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Caro Martinelli, di marxismo non ti indendi più da molto tempo

Il Corriere del Ticino ha ospitato, lo scorso 21 febbraio, un’intervista all’ex Consigliere di Stato socialista Pietro Martinelli, relativa allo scossone politico portato dall’iniziativa popolare dell’UDC “Contro l’immigrazione di massa”. In questo contesto, Martinelli ha accusato Christoph Blocher – giustamente identificato come il padre politico dell’iniziativa votata lo scorso 9 febbraio – di sembrare un marxista, in quanto “crede alle sole forze materiali dell’economia e non a quelle delle idee”.

Va innanzitutto detto che se Blocher si concentrasse unicamente sull’aspetto economico dell’analisi politica, probabilmente non avrebbe mai elaborato e sostenuto delle misure quali il contingentamento dei lavoratori provenienti dall’estero, in quanto la medesima misura potrebbe arrecare danno allo stesso Blocher, importante imprenditore con molti interessi nel mondo che sta fuori dai nostri confini. È pertanto maggiormente probabile che l’UDC abbia costruito l’ultima tappa della sua crociata razzista e xenofoba – spalancando le porte allo sciovinismo – con la consapevolezza di non veder mai rigidamente applicata la propria proposta.

Il risultato a cui potrebbero mirare i democentristi è quindi quello di criticare il Consiglio federale d’incapacità e di servilismo nei confronti dell’Unione Europea, ponendosi sull’altare dell’unica voce del popolo, avviando una battaglia contro la “casta” e spalancando le porte al clima dell’anti-politica, come già si è visto fare in Italia dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. L’UDC è pertanto mosso da motivazioni squisitamente politiche, con la finalità di riprendere il secondo seggio in Governo. Le deboli argomentazioni economiche esposte da Blocher in un intervista al Corriere del Ticino del 20 febbraio, non sono che un pretesto per giustificare una tattica politica, volta a premere sulla pancia della popolazione, definibile elettoralista.

Evidentemente una simile prassi politica non fa parte della cultura marxista, la quale dovrebbe essere conosciuta anche da Martinelli, visto i suoi trascorsi nel Partito Socialista Autonomo (PSA). È certamente vero che nell’analisi marxista della società, la struttura – ovvero la componente economica che determina i modi produzione e la divisione del lavoro – è una componente di primaria importanza, ma non si può far finta che la stessa non si rapporti dialetticamente con il piano sovrastrutturale, entro il quale sono ascrivibili le categorie come quelle citate da Martinelli: le idee e la cultura. In parole povere, l’economia e le idee si influenzano vicendevolmente, per cui non si può ritenere la filosofia marxista unicamente concentrata sul piano economico, anche se il contesto in cui le idee possono maturare – l’ambiente sociale in cui gli individui vivono – è fortemente influenzato dalle caratteristiche economiche della società, in questo caso quella capitalista.

La scuola politica fatta da Martinelli pone le sue radici in questa metodologia d’analisi, per cui le accuse rivolte a Blocher diventano de facto uno strumento per smarcarsi dal suo passato, rinnegandolo e rinnegando sé stesso. Oggi la miglior rappresentazione della deriva del PSA – realtà combattiva e sincera – è proprio Martinelli, il quale grazie a quell’esperienza marxista, nata da una scissione ai danni di una socialdemocrazia collusa con il consociativismo partitocratico (siamo nel 1969, anche se potrebbe sembrare un riferimento ai giorni nostri), divenne Consigliere di Stato nel 1987. Rimanere fedeli agli ideali di gioventù è probabilmente difficile – Enrico Berlinguer la definì la sua “più grande fortuna” – ma per chi intende cambiare il mondo, dovrebbe essere doveroso.

Mattia Tagliaferri, membro di Segreteria del Partito Comunista

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