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I tragici sviluppi mediorientali della guerra mondiale del petrolio

La guerra mondiale del petrolio, iniziata con la studiata manovra che ha portato al crollo del prezzo del barile di greggio condotta da sauditi e statunitensi alla fine del 2014 contro Russia, Iran e Venezuela sta procedendo non solo con devastanti problemi economici per le nazioni oggetto dell’aggressione, ma sta anche associando studiate provocazioni armate. Contro il Venezuela il presidente a stelle e strisce promuove colpi di stato e sabotaggi economici, contro la Russia alimenta la guerra del governo fascista ucraino nel Donbass, contro l’Iran, non potendolo aggredire direttamente, fomenta l’odio antisciita e la violenza contro gli sciiti nel mondo. Ogni giorno in Pakistan bombe dilaniano case e quartieri sciiti, uccidono uomini, donne e bambini. A gennaio sono stati gli israeliani e uccidere alcuni libanesi, sulle alture del Golan, là dove Siria, Libano e Israele confinano.

Nel settembre 2012 ero in Libano per onorare i caduti di Sabra e Shatila, nel trentennale della strage, e gli amici di Hezbollah mi hanno accompagnato su quel confine. Ricordo i miei sentimenti, di stupore e di bellezza per una terra uguale di colline e ulivi che non meriterebbe divisioni e il dolore per la morte che attanaglia quella terra spaccata dal filo spinato. Proprio un convoglio di Hezbollah è stato oggetto dell’aggressione israeliana, nei pressi di Quneitra il 18 gennaio 2015. È incredibile, perché Hezbollah combatte contro le bande jihadiste e le organizzazioni estremiste sunnite contrarie al governo di Damasco. Il problema è che Tel Aviv non solo continua a preferire gli integralisti islamici al governo legittimo siriano, ma addirittura nel Golan, proprio nella zona di Quneitra, ha introdotto in funzione antisiriana i jihadisti del Sinai, i più grandi mercanti internazionali di organi umani, che espiantano dai migranti provenienti dall’Eritrea e della Somalia. Tale gruppo jihadista, contraddistinto dalla solita bandiera nera, noto come “Ansar Beit al Maqdis”, nome che si può tradurre in “Sostenitori di Gerusalemme”, ha come progetto la creazione dal Sinai alla Siria di un califfato islamico di orientamento sanguinario. L’ambasciatore israeliano a Washington fino al 2013, lo storico Michael Oren, ha affermato che l’obiettivo di Israele è la partenza di Assad e che per conseguirla il governo Netanyahu non sì è posto e non si pone scrupolo di sostenere anche tali estremisti, in accordo con la Giordania e gli Stati Uniti. Il governo siriano ed Hezbollah invece si battono contro tali pericolosissimi integralisti. Per altro gli iraniani hanno sempre apertamente confermato in tutte le istanze internazionali che alcuni loro uomini si trovano in Siria, al fine di garantire un contributo tecnico all’esercito regolare siriano, tanto che i sei uomini di Hezbollah uccisi dagli israeliani, tra cui i comandanti Jihad Mughniyeh e Abu Issa, sono stati onorati a Teheran pubblicamente, insieme al generale iraniano Mohammad Ali Allahdadi che li accompagnava.

Altro fronte aperto di questa guerra mondiale è quello yemenita. Nel 1991 lo Yemen socialista, la Repubblica del Sud, è stata consegnata da Gorbaciov nelle mani del dittatore filo-occidentale dello Yemen del nord Ali Abdullah Saleh, che per un ventennio ha straziato la popolazione. Poi nel 2011, con lo sviluppo delle sollevazioni popolari nel mondo arabo, anche gli yemeniti e in particolare la metà della popolazione di sentimenti sciiti, aderente allo zaydismo, si è ribellata. Il nuovo governo tuttavia, presieduto dal presidente Abdu Rabdu Mansour Hadi, imposto dai sauditi e dell’Occidente, già stretto collaboratore del dittatore, proseguiva le pessime politiche antisociali del tempo di Saleh e permetteva l’organizzarsi di gruppi qaedisti. Tale situazione ha portato gli sciiti a difendersi, contrastando una situazione sempre più drammatica e pericolosa. Il gruppo “Ansar Allah”, ovvero partigiani di Allah, già attivo da anni sotto la guida di Abdul Malik al-Houthi nella Resistenza contro la dittatura, ha allargato le sue file anche a molti sciiti che non avrebbero mai immagino di passare al confronto militare diretto contro gli integralisti e gli uomini della dittatura. Gli statunitensi hanno al momento lasciato lo Yemen, a loro dire ciò complicherà la lotta contro l’integralismo, secondo gli sciiti yemeniti invece la favorirà, visto che, neppure troppo velatamente gli statunitensi hanno sostenuto tali gruppi integralisti in accordo coi sauditi, tanto che “Ansar al-Sharia”, il gruppo qaedista yemenita controlla ancora stabilmente alcune basi militari nella zona meridionale del paese.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.

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