L’inno svizzero e la sinistra ticinese in Granconsiglio

In occasione della cerimonia di insediamento del nuovo Granconsiglio è risuonata (senza le parole, invero abbastanza imbarazzanti) la melodia dell’inno nazionale svizzero. 89 deputati su 90 si sono alzati in piedi, fra di essi tutto il gruppo socialista e anche il parlamentare comunista Massimiliano Ay. L’unico che è rimasto invece seduto è stato il deputato troskista Matteo Pronzini.

Internazionalisti, non cosmopoliti

11265587_1106706676023314_1990754992623867402_nAttaccato dal giornale leghista “Il Mattino della Domenica” per questo suo gesto provocatorio, Pronzini ha giustificato su Facebook la sua scelta in quanto: “il proletariato non ha confini! Il mio mondo è diviso tra sfruttati e sfruttatori, tra padroni e salariati”. Più complessa l’impostazione di Ay, che è pure membro di comitato della “World Anti-Imperialist Youth Union” attiva proprio in ottica internazionalista, il quale precisa: “i comunisti sono internazionalisti ma non sono cosmopoliti: sia in Marx che in Lenin permane infatti la distinzione nazionale, favorendo però la cooperazione e la solidarietà contro l’imperialismo”. Chi ha ragione? Tutti e due, dal loro punto di vista. Semplicemente Ay segue la tradizione marxista del Partito del Lavoro che ha sempre difeso la sovranità popolare e la neutralità svizzera, mentre Pronzini si rifà alle concezioni della cosiddetta “rivoluzione permanente” troskista.

“Il proletariato si elevi a classe nazionale”

Nel suo breve saggio “Togliatti, Gramsci, Lenin” l’editore marxista italiano Alessio Arena scrive come sia interessante notare che già nel Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx ed Friedrich Engels “accanto all’affermazione della natura internazionale della lotta proletaria sia contenuta l’affermazione che «poiché il proletariato deve conquistarsi prima il dominio politico, elevarsi a classe nazionale, costituirsi in nazione, è anch’esso nazionale, benché certo non nel senso della borghesia»”. E Palmiro Togliatti (in: Scritti su Gramsci, Editori Riuniti), storico segretario dell’ex-Partito Comunista Italiano , il più grande dell’Occidente, ricordava come le condizioni del mondo capitalistico, giunto alla fase dell’imperialismo, “creano le premesse generali della rottura rivoluzionaria, ma che in ogni paese la rottura ha le sue premesse particolari”, premesse che derivano proprio dalla sua storia nazionale! Mentre lo storico rivoluzionario cinese Liu Shaoqi ricordava come “il patriottismo genuino delle masse proletarie in tutti i paesi non è in contraddizione con l’internazionalismo proletario”: poiché questo sentimento di appartenenza “non ha nulla a che fare con i pregiudizi nazionali come l’isolazionismo, il razzismo,…” ma al contrario “rispetta l’uguaglianza delle altre nazionalità e ha la speranza di realizzare i migliori ideali umani nel proprio singolo paese e nel contempo difendere l’unità di ogni nazione”.

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