Animale è un termine che affiancato a esseri umani o paesi crea immediatamente un’immagine bruta, istintuale, rozza, ignorante. Il termine animale, proveniente dal latino, in realtà significa etimologicamente “che dà vita, animato”. Dotato per definizione di anima – e inevitabilmente emozioni e sentimenti – nonostante i dibattiti ecclesiastici sull’effettiva presenza negli animali.
L’anima profondamente attaccata alla propria terra dell’iniziale (e reale) protagonista della vicenda, Tommaso Cestrone, noto come “l’angelo di Carditello” per il suo impegno volontario nel ripulire l’esterno della Reggia di Carditello da rifiuti abusivi ed erbacce. Siamo nella terra dei fuochi (termine negativo che, come ricorda lo sceneggiatore Maurizio Braucci, andrebbe abbandonato), dove questa reggia borbonica settecentesca è circondata da discariche abusive legate all’attività criminosa della camorra, e depredata dei suoi beni da organizzazioni e piccoli criminali. Un impegno gratuito e volontario per incidere concretamente nella realtà, tanto che prima di morire d’infarto a 48 anni il 25 dicembre 2013 Tommaso era stato vittima di episodi intimidatori da parte della Camorra: bombe carta in azienda, macchina bruciata, pecore uccise. Villa che, solo dopo la morte di Cestrone, è stata acquistata dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Un’Italia che si cura dei problemi privi d’interesse politico ed economico, come troppo spesso accade, solo in seguito a morti o tragedie collettive. Una nazione alla deriva, ma con un’anima che si rivela in cittadini semplici e umili che cercano di migliorare le condizioni proprie e collettive.
Il film parte qua, dalla morte di Tommaso che lascia in eredità un piccolo di bufalo svezzato troppo presto – condannato, senza cure, a morire di fame – al pastore Gesuino, che lavora nella Tuscia (una regione dell’Alto Lazio). Il viaggio di Sarchiapone, così è chiamato il giovane bufalo, è intrapreso assieme a Pulcinella, figura che nella tradizione rappresenta l’intermediario tra vivi e morti, servo sciocco che esegue ordini a lui non comprensibili. Cosa che farà, pur con estrema cautela e dolcezza, fino al momento in cui realizzerà a cosa sta conducendo Sarchiapone, in una bellissima metafora dell’odierna parabola del migrante che per scappare dall’abbandono e dalla fame si getta in braccia probabilmente peggiori. Qui sta l’atto politico di Pulcinella, togliersi la maschera e agire, smettendo di eseguire ordini e lottando da uomo umile e comune, come era davvero Tommaso Cestrone. Nonostante la struggente fine, vi è una speranza: Sarchiapone va a morire, ma pulcinella continua a vivere come uomo migliore. Anche se non può più parlare con il bue come quando indossava la maschera, è venuto al mondo reale come uomo, ponendo fine alla fiaba e cominciando a incidere davvero nella realtà.
Un film complesso nella sua apparente semplicità, carico di metafore della condizione umana e animale nell’Italia di oggi, stritolata nella morsa della posizione dei tanti in un sistema che favorisce pochi. Un Paese scosso dalla migrazione in entrata (e dall’incapacità politica di affrontarla e risolverla), cui va affiancato l’importante fenomeno di spostamento interno e a quello in uscita, in un caos dove il rapporto tra uomo e natura è sconvolto dai ritmi produttivi e dalle logiche dell’attuale sistema. La scelta di raccontare il Bel Paese attraverso gli occhi dei pastori, anime di un passato in realtà estremamente attuale, è quanto mai azzeccata. La componente contadina è, infatti, ancora estremamente importante nella propria economia, un settore tuttavia dilaniato da condizioni di lavoro e di vita pessime dovute alle logiche di mercato, e da infiltrazioni della criminalità organizzata.
Il racconto di questa realtà è estremamente delicato ma incisivo, e viene saggiamente affidato a chi è esterno alle logiche del sistema, Sarchiapone in questo caso, che osserva con sguardo diverso, ma pur sempre da schiavo come tanti altri, quanto accade nella realtà italiana. “In un mondo che ci nega un’anima, essere un bufalo è un’arte”.
Simone Romeo