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Curugutay, quasi due anni dopo

A quasi due anni dal massacro di Curuguaty, per la prima volta l’Istituzione incaricata della riforma agraria in Paraguay, l’INDERT, ha rivendicato pubblicamente che le terre nelle quali avvenne il sanguinoso sgombero sono dello Stato paraguaiano. Il massacro di Curuguaty ha lasciato un pesante saldo umano e politico: 17 morti a Marina Kué, 14 prigionieri politici, decine e decine di profughi, torture, persecuzioni ai contadini che rivendicarono quelle terre alla potente famiglia Riquelme. Fu inoltre la scusa per destituire il governo di Fernando Lugo.

Dopo una lunga lotta della Commissione dei famigliari delle vittime di Marina Kuè, dei prigionieri politici e di molte organizzazioni, l’INDERT ha preso una posizione chiara ed importante. Nel 1967 queste terre, circa 2000 ettari, furono donate dall’impresa La Industrial Paraguay allo stato che le accettò e le fece occupare fino al 1999 dalla Marina.

Lo Stato non finalizzò mai la scritturazione della proprietà. Quando la Marina si ritirò le famiglie contadine iniziarono le pratiche con l’INDERT per farsi assegnare la terra. Senza alcun risultato e nel 2005 iniziarono delle occupazioni per accelerare il processo di aggiudicazione. Nel frattempo il giudice di Curuguaty, José Benitez, con una manovra fraudolenta ordinò l’assegnazione della terra all’impresa Campos Morombí SA di proprietà di Blas Riquelme escludendo dal giudizio lo stato paraguaiano.

Tra l’altro per un errore dell’avvocato dell’impresa il numero della sentenza si riferiva ad un altro podere. Questo ha impedito a Campos Morombí di accedere legalmente al titolo di proprietà di Marina Kué. Nonostante questo ad ogni occuoazione di terra da part dei contadini che reclamavano che le terre venissero assegnate alla riforma agraria Blas Riquìelme ottenne dal giudice ordini di sgombero. Questo accadde anche il 15 giugno del 2012 quando i contadini chiesero di vedere le carte legali che dimostravano che Campos Morombi era la propietaria.

La terribile repressione che colpì famigliari delle vittime, sopravissuti e prigionieri non fu un ostacolo peché questi rinunciassero alle legittima richiesta che Marina Kué fosse destinata alla riforma agraria ed assegnate alle famiglie dei campesinos assassinati. Mentre 14 campesinos erano in prigione accusati di un massacro di cui erano vittime, lo stato paraguaiano continuava un’ azione giudiziaria contro la famiglia per la titolarità delle terre.

A giugno 2013 nel primo anniversario del massacro lo stesso presidente del Paraguay, Federico Franco, chiese pubblicamente alla famiglia Riquelme (Blas Riquelme morì nel settembre del 2012) di abbandonare la causa per le terre in quanto esisteva sufficiente documentazione che provava la proprietà dello stato di Marina Kué. Naturalmente questa dichiarazione non cambiò la condizione dei 14 prigionieri che continuarono a restare in prigione accusati oltre che del massacro di invasione di proprietà privata e di associazione criminale per averlo fatto.

Ora da una parte il rappresentante della famiglia Riquelme, Victor Peña ha avanzato l’illogica pretesa dei suoi rappresentanti di donare le terre di Marina Kué allo stato a patto che non siano destinate alla riforma agraria ma ad una riserva forestale. Illogica ed assurda proposta in quanto i Riquelme donerebbero allo stato terre che non sono di loro proprietà, pretendendo che non vengano assegnate ai contadini.

Non è poi chiaro con quali procedure e carte può esser realizzata una donazione di qualcosa che non si possiede. D’altra parte Justo Cardenas, presidente dell’ INDERT ha rivendicato con convinzione e forza una soluzione integrale del caso che implichi :

• La definizione che Marina Kué è dello stato.
• L’assegnazione di Marina Kué ai contadini della zona.
• Le azioni giudiziarie che pesano sui prigionieri per il caso Curiguaty.

Se la soluzione sarà questa, potrebbe cadere l’accusa del pubblico ministero l’accusa di invasione di proprietà privata non applicabile a terre pubbliche destinate alla riforma agraria. Quest’accusa è la madre delle altre che sono basate su prove inconsistenti e contradditorie.

Francesco Cecchini

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