I bambini di una vicina colonia belli in rango sul palco. Davanti a loro una cantante lirica che, a cappella, intona una versione fra le più lente di un già abbastanza monotono salmo svizzero nelle tre lingue nazionali. Ironia della sorte proprio questa mattina le agenzie stampa hanno però battuto la notizia che sarà forse risultata indigesta a chi fra i vertici del Festival di Locarno ha perorato la causa patriottica: l’inno nazionale svizzero è stato infatti giudicato nientemeno che “antiquato e scritto in un linguaggio ingombrante” dagli stessi amministratori del praticello del Grütli, i quali anzi ne propongono una riforma.
Insomma, una solennità tutta particolare. E stata questa l’insolita apertura della prima serata del Festival del Film di Locarno 2012. Una svolta patriottarda, una nota stonata per il carattere internazionale e multiculturale che dovrebbe invece avere il Festival. In fin dei conti una cerimonia ufficiale per la Festa Nazionale del 1° agosto vi era già stata nella vicina Piazza San Antonio, ci si chiede se era quindi proprio necessaria questa esibizione poco prima della proiezione, in anteprima mondiale, di “The Sweeney”, un poliziesco britannico. …almeno fosse stato proiettato il vecchio “Beresina o gli ultimi giorni della Svizzera”!
Marco Solari, il Presidente del Festival, spesso criticato per i suoi discorsi roboanti e – se ci permettete – anche un po’ “megalomani” non è stato da meno per l’apertura di questa 65esima edizione della rassegna cinematografica di Piazza Grande. L’obiettivo per il futuro pare essere quello di raggiungere nientemeno che …Cannes, cioè tutto costerà di più, con buona pace dei Leghisti nostrani che vorrebbero invece tagliare sulla “kultura“.
Le parole di Solari (ma anche della sindaca Carla Speziali) sono state non tanto di rispetto, quanto quasi di devozione al consigliere federale Alain Berset, peraltro piuttosto deludente nel suo saluto. Il ministro ha infatti descritto il Canton Ticino in questi termini: “qui il sole è più caldo e le montagne sono più rosse e la gente è più buona e più simpatica”. Va bene che si tratta di una citazione di Herman Hesse, ma la considerazione di Berna per il Ticino speriamo non si limiti a queste emerite banalità.
La tipica “grandeur” del presidentissimo Solari, con la sua retorica retrò in stile “mobilitazione generale” e il suo impareggiabile conoscenza della lingua inglese, non ha mancato di divertire i pochi giovani presenti all’inaugurazione. Il chiostro della ex-Magistrale era invece colmo di sponsor e di dirigenti politici. Fra gli altri si sono visti i consiglieri di Stato Manuele Bertoli (PS) e Laura Sadis (PLR) con l’ex-consigliere nazionale Franco Cavalli (PS) e l’ex-granconsigliere Jacques Ducry (PLR). Era presente pure il Primo Cittadino, il leghista Michele Foletti, presidente del Granconsiglio. Da Bellinzona anche i consiglieri comunali Massimiliano Ay (segretario cantonale del Partito Comunista) e Andrea Bordoli (PS). Fra il pubblico anche un esponente delle istituzioni mesolcinesi, il consigliere comunale di Mesocco Janosch Schnider (Partito del Lavoro dei Grigioni). Per il Municipio di Locarno oltre alla sindaca, anche il municipale Ronnie Moretti.
Solari ha sostenuto in seguito, sul palco di Piazza Grande, di aver voluto celebrare con umiltà quello che qualcuno si ostina a chiamare “Natale della Patria”. Da qui la decisione: bambini in rango e cantante lirica a intonare “Quando bionda aurora…”. Che le Patria sia però nata il 1° agosto 1291 sul praticello del Grütli è tutto da valutare, perché di quella comunità di difesa fra i tre cantoni cosiddetti “primitivi” oggi resta ben poco: la Confederazione Svizzera per come la conosciamo noi oggi data infatti del 1848.
L’apertura patriottica non pare aver avuto però grande successo. Il pubblico ha dimostrato una freddezza incredibile: la stragrande maggioranza degli spettatori è infatti rimasta seduta, tranne in pochissimi. Nessuno ha cantanto l’inno e addirittura al termine dell’esibizione canora si sono pure levati dei fischi dal fondo della Piazza. Non ci addentriamo in analisi politico-sociologiche e ci asteniamo dall’interpretare questo tipo di reazione, va però ammesso che non è stata una gran bella figura. E speriamo che l’anno prossimo non ci toccherà veder sfilare la fanfara militare in Piazza Grande…