Doppio insegnamento politico da una serata bellinzonese

Si arriva a Bellinzona per Castellinaria e tra un film e l’altro si ha tempo per cenare con alcuni amici, tra cui loro figlia, una ragazza dell’ultimo anno delle medie che mi racconta di come a scuola siano interessati alla loro formazione civico–politica. Inizialmente me ne rallegro, dopo anni in cui sembrava che una dorata bambagia dovesse avvolgere per un tempo imperituro la gioventù ticinese, è forse giunto il momento di un maggiore rispetto degli studenti da parte dei docenti, ma poi mi insospettisco perché l’allieva mi dice che, chiesti ai ragazzi quali siano i partiti politici ticinesi, per poi scriverli alla lavagna, il professore si rifiuta di scrivere “Partito Comunista”, come se non esistesse, sebbene esprima oltre una dozzina di consiglieri comunali e un deputato in Gran Consiglio. Solo la determinazione e l’insistenza della ragazza obbligano il professore a cedere. Tuttavia l’intento mi pare chiaro, cercare di far passare il messaggio che i comunisti non ci sono. Un modo un po’ subdolo e scorretto di far educazione civica.

Poi sulla tavola deve calare il silenzio, perché sta per iniziare la trasmissione “Gli Svizzeri”, con tanto di maiuscole, e il professore ha fatto obbligo agli studenti di seguirla.

Essendo professore di storia anche io, la seguo con interesse. È la serata di Guillaume Henri Dufour, ingegnere ginevrino dedito alla riedificazione della città in epoca post-napoleonica, poi generale e professore all’Accademia Militare, liberale, ma ostile ai giacobini, dai quali nelle immagini è malmenato per strada, mentre la voce fuori campo commenta il progetto politico giacobino come esagerato, pericoloso e quant’altro. Che cosa chiedevano costoro? Pane, lavoro e un po’ di giustizia sociale. Tutto quello che all’epoca non c’era e oggi inizia a scarseggiare. Anni dopo il generale si batte per l’unità della patria contro i progetti bellicosamente secessionisti dei cattolici ultraconservatori.

È un finale apologetico. Forse avrei preferito vedere la puntata su Franscini, educatore promotore della scuola del mutuo insegnamento, ma sarà settimana prossima.

Alla fine, parafrasando un vecchio slogan democristiano italiano: “Avanti al centro contro gli opposti estremismi!”, mi sembra che il potere rossocrociato cerchi, tanto a scuola come in televisione, di esaltare il sistema consociativo elvetico. Si vede proprio che avverte gli scricchiolii, tremendi e profondi, della crisi sociale. Allora corre ad esaltare il sistema vigente, negando l’esistenza delle alternative, come quella ticinese rappresentate oggi dai comunisti e un tempo in tutta la Confederazione dai giacobini.

Lo sceneggiato, almeno nella puntata da me vista, nonostante le buone intenzioni di insegnare una storia poco o per nulla studiata nelle scuole e la discreta realizzazione, ha un fine che mi pare molto chiaro: esaltare la passata svizzerità per difendere con le unghie e coi denti il sistema di potere oggi dominante, con l suo sistema plurale nella forma, ma unico nelle scelte e negli orientamenti.

Un’operazione tanto intelligente, quanto fragile, perché tutto cambia, anche tra i quieti cantoni rossocrociati.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.

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