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Last call, un film involontariamente tragico

Regala un grande disagio la visione del film “Last call” di Enrico Cerasuolo, stretto tra banalità involontarie e un tono generale che rasenta il trionfalismo, quando il film stesso invece è la più clamorosa condanna di tutti i protagonisti.

È comunque un film interessante, pur nell’andamento noiosamente retorico, perché regala con chiarezza l’idea di quanto sia disastroso essere dei buoni scienziati, anche in buona fede, ma privi di qualunque coscienza politica. A suo modo il film ci fa capire come chi ha inventato la bomba atomica non si rendesse conto di quello che stesse facendo. Gli scienziati in questione vengono reclutati nel 1968 dai più illuminati capitalisti dell’Occidente amici del dirigente FIAT e partigiano Aurelio Peccei perché, partendo dall’ovvietà allora poco evidente che non può esistere uno sviluppo e una crescita infinita in un pianeta finito, in cui la terra più di tante persone non può ospitare e di tanto cibo non può dare e in cui petrolio, uranio e tutti gli altri minerali sono al limite della scomparsa, spiegassero l’impossibilità di una crescita permanente e illimitata. Raccoltisi nel Club di Roma, gli scienziati producono il libro “I limiti dello sviluppo”, che immaginano salverà il mondo e nelle intenzioni politiche di chi li faceva lavorare su questo tema, avrebbe convinto il capitalismo ad autocorreggersi.

Ma questi poveri scienziati e chi li pagava non si rendevano conto che la vera dittatura assassina e sterminatrice che sta ammazzando la specie umana è il capitalismo, di cui la farsa elettorale-finto-democratica è solo una inutile appendice alimentata dal consumismo. Gli scienziati infatti non dicono una parola sullo sfruttamento di materie prime energetiche e alimentari del sud del mondo, non una parola sul sistema capitalistico – consumista (se non uno di loro che se ne accorge, poveretto, 40 anni dopo), che garantisce in tutto l’Occidente la prosecuzione di politiche volte alla distruzione del pianeta. Non hanno capito questi scienziati che se nel 1972 i consumi erano già esagerati, fatto vero, dovevano almeno e comunque raddoppiare per il sud del pianeta, condannato allora a pane e acqua e avrebbero dovuto diminuire di molto in Occidente. Le loro proposte si sono risolte in modeste correzioni del capitalismo, attraverso le energie alternative, anzi, quando li accusavano di essere comunisti che volevano pianificare i consumi, come sarebbe stato necessario allora e oggi, si schernivano e negavano risentiti, “per carità non siamo comunisti”. Le loro analisi, tutte fondate, si sono sempre scontrate con una realtà in cui i presidenti statunitensi, tutti, anche quelli democratici che il film erroneamente e in maniera del tutto fuorviante cerca di ammantare come migliori dei repubblicani, le rendevano inutili, per un clamoroso errore d’ignoranza politica.

Il mondo corre verso il collasso ecologico e non vi è alcuna alternativa, anzi il capitalismo-consumismo dallo scioglimento dei ghiacci polari, dalla Groenlandia alla tundra russa, ha una boccata d’ossigeno, trovando nuove terre da trivellare per trovare petrolio e altri minerali. Scienziati meno confusi di quelli presentati dal film hanno spiegato come l’uomo stia realizzando una nuova estinzione di massa, la prima realizzata dalla specie stessa che sta provocando tale scomparsa: l’uomo. Tuttavia per la terra non è un problema, altre volte, per l’arrivo di meteoriti, si è realizzata la scomparsa dell’80% degli esseri viventi e delle piante. L’attuale estinzione porterà alla scomparsa dell’uomo, un animale così poco intelligente da essere vissuto su questo pianeta un periodo talmente irrisorio, 5 milioni di anni rispetto agli otto miliardi del pianeta, da rappresentare una parentesi del tutto insignificante nella storia della terra. Peccato l’uomo nella sua stupidità si reputi immortale, invincibile e, ancor peggio, il centro dell’universo. Gli scienziati raccontati dal film sono persone di buon cuore e di nessuna capacità di incidere nella realtà, totalmente incapaci di capire che il capitalismo è l’origine della distruzione e che solo il socialismo potrebbe essere l’unica esile speranza di sopravvivenza. Ma probabilmente è troppo tardi.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.

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