Importanti alti ufficiali dell’esercito turco, unitamente a giornalisti e accademici di prestigio, sono stati arrestati e condannati a partire dal 2008 nel quadro del processo “Ergenekon” che ha caratterizzato la politica interna della Turchia fino ad oggi. Erano accusati di aver lavorato per la rete eversiva Gladio e per la NATO con intenti golpisti per rovesciare con la forza il governo di Recep T. Erdogan.
Accuse che, nel silenzio tombale delle autorità europee e americane, erano apparse fin da subito come sorprendenti, visto che il partito governativo di Erdogan era legatissimo, perlomeno in quel periodo, a Washintgon. In pochi però fra i giornalisti occidentali hanno fatto caso a tale incongruenza e anzi non si sono posti problemi a contribuire a denigrare gli accusati come “estremisti di destra”.
In Europa, a mente nostra, solo il giornalista d’inchiesta Thierry Meyssan si era distinto a riguardo. A livello politico lo scenario è stato identico: il Partito Comunista della Svizzera Italiana diretto da Massimiliano Ay, come si legge in questa nota (link), fu infatti l’unica voce che, già nel 2013, aveva capito la posta in gioco e aveva espresso solidarietà ai prigionieri politici ritenendoli dei sinceri anti-imperialisti e non dei golpisti.
In effetti oggi appare chiaro che le persone arrestate e incarcerate per tutti questi anni più che essere legati a gruppi reazionari, fascisti ed eversivi, stavano lavorando non solo per allacciare relazioni più strette fra l’esercito turco e quello cinese, ma anche per costruire ponti fra la Turchia e l’Eurasia così da sostituire i vincoli di Ankara con gli USA e l’UE. Non a caso fra gli arrestati c’era anche Dogu Perinçek, presidente di un partito minore della sinistra d’ispirazione maoista e kemalista chiamato Vatan Partisi, di cui Sinistra.ch ha riferito in questo articolo (link).
Il 21 aprile 2016 la Corte suprema turca ha finalmente annullato l’insieme del processo e le relative 275 condanne politiche poiché tutto il caso “Ergenekon” non è stato provato e si è rivelato di fatto una farsa orchestrata a vantaggio della setta del magnate islamista turco-statunitense Fetullah Gülen che, da qualche tempo a questa parte, ha iniziato una guerra di potere contro Erdogan, giudicato troppo “patriota” per i piani imperialisti nella regione. Una dinamica, questa, che parzialmente era già stata descritta su Sinistra.ch nel 2014 con questo articolo (link).