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L’assassinio di Zeki Ön. I comunisti turchi e curdi lo ricordano a Gaziantep 35 anni dopo.

Il movimento operaio è purtroppo pieno di martiri che hanno pagato con la vita i loro ideali coerenti per la giustizia sociale e l’uguaglianza. Molti di loro vengono anche in fretta dimenticati. E’ stato così anche per il rivoluzionario Zeki Ön, freddato il 3 luglio 1979 a Gaziantep, nel sud-est della Turchia.

Zeki Ön, l’avanguardia di Gaziantep

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Sulla tomba la stella comunista con “Pace, unità e libertà”

Nato nel 1946, di professione insegnante, si era schierato con i comunisti già durante l’adolescenza ed era noto per il suo grande impegno nel TÖB-DER, il sindacato di classe dei docenti e dei lavoratori dell’educazione. Ma Zeki Ön era attivo anche in politica, in qualità di segretario regionale della Federazione di Gaziantep del Partito Operaio e Contadino di Turchia (TIKP). Eroico in particolare nella sua lotta contro gli “aga”, i signorotti feudali curdi protetti dal governo statunitense, il quale impedì drasticamente ad Ankara, quando al governo vi era il socialista Bülent Ecevit, di attuare la necessaria riforma agraria. I suoi compagni di un tempo ricordano il militante Ön come una persona che “amava il suo popolo a prescindere dalle diversità etniche e religiose e lottava per l’unità popolare contro i nemici esterni”.

Il partito della Rivoluzione

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Congresso del TIKP, 1980

Il TIKP era una formazione marxista-leninista di orientamento maoista molto radicata nella classe operaia e guidata da Dogu Perinçek. Vicina al pensiero del leader cinese Mao Zedong, il partito assunse tuttavia una posizione critica sugli eccessi della Rivoluzione culturale maoista. In seguito sostenne le riforme economiche introdotte in Cina da Deng Xiaoping restando così amico del Partito Comunista Cinese e contestando invece la linea politica dell’allora Unione Sovietica. Il TIKP sviluppò una strategia rivoluzionaria secondo cui per rendere la Turchia un paese socialista, occorreva anzitutto dare avvio a una fase di transizione, cosiddetta di “Nuova democrazia”, basata sulla liberazione nazionale, al fine di emancipare il Paese dal dominio economico e politico statunitense che lo controllava. Da qui la necessità di unire la classe operaia e i contadini di tutte le etniee che abitavano in Turchia con la piccola borghesia nazionale seguace del pensiero del fondatore del Paese Mustafa Kemal Atatürk per contrastare l’alta borghesia collusa con il capitale estero. Il carattere di massa che il TIKP stava acquisendo fra il proletariato e la capacità organizzativa dei suoi leader nelle lotte sociali e dei braccianti preoccupava i poteri forti di Ankara che in combutta con i “colonizzatori” statunitensi iniziarono la repressione, sanguinosa, che culminò il 12 settembre 1980 con il golpe fascista comandato dal generale Kenan Evren, che vietò tutti i partiti politici, arrestò numerosi dirigenti del TIKP e condannò a morte un numero elevato di comunisti. Il TIKP vide la luce nuovamente solo verso la fine degli anni ’80 quando ne fu deciso lo scioglimento per dare avvio a un partito più ampio che sapesse unire compagni di altre esperienze e che oggi è il Partito dei Lavoratori (IP, nel 2015 rinominato “Vatan”).

L’estrema sinistra contro i comunisti

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“Gli assassini sono i seguaci di Apo” titola il giornale comunista Aydinlik

In quegli anni i comunisti in Turchia, sia turchi sia curdi, erano accerchiati: i loro nemici si trovavano (naturalmente) a destra fra i gruppi fascisti e paramilitari e nello stesso esercito che era ormai del tutto nelle mani della NATO, ma gli avversari forse più agguerriti erano alla loro “sinistra”. Ad assassinare Zeki Ön fu infatti un’organizzazione estremista autodefinitasi addirittura “maoista” ma in realtà controllata dai servizi segreti di Ankara e di Washington: il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) diretto da Abdullah “Apo” Öcalan, che teorizza(va) il separatismo etnico dei curdi dai turchi e la fine della Repubblica kemalista sorta nel 1923 dalla lotta anti-colonialista. Uccidere Zeki Ön, così come altri due suoi compagni aderenti al TIKP, era quindi “necessario” per impedire ai curdi di fraternizzare con i turchi e indebolire drasticamente il movimento comunista unitario del paese, dividendolo non più solo su base ideologica ma ora anche etnica. Nel 1984 questa strategia si acutizzò ulteriormente con la decisione del PKK di imbracciare le armi contro lo Stato turco compiendo attentati contro i servizi pubblici, le scuole e le sedi dei partiti di sinistra accusati di essere “nazionalisti”. L’obiettivo di costruire un “Kurdistan” indipendente spaccando la Turchia, oggi, si è venuto a sapere essere da anni uno dei piani geopolitici per la regione, sia del Pentagono sia del regime sionista.

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