L'autore Alberto Togni
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Io non sto con Uber

Il caso Uber sta sollevando scalpore in ogni angolo del globo. L’azienda, o meglio la multinazionale californiana, fornisce un servizio di trasporto automobilistico organizzato attraverso un’applicazione per smartphone che permette ad autista e passeggero di entrare in collegamento. Il profitto dell’azienda proviene da una percentuale prelevata sulla corsa che varia dal 20 al 30%. Il servizio ha subito ottenuto un enorme successo e si è espanso molto velocemente nelle principali metropoli mondiali al punto da operare oggigiorno in oltre 378 città del mondo.

Immediate sono state le rappresaglie dei taxisti, che accusano l’azienda di distruggere loro il lavoro grazie ai prezzi stracciati che il servizio permette. La lotta contro Uber e più in generale contro la sharing economy, riporta alla memoria quella dei Luddisti avvenuta 200 anni fa agli albori della rivoluzione industriale. Mentre i Luddisti combattevano il modo in cui la tecnologia veniva adoperata per lo sfruttamento piuttosto che per liberare i lavoratori, essi venivano categorizzati come semplici oscurantisti che temevano le nuove tecnologie. Lo stesso discorso viene portato avanti oggi nei confronti di chi si oppone a Uber e ai servizi analoghi. L’azienda e il suo servizio sono il progresso e chi si oppone è semplicemente tecnofobico. In realtà la questione è un po’ più complessa, ma pare che nessuno si stia seriamente interrogando su questo nuovo modello economico che va oltre ai trasporti privati.

La cosiddetta sharing economy, che viene tanto apprezzata da chi ne usufruisce, nasconde in realtà non poche insidie per i lavoratori e rischia di rivelarsi una pericolosa trappola. La direzione intrapresa è infatti quella della frammentazione occupazionale, dell’isolamento dei lavoratori e della progressiva diminuzione degli stipendi, unita alla totale assenza di una legislazione chiara in materia: i conducenti di Uber non sono impiegati della stessa ma a loro volta usufruitori dell’applicazione, privi quindi di qualsiasi tutela.

Contemporaneamente questo modello economico sta assumendo caratteristiche quasi medievali, con un manipolo di grandi aziende quali nuovi feudatari e una schiera di “contadini” che ne alimentano le rendite, assumendosi tutti i rischi e i costi di investimento. La lotta contro Uber quindi, non deve ridursi a una lotta contro le innovazioni tecnologiche, tutt’altro: essa deve essere una battaglia volta a sfruttare le stesse per distribuire meglio il lavoro e favorire la cooperazione. Quindi se da un lato non mi sento di stare con Uber, dall’altro sono invece certo di schierarmi a fianco di un paese in cui siano le istituzioni a saper sfruttare queste innovazioni garantendo così un servizio di qualità ma anche una tutela precisa e concreta di chi lo presta.

Alberto Togni, candidato al Municipio e al Consiglio comunale di Gordola

Alberto Togni

Alberto Togni (1994) è membro della Direzione del Partito Comunista (Svizzera) e consigliere comunale a Gordola. In passato ha ricoperto ruoli nel Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA).

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