Angela Osorio Rojas e Santiago Lozano Alvarez realizzano un film straordinario, suggestivo e pieno di emozioni: “Siembra”, ovvero “semina”, girato tra i desplazados di Calì, vittime della violenza del governo colombiano, profondamente legato all’imperialismo a stelle e strisce e impegnato in una costante serie di provocazioni ai danni delle nazioni confinanti, le quali, al contrario della Colombia, hanno scelto per i loro popoli la giustizia, la libertà e l’uguaglianza del socialismo bolivariano.
I desplazados, ridotti in povertà, costretti alla marginalità nelle periferie urbane, vivono della miserevole assistenza pubblica e dell’elemosina delle parrocchie, sono campesinos dell’entroterra costretti ad abbandonare le loro case per lasciare il campo ai paramilitari filogovernativi che si accaniscono contro i guerriglieri marxisti delle FARC.
Il film è scritto, montato e interpretato con strepitosa qualità, in un bianco e nero tutto latinoamericano, tanto vivido, vivo e vitale da sembrare colorato, in particolare quando le immagini indugiano tra le chiese e le strade attraversate dal carnevale che porta con sé già i poderosi segni dell’incipiente quaresima, evocando potentemente l’Ejzenštejn di “Que viva Mexico!”.
“Siembra” è capace di declinare con tatto il dolore dell’essere umano, narrato attraverso la bellezza meravigliosa e straziante di una fotografia che esalta con sincera dignità le povere cose, i mesti oggetti della quotidianità dei desplazados: l’immagine sacra, le piante nel vaso, le amache strette tra i legni cadenti di catapecchie violentate ogni giorno dalle torrenziali piogge tropicali.
La violenza, poco esibita e poco visibile nel film, ma percepita in ogni fotogramma, anche quando i più giovani si abbandonano ai ritmi forsennati della musica, prende allora il sopravvento, mentre le donne e gli uomini resistono in silenzio, capaci, come ricordava Primo Levi, di formare al contempo quei sommersi e salvati a cui è negata ogni speranza.
Ecco allora un padre, la semina, la terra, un figlio, la speranza. I fili che si recidono. Tutto finisce e tutto è negato, tanto alla terra come all’uomo, in un tragico, plumbeo presente in cui è cancellato il passato e al contempo è soffocato il futuro. Un mondo, la Colombia di oggi, in cui è impossibile rintracciare i segni di un possibile riscatto.