I migliori alleati della NATO: la svolta guerrafondaia del trozkismo

Rispetto ai conflitti passati, la guerra in Ucraina è caratterizzata in Europa da un’adesione maggioritaria, anche da ampia parte della sinistra cosiddetta “radicale”, alla narrazione manichea della propaganda del governo statunitense. Tale collocazione, di fatto pro-imperialista, riguarda soprattutto la corrente politica emersa dalla cosiddetta “Quarta Internazionale” di ispirazione trotzkista. In Svizzera questo lo abbiamo visto soprattutto con i due movimenti più noti che aderiscono a tale cultura politica: “SolidaritéS” in Romandia e il “Movimento per il Socialismo” in Ticino, che hanno fin dall’inizio difeso il regime di Kiev arrivando persino a manifestare al 1° Maggio insieme a persone che inneggiavano al battaglione neonazista Azov e con il deputato Matteo Pronzini che chiedeva sui media l’invio di armi in Ucraina. I trotzkisti hanno insomma fornito un alibi “di sinistra” a una visione grottescamente lontana dalla realtà, che ha legittimato l’escalation della guerra fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi della NATO, anche se ciò significa rischiare un conflitto nucleare!

I trotzkisti odierni non hanno studiato Trotsky

Va ammesso che Lev Trotsky, fondatore della Quarta Internazionale, ha avuto allievi pessimi. Egli, infatti, pur ferocemente avversario dello stalinismo, definiva nonostante tutto l’Unione Sovietica uno “Stato operaio burocraticamente degenerato” che andava comunque difeso dagli attacchi dei paesi imperialisti, senza fare alcuna concessione ad argomenti “umanitari” o moralistici che oggi invece predominano nella narrazione della sinistra europea. In un recente articolo (che qui liberamente traduciamo) il trotzkista greco Dimitris Scarpalezos spiega che anche dopo la morte del fondatore, sotto la guida di Michel Pablo, la Quarta Internazionale sostenne attivamente tutti i movimenti anti-imperialisti: fu in particolare dopo la caduta dell’URSS nel 1991 che la corrente trotzkista iniziò una mutazione paradossale.

L’odierna Quarta Internazionale non rende giustizia al pensiero del suo idolo Lev Trotsky.

Il dogma dell’autodeterminazione dei popoli

Ad esempio, il “diritto dei popoli all’autodeterminazione”, avanzato per opporsi all’oppressione etnica così comune nelle forme politiche del potere coloniale nell’era del capitalismo conquistatore, è stato trasformato in un dogma ideologico che consente la giustificazione di qualsiasi cosa, senza specificare alcun limite o “popoli” in questione! Quando l’imperialismo strumentalizzò tutti i nazionalismi per disgregare gli stati multinazionali che avevano sperimentato una qualsiasi forma di socialismo, la Quarta Internazionale non capì il cambio di fase storica e continuò ad enunciare i suoi dogmi precedenti. Nel caso dell’attacco occidentale per disgregare la Jugoslavia, ad esempio, i trotzkisti, che in passato avevano espresso interesse per l’esperienza di una federazione che difendesse i diritti delle minoranze meglio di qualsiasi altro paese al mondo, passò a una posizione di quasi collaborazione con l’imperialismo rifugiandosi dietro falsi riferimenti al “diritto dei popoli all’autodeterminazione” e a una serie di “né… né”, mostrando “comprensione” per tutte le mosse separatiste.

Dimitris Scarpalezos parla difeticizzazione del diritto all’autodeterminazione”, che aveva spinto alcuni attivisti di estrema sinistra al punto di sostenere, nella guerra civile nigeriana, il separatismo del Biafra, che non esprimeva altro che gli interessi di certe multinazionali del petrolio a gestire meglio i profitti e condividerli il meno possibile con le oligarchie locali. Lo stesso valeva per la Croazia, che era influenzata dai nazionalisti tedeschi e ustascia, collaboratori dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale, il cui “diritto alla separazione” veniva però difeso da questi sedicenti “rivoluzionari” come principio fondamentale, dimenticando che intere parti del paese, come la Krajna, erano a maggioranza serba, il cui “diritto all’autodeterminazione” veniva quindi ignorato. Tutto esattamente come l’imperialismo americano desiderava!

Profughi serbi in fuga dalla Krajna. Per loro nessun diritto all’autodeterminazione….

Infine, nel caso del Kosovo, che godeva già di uno status di autonomia (rifiutato però al Donbass russofono), il diritto all’“autodeterminazione” doveva essere un sacro diritto alla secessione, mentre i diritti della minoranza serba venivano cancellati! Sulla base della propaganda ufficiale, il nazionalismo serbo di cui era accusato Slobodan Milosevic fu molto più condannato dalla Quarta Internazionale rispetto ai nazionalismi croati pieni di nostalgici fascisti. Il risultato fu una reazione sintetizzabile nello slogan “né con Milosevic né con la NATO”, il che equivaleva a scoraggiare qualsiasi reazione pacifista. Se alcune persone esprimevano opposizione ai bombardamenti della NATO senza accompagnarli con un attacco virulento anche a Milosevic venivano sospettate o di solidarietà con i “dittatori” o di “nazionalismo ortodosso”.

“Né con questo, né con quello”: lo slogan moralista che rafforza l’imperialismo

La deriva continuò per tutto il nuovo secolo con una posizione più che ambigua in tutti gli interventi dell’imperialismo americano con il famoso “né né”. Nel 2003 si diceva “né con Bush né con Saddam” dimenticando che non fu Saddam Hussein a bombardare i paesi della NATO, ma che era quest’ultima ad attaccare l’Iraq, le sue infrastrutture e la sua popolazione, tutto con il falso pretesto delle “armi di distruzione di massa” poi rivelatesi delle fakenews. Quando poi nel 2011 gli USA, la Francia e il Regno Unito attaccarono e bombardarono la Libia socialista, per proteggere alcune migliaia di oppositori liberali di Bengazi dal presunto “genocidio” di Muammar Gheddafi, la Quarta Internazionale ripeté la sua posizione “né  né”, per non apparire complice di un “dittatore”. Nonostante l’educazione “marxista” dei loro leader, i trotzkisti dimenticarono tutti gli avvertimenti dei pensatori marxisti del passato sui pretesti umanitari usati dall’imperialismo coloniale (come la scusa di occupare l’Africa per combattere il feudalesimo e la schiavitù, ecc.). Da allora, l’adesione dei trotzkisti alla narrazione virtuale della realtà creata dai media atlantici è stata sistematica e ha portato a reazioni anemiche agli attacchi dei governi occidentali ai movimenti progressisti in America Latina.

“Né con Washington né con Mosca”: la scritta su una spilla del movimento trozkista australiano, anni ’80. L’atteggiamento “Né né” del trozkismo sopravvive alla Guerra Fredda.

La svolta guerrafondaia del trotzkismo

Il completo “cambio di schieramento” ha raggiunto il suo culmine con la crisi in Ucraina. Fin dai fatti di Maïdan, vedendo solo l’entusiasmo “democratico” della gioventù (neo-liberale) di Kiev (e ignorando i neo-nazisti già all’opera e i miliardi investiti dagli USA per il successo dell’operazione, come si è vantata la stessa viceministra statunitense Victoria Nuland), i trotzkisti l’hanno vista come una “rivoluzione popolare contro una classe oligarchica corrotta”, mentre era solo il contrattacco dell’oligarchia nazionalista filo-occidentale contro una parte della borghesia patriottica che non voleva mettere a repentaglio la convivenza delle varie componenti etniche del Paese e voleva continuare a cooperare con l’Eurasia. I trotzkisti si sono bevuti completamente la narrazione preparata dagli USA, non ponendosi problemi di fronte alla glorificazione del collaborazionista del Terzo Reich Stepan Bandera e nemmeno di fronte alle leggi razziali e al divieto della lingua russa anche in aree dove era parlata dalla maggioranza, come nel Donbass. Nella loro fede cieca il “diritto dei popoli all’autodeterminazione” significava il diritto della maggioranza nazionalista all’interno della maggioranza di lingua ucraina di disporre del paese nella sua interezza e di imporre un principio peraltro piuttosto fascista di “un popolo, una lingua e un leader”. Il massacro, perpetrato dai neonazisti a Odessa causando vittime fra i manifestanti di sinistra anti-Maidan, gli assassinii degli oppositori politici e altre misure antidemocratiche erano, agli occhi dei trotzkisti, solo l’espressione, anche se a volte deplorevole, dell’esercizio di questo diritto all’autodeterminazione.

Kiev, 2014: i nazionalisti ucraini conquistano il potere, armi in pugno. Tutto regolare secondo i trozkisti della Quarta Internazionale.

E così i trotzkisti che fino al 2022 volevano un “eco-socialismo” che avrebbe ridotto le emissioni di gas serra hanno sostenuto le sanzioni contro il gas russo per importare gas di scisto che è due volte più inquinante. Questi ex-antifascisti ora trovano i neonazisti del Battaglione Azov molto presentabili. Questi ex-pacifisti ora sostengono le massicce spedizioni di armi a gruppi militaristi di estrema destra. I trotzkisti hanno, così facendo, giustificato che il regime ucraino mandasse a morte certa centinaia di migliaia di giovani ucraini per il raggiungimento degli obiettivi dei neo-conservatori statunitensi.

Sembrano inconsapevoli dei rischi di scivolare verso un conflitto nucleare, che questa politica di rifiuto di qualsiasi compromesso e di qualsiasi armistizio comporta! E quel che è peggio è che tutto questo viene fatto con la coscienza pulita e ha conquistato la mente di un certo numero di intellettuali, le cui motivazioni restano retoricamente “di sinistra”!

Articolo rielaborato dall’originale di Dimitris Scarpalezos, consultabile al seguente indirizzo: https://www.defenddemocracy.press/the-official-fourth-international-reflections-on-a-paradoxical-pro-imperialist-drift/