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La Cina resiste, la Grecia crolla, i flussi migratori aumentano.

Quando ormai il torrido caldo estivo sembra essere svanito arriva il momento di rielaborare ed analizzare i principali avvenimenti mondiali, i quali, a causa delle tanto attese vacanze estive, molto spesso risultano essere stati o ignorati oppure mal compresi dalla maggioranza delle persone.

Non possiamo ovviamente non incominciare da due importanti eventi che hanno attirato l’attenzione dei nostri mezzi di informazione e di numerosi specialisti: il crollo delle due principali borse cinesi (Shangai e Shenzen) e la parata per il 70° anniversario della sconfitta del Giappone e della vittoria sul Fascismo.

Per quanto riguarda il primo tema, anche assai schematicamente, possiamo affermare che, a differenza dei desideri di molti commentatori occidentali, non siamo all’alba di un “1929 in salsa cinese”, dal momento che lo sgonfiarsi della bolla finanziaria non sembra aver avuto alcuna trasmissione sull’economia reale del gigante asiatico. A destare scalpore, soprattutto alle nostre latitudini, sono stati i tempestivi interventi straordinari adottati dal governo cinese, i quali sembrano aver messo in serio dubbio lo spirito “riformista” del presidente Xi Jinping.  In queste settimane a stemperare gli animi ci ha pensato lo stesso primo ministro cinese Li Keqiang, il quale ha più volte rassicurato sullo stato di salute dell’economia cinese, in ogni caso alle prese con lo spinoso problema del rallentamento dei ritmi di crescita economica dovuto a un riequilibrio del modello di sviluppo in direzione di un aumento dei consumi interni.

In relazione alla sfilata militare, boicottata dalla maggior parte dei governi delle nazioni occidentali come già avvenuto per quella russa, vogliamo sottoliniere che a nostro avviso non si è trattato solamente di una mera dimostrazione di potenza, ma segna l’emergere ormai di una nazione matura che non può più essere ignorata o messa arrogantemente in secondo piano dai paesi dell’Europa occidentale e dagli Stati Uniti.

Un altro avvenimento che in questi mesi ha catturato l’interesse generale, ed in particolare delle forze di sinistra del nostro continente, sono state le dimissioni del governo greco di Alexis Tsipras dopo la sottoscrizione del Terzo Memorandum imposto dalla Troika. Decisione presa dopo l’esito del referendum popolare che, per completezza di informazione i comunisti greci del KKE, da sempre critici verso il governo SYRIZA-ANEL, avevano invitato a respingere come ingannevole, aveva a larga maggioranza (circa il 60%) respinto le richieste dei creditori. In un nostro precedente articolo avevamo già messo in evidenza i punti deboli del programma riformista del maggior partito di sinistra greco e della sua illusoria aspirazione di una trasformazione della UE. In quell’occasione però avevamo coscientemente evitato di dare un giudizio definitivo aspettando il maturare degli eventi, il quale dopo questo l’ennesimo accordo capestro si delinea in modo chiaro come assolutamente non positivo. Tutto ciò, nelle nostre speranze, dovrebbe servire quantomeno ad aprire un reale dibattito tra le forze che aspirano a una trasformazione della società sulla natura di classe dell’Unione Europea,  ma con la consapevolezza che “l’europeismo di sinistra” non può più rappresentare una reale alternativa rispetto alle forze borghesi e reazionarie.

Come conseguenza di tale situazione si è avuta inoltre la rottura dell’unità di SYRIZA con l’uscita della “Piattaforma di Sinistra” e la costituzione di un nuovo soggetto politico “Unità Popolare”, guidato dall’ex ministro Lafazanis. In ogni caso solamente le elezioni anticipate del 20 settembre ci potranno far capire con certezza la volontà del popolo greco, fino ad allora l’unico elemento quasi certo sembra essere il crollo dei consensi di SYRIZA e del suo leader Tsipras.

Come ultimo punto sentiamo la necessità di attirare l’attenzione di quante più persone sui rapidi sconvolgimenti che stanno interessando l’Est Europa. Ad occupare una posizione di primo piano è la situazione ungherese e i provvedimenti anti-immigrazione adottati dal presidente anticomunista Viktor Orban, definito erroneamente il “Chavez Europeo”. Cristallina risulta essere la differenza tra l’uomo politico magiaro, che ha fatto del populismo nazionalista la sua bandiera elettorale non andando però ad intaccare il sistema di sfruttamento capitalistico imposto dopo la fine del socialismo, e il defunto presidente venezuelano, il quale al contrario ha caricato il peculiare patriottismo sudamericano di contenuti internazionalisti funzionali a una profonda trasformazione degli assetti economici e sociali.

A dimostrazione di quanto detto dopo aver costretto il locale partito comunista a cambiare nome e simbolo ha stabilito la costruzione di un muro al confine con la Serbia, decisione che gli è valsa la fama internazionale e l’appoggio dei gruppi più razzisti e xenofobi, per impedire l’ingresso nel paese di migranti. Tutto questo avviene in contemporanea, e nel più totale silenzio degli uomini politici o di personalità occidentali sempre così attente alle violazioni dei diritti umani nel mondo, con i continui arresti di militanti e dirigenti comunisti in Ucraina non da ultimo il caso di Sergej Gordienko.

Dinnanzi all’irreversibile emersione di un mondo multipolare in grado di porre un freno all’egemonia statunitense non possiamo comunque appisolarci, al contrario sentiamo la necessita di chiamare alla lotta ora e sempre tutti i veri democratici contro le nuove forme di rinascita fascista in qualunque luogo esse si manifestino.

Fabio Scolari

Fabio Scolari

Fabio Scolari, classe 1995, dopo aver conseguito la maturità liceale, studia attualmente sociologia a Milano. Oltre a Sinistra.ch, collabora anche alla redazione del mensile “Voci del Naviglio”. E’ membro del direttivo dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI) di Trezzano.

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