Il settimanale portoghese “Avante” ha intervistato José Reinaldo Carvalho, responsabile delle Relazioni Internazionali del Partito Comunista del Brasile (PCdoB) che prima del colpo di stato filo-USA era al governo del Paese in coalizione con il Partito dei Lavoratori (PT) di Dilma Roussef. Riproponiamo l’intervista tradotta in italiano dalla redazione di Marx21.it.
Un anno dopo la deposizione della presidente Dilma Rousseff, qual è la situazione in Brasile?
Il golpe che ha avuto il suo atto finale un anno fa non si è limitato a cambiare il governo, ma sta tentando di creare un nuovo regime: antipopolare, antioperaio, antidemocratico e antinazionale. E corrotto, dal momento che tutti i dirigenti del golpe sono coinvolti in episodi di corruzione. Così lo definiamo sulla base del programma che viene attuato.
Qual è questo programma?
La liquidazione dei progressi raggiunti a livello delle politiche pubbliche, della valorizzazione del salario minimo, della creazione di occupazione e previdenza sociale; la consacrazione costituzionale del congelamento per 20 anni della spesa pubblica; la riforma del lavoro, che revoca le conquiste storiche dei lavoratori… Ciò segna il carattere di classe del golpe, che è al servizio della grande borghesia monopolista e finanziaria. Ma questo programma ha anche un carattere antinazionale. Il Brasile ha riaperto indiscriminatamente la sua economia alla penetrazione del capitale monopolistico finanziario internazionale, con privatizzazioni che incidono soprattutto sulle ricchezze naturali. E ha revocato la politica estera indipendente, solidale e per l’integrazione del Brasile. Il governo di Michel Temer è impegnato a svuotare la CELAC e a trasformare il paese in una testa di ariete dell’attacco al Venezuela.
Di fronte alla situazione che hai appena descritto, quale soluzione propone il PCdoB ai lavoratori e al popolo?
La sinistra brasiliana afferma: “stiamo resistendo e lottando!”. Ci sono state grandi mobilitazioni contro il golpe e uno straordinario sciopero generale, ma la lotta di massa non ha sempre un andamento lineare, ha flussi e riflussi. Il PCdoB è impegnato nella creazione di un fronte di organizzazioni e movimenti democratici, popolari e patriottici, capace di unire tutti i brasiliani disposti all’unità attorno a obiettivi di vasta portata, come la sovranità nazionale, la pace, lo sviluppo, la conservazione delle conquiste sociali e l’avanzata verso nuove trasformazioni.
Questo processo ha in vista le elezioni?
Va oltre. Indipendentemente dalla battaglia elettorale dobbiamo creare questo movimento, il più coinvolgente e ampio possibile, per potere contrapporre alla forza del nemico, che è potente, la forza del popolo. Per quanto riguarda le elezioni, il quadro non è ancora definito: se Lula fosse il candidato, si avrebbe la capacità di unire vari settori; se egli fosse impedito a partecipare da condanne giudiziarie – il che, se dovesse succedere, sarebbe contrastato da un grande resistenza –, lo scenario sarebbe ancora imprevedibile. La costruzione di questo fronte potrà aiutare la costruzione di una soluzione politica.
Come si combinano queste battaglie immediate con l’obiettivo del socialismo?
La strada verso il socialismo passa attraverso la tappa che definiamo come la lotta per un progetto nazionale e democratico di sviluppo. Il Brasile è ancora un paese disuguale e ingiusto, con lo Stato che si regge su pilastri antidemocratici e collocato nella sfera dell’imperialismo. Le forze interessate a questo processo sono i lavoratori e la maggior parte delle forze vive della nazione, e da qui viene l’idea del fronte… Questa è la prospettiva del PCdoB e sappiamo che nulla si otterrà senza la lotta e l’affermazione del Partito Comunista e il suo radicamento.