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Vladimir Putin eletto presidente per la prima volta dopo l’approvazione della nuova Costituzione

Il 22 aprile 2020, 150° anniversario della nascita di Lenin, in Russia si sarebbe dovuta votare la nuova Costituzione firmata tra gli altri dalla deputata e prima cosmonauta della storia dell’umanità Valentina Tereskova, già più volte deputata del Soviet Supremo sovietico e protagonista indiscussa del cammino di emancipazione femminile, l’imperversare pandemico ha rinviato quel voto a giugno dello stesso anno e ha stabilito che qualsiasi cittadino russo avrebbe potuto candidarsi senza vincoli di mandati precedenti previsti dalla pregressa Costituzione. Ciò significa che i russi, nell’approvarla, erano ben consapevoli che le elezioni presidenziali di Vladimir Putin del 2000, 2004, 2012 e 2018 riguardavano un altro assetto istituzionale, che il presidente avrebbe potuto presentarsi nel 2024 e – se eletto – per un secondo mandato nel 2030.

Nel 2020 le cancellerie occidentali, che erano accorse a farsi fotografare insieme al presidente russo durante il mondiale di calcio moscovita di due anni prima, non hanno mosso obiezioni rispetto alla nuova Costituzione, salvo poi, famelicamente decise a estendere la NATO ai confini della Russia, distruggendo ogni possibile convivenza in disprezzo non solo dei fatti, ma anche del buon senso, trasformare sui media occidentali la figura del presidente russo in quella di un dittatore autocratico, poco importa se i milioni di voti che raccoglie e ha raccolto anche in questa occasione siano la documentata prova di un consenso concreto che supera il 60% non degli elettori, ma dell’intera popolazione russa, numeri inarrivabili per le sempre più fragili democrazie liberal – occidentali in cui oramai la metà dei cittadini non vota e lo scontro tra proposte fintamene contrapposte rende sempre più fragile e meno credibile l’architettura del potere occidentale.

Per altro era risaputo, data la fase di turbolenza planetaria connessa con la fine dell’imperialismo unipolare e l’avvento del mondo multipolare, che i presidenti Xi Jinping e Vladimir Putin già da alcuni anni avevano manifestato l’intenzione di contribuire insieme, attraverso la loro esperienza, allo svolgimento di questa lunga transizione verso un mondo capace di ritornare ai dettami delle Nazioni Unite, in cui la cooperazione e la pace tra i popoli del mondo siano costruite nel solco della partecipazione di tutte le nazioni della terra alle decisioni che riguardano il destino dell’umanità, non come oggi, con decisioni prese da ristretti circoli di potere, espressione delle multinazionali economiche e speculative, che utilizzano l’Occidente politico per perpetrare il furto delle materie prime energetiche e alimentari del Sud globale, il quale comunque sa decidendo in tutti i continenti di non farsi più defraudare, infatti sempre più nazioni collaborano con Russia e Cina, respingono ed espellono le multinazionali occidentali e smettono di utilizzare il dollaro come moneta di scambio internazionale.

Xi Jinping e Vladimir Putin a domande poste da alcuni giornalisti già nel 2020 avevano confermato l’intenzione di mettersi al servizio di questo progetto, di questa transizione epocale, per almeno un quindicennio, a patto che il consenso popolare delle loro rispettive nazioni li avesse sostenuti in quest’impegno.

Poiché i popoli russo e cinese paiono determinati nel confermare il loro mandato a entrambi i dirigenti, il nervosismo, le bugie e l’isteria mediatica occidentale crescono parallele alla scelta dell’Occidente stesso, del tutto scriteriata e dissennata, di contrastare l’avvento di un nuovo, più giusto e più solidale ordine mondiale, fomentando i focolai di guerra dall’Ucraina al Medioriente, al Pacifico, senza escludere in questa folle rincorsa della guerra e della morte, una presenza militare esplicita della NATO in Ucraina, evidentemente prodromica di un terzo conflitto mondiale.

Nello specifico il voto russo di marzo 2024 ha visto la partecipazione dei tre quarti degli aventi diritto e un consenso per Vladimir Putin superiore all’85%, certificato per altro anche dagli osservatori russi dell’opposizione interna del Centro Levada, costretti, per nel loro sistemico servilismo agli interessi atlantisti, ad ammettere la realtà dei fatti. Insomma i filo-occidentali tra i russi sono una manciata di persone, numericamente effimeri, come anche il consenso al candidato liberaldemocratico Vladislav Davankov dimostra, superato nei voti anche dagli altri due candidati: Leonid Sluckij del Partito Liberal-Democratico, erede politico dell’inventore della destra nazionalista russa Vladimir Žirinovskij e del comunista Nikolaj Charitonov, il quale, pur raccogliendo poco più del 4%, si è piazzato per primo alle spalle di Vladimir Putin.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.