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Locarno 70, la vittoria di Marco Solari

Con il Pardo d’oro alla del tutto non convincente video installazione “Mrs. Fang” del cinquantenne cinese anticomunista e francese d’adozione Wang Bing, già a Venezia nel 2010 con il brutto, noioso e politico “I dannati di Jabiangou”, sì è chiusa una delle edizioni del Festival meno riuscite per qualità della programmazione.

La giuria del Concorso internazionale presieduta dal regista Olivier Assayas ha dimenticato le due o tre opere rimarcabili, per esprimersi a favore di film molto discutibili, ma generosamente sostenuti – quattro su cinque tra i premiati – dal canale televisivo Arte.

Da molti anni reputo fondamentale l’importanza di inserire i documentari e la video arte nei concorsi cinematografici, la video arte tuttavia non è video installazione e la ricerca artistica non può significare scadimento delle interpretazioni, povertà e confusione di sceneggiatura, sciatteria realizzativa, dalla fotografia al montaggio.

Eppure questo Festival, il glorioso 70°, è stato un trionfo, un vero successo e un vincitore assoluto c’è, si chiama Marco Solari. Ha indubbiamente vinto lui.

Il pubblico pagante è aumentato in tutte le sale e in Piazza Grande, le proposte collaterali non cinematografiche son state anch’esse seguite e partecipate. La qualità dei film interessa poco, interessa molto di più che i film selezionati rispondano a una strepitosa e attentissima scelta volta ad accontentare produttori e distributori un po’ di tutto l’Occidente, i quali alla vetrina locarnese tengono molto.

Il pubblico non viene a vedere dei film, viene per partecipare a un evento, sia Piazza Grande, sia in una delle tante sale così come nel nuovo e scintillante Palacinema, sa che vedrà film di cui capirà poco o niente, opere che giudicherà stravaganti, pensando che sia per via di una scelta artistica, quando in molti casi si tratta solo di povertà realizzativa, ma sarà comunque contento, perché parte dell’evento.

Il Festival ha vinto e il cinema ha perso, ma ha ragione il presidente Solari, questo tipo di sottigliezze le notano solo le persone noiose, i cinefili brontoloni.

Il Festival dopo aver perso la parola “internazionale”, ha eliminato quest’anno la parola “film”, non avevamo capito il motivo, ora sì, si voleva portare a compimento la “decinemizzazione” del Festival e la sua trasformazione in un puro evento a cui chiamare alla partecipazione. Il pubblico soddisfatto voleva dire “io c’ero” ed è accorso per confermarlo, ha pagato e si è divertito molto – a esserci – quello che ha visto non è stato d’interesse, né per il pubblico stesso, né quasi più per nessuno. Ma queste appunto, sono solo noiosissime sottigliezze.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.