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Mauritania

RIM, è anche la traslitterazione del nome russo di Roma, ma in questo caso, tutta maiuscola, è la targa e la sigla internazionale della Repubblica Islamica di Mauritania, nazione governata dal presidente Mohamed Ould Abdel Aziz. Petrolio, gas, oro e diamanti, oltre che ferro e rame, garantiscono una buona attività estrattiva, affiancata da una agricoltura povera, sviluppata lungo le rive del fiume Senegal, principalmente riso e qualche verdura. Il resto del paese è deserto sahariano, cosparso da rada vegetazione, divorata da rari asini e mandrie numerose di cammelli e di capre. La Mauritania è terra di infinite distese di sabbia a volta rosse, a volte bianche, inframmezzate da poderose montagne pietrose. La vita modesta, ma serena e dignitosa, si fonda sulla garanzia universale del diritto alla salute e all’istruzione, in ogni città e villaggio bambini e ragazzi corrono di primo mattino nelle scuole, sulle quali sventola la verde bandiera nazionale con stella e luna crescente gialla. Intanto alcuni anziani fanno la fila presso i presidi sanitari. Già prima dell’alba il richiamo alla preghiera s’irradia dai minareti, spezzando le nubi spesse che velano il cielo, portate da forti venti che sollevano tempeste di sabbia e cancellano le poche e sparute stelle concesse dalla luna piena di fine marzo. I mauritani sono tre milioni e mezzo, mezzo milione vive in Europa e in altre parti dell’Africa e del mondo, un milione vive nella capitale Nouakchott, sulle rive dell’Atlantico, ma la popolazione cittadina è probabilmente il doppio, qui si concentra infatti larga parte dei due milioni di immigrati provenienti da tutte le altre nazioni dell’Africa centrale e occidentale in cui la vita è ben più dura, segnata da fame e guerra, solo chi qui non trova lavoro come pescatore o muratore prosegue il cammino verso Lampedusa. Sarebbe utile che l’Europa ricordasse come le prime nazioni ad accogliere gli immigrati siano proprio le nazioni africane, la Mauritana ne accoglie un numero pari ai due terzi della sua popolazione, nessuno in Europa è capace di tanto. Il porto peschereccio della capitale, che si dipana lungo chilometri di costa in riva a un mare cristallino, è un coacervo di barche di legno lunghe, strette e colorate e una umanità dantesca che si assiepa e si accalca sulla spiaggia tirando barche, riposando, mangiando, rappezzando reti, che verranno gettate e tirate a mano più tardi da muscoli forti e veri, figli di un lavoro al contempo faticoso e antico.

mauritania1Il Sahara è stato terra di scambi fin dall’antichità, nel Medioevo è ampiamente documentata la presenza dei genovesi, che tra l’altro dal XII secolo aprono nella città ligure una scrivania in lingua araba con uno “scriba”, così viene definito il professore, di “lingua saracinica”, nel 1267 sempre a Genova si apre una scuola araba. Un tempo di cui purtroppo si è persa la memoria. Nel deserto sorgono piccole città straordinarie, tra queste primeggia Chinguetti, che si pronuncia “Cinghettì”, antica oasi carovaniera e come tale luogo di commerci, ma anche di idee e ponte di conoscenza tra le culture. La cittadina è oggi patrimonio dell’UNESCO, perché qui si trovano le più antiche biblioteche del deserto, ne esistono oltre una ventina, cresciute all’ombra delle moschee e dei minareti, memoria di un tempo in cui la cultura e l’insegnamento sono stati il cuore della cittadina.

I libri sono antichissimi, alcuni dell’anno 480 dell’Egira, il 1080 occidentale, testi coranici e di riflessione teologica, ma non solo, data la vastità della produzione filosofica, scientifica e letteraria araba e islamica, opere provenienti da terre lontane, Siria, Palestina, Egitto, Turchia, molte dal Marocco, editate nelle stamperie di Fez, la città nella cui università una donna, Fatma el Firia, codificava il sistema di numerazione araba, di origine indiana, negli stessi giorni dell’anno egiriano 184, in cui Carlo Magno, analfabeta ancorché innamorato della cultura, si faceva incoronare sovrano del Sacro Romano Impero, occorreranno due secoli perché Gerberto d’Aurillac, fatto papa come Silvestro II un anno prima del mille, porti a Roma di ritorno dal soggiorno a Barcellona presso la corte del duca Borrell, la numerazione araba e gli studi astronomici, visti con orrore dagli oscurantisti cristiani. Altri due secoli saranno necessari perché lo sviluppo dell’attività mercantile convinca gli europei a lasciare la numerazione romana per la più pratica e veloce araba.

mauritania2Con Seif al Islam diventiamo subito amici, è un uomo straordinario, di profonda umanità, di vasta cultura. Bibliotecario, studioso, sufi, conosce i percorsi delle parole, dette e scritte, e del cuore, mi ricorda che il nome arabo della sua città è Sceneghità, ben più apprezzabile della traslitterazione voluta dai colonialisti francesi. Sceneghità è conosciuta in tutto il mondo arabo, fino al golfo persico e oltre, come settima città santa dell’Islam. Sief insieme a me sorride, Mecca, Medina, Al Quds – Gerusalemme e Bagdad, le prime quattro, Sceneghità la settima, benissimo, ma grande è il disaccordo sulla quinta e la sesta, Il Cairo, Damasco, Fez, ma anche la tunisina Kairouan, senza contare le sciite Qom, Mashad, Najaf e Kerbela. Dopo aver ammirato i meravigliosi libri di cui è custode, ci rechiamo insieme nell’antichissima moschea, dominata dall’imponente, solido, maestoso minareto di pietra. La moschea esternamente rassomiglia alle abitazioni circostanti, internamente è bianca, raccolta, con colonne tozze dalle basi lavorate, un tappeto di sabbia ramata la attraversa, i fedeli orgogliosi posano il capo per la preghiera su questo morbido manto sahariano, senza tappeti, senza decorazioni, nell’amore di un messaggio, quello musulmano, che qui mostra la sua essenza, capace di nutrirsi di dialogo, di rispetto reciproco, di fraternità tra i monoteismi.

Oltre Chinguetti – Sceneghità si estende il deserto che arriva a Timbuctù e procede oltre, terre devastate dalla violenza del terrorismo che vuole imporsi su secolari e pacifiche popolazioni, a partire dai Tuareg, le donne e gli uomini del deserto. Una violenza che ha in odio la cultura e probabilmente anche i libri qui conservati, simbolo di un Islam tollerante e plurale.

La sorridente pazienza delle donne e degli uomini, delle ragazze e dei ragazzi di queste dune sarà in ogni caso più forte di qualsiasi avversità, già in passato la centrale elettrica cittadina, costruita con i contributi per l’Africa della Libia di Gheddafi, è stata distrutta da un’azione dei sahrawi del fronte Polisario, che hanno pure disseminato molte mine, obbligando a lungo e faticoso lavoro di sminamento, ma come sempre gli abitanti di Chinguetti – Sceneghità sono stati più forti di ogni avversità e promettono di esserlo anche in futuro.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.