

E’ compito dei veri patrioti, piuttosto che difendere un gingillo deposto folkloristicamente in un armadio, riuscire a mobilitare il popolo, affinché si unisca contro le ingenerenze dell’Unione Europea; affinché si unisca per difendere il servizio pubblico, fiore all’occhiello di una Svizzera che vogliono far sparire; affinché si unisca per tutelare il plurilinguismo malmenato, esempio culturale di una Svizzera che invece si piega ai dictat culturali americani. Ma, guarda caso, su questi valori nazionali dove il patriottismo avrebbe senso, la destra militarista non esiste, preferendo fare campagne per un’arma che prende polvere fra un corso di ripetizione e l’altro.

Massimiliano Ay

Massimiliano Ay è segretario politico del Partito Comunista (Svizzera). Dal 2008 al 2017 e ancora dal 2021 è consigliere comunale di Bellinzona e dal 2015 è deputato al parlamento della Repubblica e Cantone Ticino.

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