Forte affluenza al 22° Congresso del Partito Comunista a Bellinzona. Criticata la partitocrazia e il consociativismo!

Era forse da vent’anni che il Partito Comunista, erede del Partito ticinese del Lavoro, non godeva di così buona salute. E lo si è visto a Bellinzona lo scorso 10 novembre quando l’aula magna del Liceo Cantonale ha iniziato a riempirsi fin dal mattino, raggiungendo il centinaio di presenti, fra cui molti giovani. L’ultimo Congresso dei comunisti ticinesi risaliva al 27 novembre 2011 (leggi) e due anni dopo la linea politica di allora viene di fatto ribadita, ma con maggiore sicurezza e determinazione.

Aperto con un filmato dedicato allo scomparso presidente venezuelano Hugo Chavez, il Congresso è entrato nella parte formale con il saluto della sezione bellinzonese del Partito diretta dallo studente Sebastiano Pestoni, che dopo la cerimonia di rito e il canto dell’Internazionale ha ceduto il microfono all’Ufficio presidenziale composto da Mattia Tagliaferri, Massimiliano Ay, Amos Speranza, Belinda Di Clemente ed Alessandro Lucchini.

Numerose anche le presenze da fuori cantone: non solo il Partito del Lavoro dei Grigioni (forte dei suoi due consiglieri comunali: Mattia Antognini a Roveredo e Janosch Schnider a Mesocco), ma anche il Movimento verso la Rivoluzione Cittadina di Ginevra guidato da Laurent Tettamanti. Dall’estero erano presenti oltre al Partito dei Comunisti Italiani (PdCI) con una delegazione guidata dal membro del Comitato Centrale Aurelio Tedesco, anche il Partito dei Lavoratori di Turchia (IP), protagonista delle rivolte di giugno contro il regime di Erdogan, guidato dal giovane responsabile esteri Yunus Soner e dal segretario della sezione svizzera Kemal Albayrak. Non sono mancati i saluti dall’America latina portati da Ximena Calanchina dell’associazione ALBA-Suiza, un nuovo sodalizio che favorisce la cooperazione fra Svizzera e i paesi aderenti all’Alleanza Bolivariana promossa dal governo venezuelano.

mao_maxDa parte di Simone Romeo vi è stata la lettura del rapporto di scarico del precedente Comitato Cantonale (che si può leggere qui), mentre Mattia Tagliaferri ha aperto la discussione contestando la partitocrazia ticinese e il modello consociativo che favorisce accordi sottobanco (leggi): “le scelte politiche fatte nei grotti anziché nelle stanze istituzionali non sono una novità in Ticino. Negli ultimi anni sta però cambiando qualcosa. Oggi la classe dirigente è composta da pochissimi politici definibili tali, ma prevalentemente da semplici amministratori e quindi da persone spinte non tanto da ideali di fondo quanto da una morbosa e fine a se stessa necessità di arraffare cadreghini, appalti e presunta gloria. Emblematica in questo senso è la deriva del Partito Socialista, che nonostante perda voti in quanto partito, riesce a nominare magistrati e direttori nelle Scuole Medie Superiori con numeri mai visti prima. Questo grazie al ruolo di commensali di alcuni suoi rappresentanti a qualche tavolo buono. Mi duole doverlo dire, ma se ci fosse ancora il Partito Socialista Autonomo, non potrebbe che ritenere dei dilettanti i dirigenti del PST, a suo tempo criticati per essersi fatti inglobare dal consociativismo partitocratico. In questo triste contesto, care compagne e cari compagni, noi siamo tra i pochi che possono portare qualcosa di diverso. Per farlo dobbiamo però impegnarci senza riserve, studiare, contribuire al rafforzamento e alla crescita del Partito in maniera attiva: proponendo, criticando, mettendo la faccia e facendo tanta fatica”.

La parola è passata in conclusione di mattinata alla relazione politica del segretario Massimiliano Ay che ha parlato su vari temi, internazionali e locali, politici e organizzativi, per 40 minuti scatenando numerosi applausi dalla platea. Il Partito Comunista ha ribadito la sua linea anti-imperialista, a favore di un mondo multipolare e per la pace, ma non sono mancati critiche alla sinistra ticinese ridotta a paladina del “bon ton” e a parole d’ordine moralizzatrici, quando sempre più lavoratori in precarietà votano la destra populista.

presidenzaNel pomeriggio la discussione è continuata in modo molto intenso: oltre a numerosi interventi dei militanti sulla situazione generale del Partito, si è registrato il contributo sulla politica economica di Alessandro Lucchini. Si è poi passati all’analisi delle risoluzione e degli emendamenti alle tesi politiche preparate dal Comitato Cantonale uscente. Appassionante il confronto sulla geopolitica relativa al modello sociale cinese e alle potenzialità dei BRICS: “un esercizio fondamentale – ha detto Tagliaferri – utile non tanto per farsi delle seghe mentali, ma piuttosto perché è marxianamente l’unico modo per capire gli sviluppi economici, e di conseguenza politici e sociali, che si declinano poi, con sfumature differenti, nelle varie regioni del mondo, tra cui anche la nostra”. Capire il dato globale come base per capire la società ticinese e inserire la prassi politica del Partito Comunista in un contesto ampio e ragionato, un modo per evitare la politichetta banale di mera amministrazione: il Paese ha invece bisogno di una prospettiva di rilancio strategico secondo i comunisti. Ma si è discusso anche di ecologia, con una critica alle grandi opere – erano presenti degli esponenti del movimento contro l’alta velocità Torino-Lione – e un sì ad abitazioni eco-sostenibili. Il Partito si è poi chinato sugli studenti-lavoratori ticinesi delle scuole superiori specializzate costretti a subire un aumento delle rette d’iscrizione.

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