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“Nel nostro cielo un rombo di tuono” di Riccardo Milani, l’epopea sarda di Gigi Riva

Campionato di serie A 1969 – 70, Cagliari campione d’Italia: Enrico Albertosi, Mario Martiradonna, Giulio Zignoli, Pierluigi Cera, Comunardo Niccolai, Giuseppe Tomasini, Angelo Domenghini, “Claudio” Nené, Sergio Gori, Ricciotti Greatti, Gigi Riva, senza dimenticare le riserve Mario Brugnera, Cesare Poli, Eraldo Mancin, Corrado Nastasio e il portiere Adriano Reginato, tutti sotto il vigile e affettuoso comando dell’allenatore Manlio Scopigno, definito da Gianni Brera “Ovidio Nasone”. Una storia di sport, ma anche una storia di popolo, non solo quello cagliaritano, ma di tutta l’isola, una vera e proprio epopea sarda che oltre mezzo secolo fa ha ricongiunto concretamente quella porzione d’Italia al resto della penisola e cancellando per sempre gli sberleffi di “pecorari” e “banditi” ricevuti in tante trasferte da quei giocatori con le maglie a volte bianche, a vole rossoblu.

Tutto questo e molto di più si trova nel commovente “Nel nostro cielo un rombo di tuono”, docufilm di oltre due ore e mezza, girato nel 2022 da Riccardo Milani, regista pieno di umanità e di delicatezza, suoi “Auguri professore” (1997), “Come un gatto in tangenziale” (2017), “Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di Morto” (2021), tra toccanti immagini di repertorio, interviste a Enrico Albertosi, Pierluigi Cera, Comunardo Niccolai, Giuseppe Tomasini, Angelo Domenghini, Sergio Gori e Ricciotti Greatti, agli avversari Mazzola e Moratti, come degli amici sardi di Gigi Riva, questo taciturno, serio, onesto, corretto lombardo nato nella varesina Leggiuno il giorno della Rivoluzione d’Ottobre dell’anno di guerra 1944, rimasto presto orfano dei genitori, passato per la tristezza e la cattiveria dei collegi religiosi dell’epoca, innamorato del calcio in cui sprigionava la roboante e rabbiosa potenza del suo sinistro, senza disdegnare acrobatiche rovesciate e incredibili colpi di testa, come quello iconico ai tedeschi orientali del 1969. A diciotto anni Riva è al Legnano in serie C, 23 presenze e sei reti, l’anno dopo 1963 – 64 con 26 partite e otto reti, più due presenze in Coppa Italia, porta il Cagliari per la prima volta in serie A, dove lo terrà con le sue 350 presenze e le sue 200 reti, di cui pure una in Coppa Uefa e tre in Coppa Campioni contro i francesi del Saint Etienne e gli spagnoli dell’Atletico Madrid, per dodici anni nella massima serie. Gli ultimi due campionati 1974 – 75 e 1975 – 76 saranno tribolati dagli ennesimi infortuni, poche partite e poche reti, poi nel 1976 – 77 il tempo dell’ultima figurina Panini in serie B e nessuna presenza e quindi il ritiro, vissuto con dolore, diventando dirigente accompagnatore della nazionale azzurra, alla quale da giocatore ha regalato 42 presenze e 35 reti, un bottino mai più raggiunto da nessun attaccante e probabilmente irraggiungibile, più grande del Peppin Meazza e di Silvione Piola, vincendo un Europeo nel 1968, arrivando secondo dietro l’insuperabile Pelé ai mondiali messicani del 1970, in cui è stato protagonista insieme agli altri azzurri da Rivera a Boninsegna dell’incredibile partita del secolo, quell’Italia – Germania 4 a 3 che è stata dichiarata a ragione la più bella e la più folle partita di calcio del Novecento.

Come accompagnatore degli azzurri soffre perdendo una finale nel 1994 negli Stati Uniti e partecipa, pur con la sua proverbiale discrezione, alla vittoria di Berlino del 2006, il film allora ci racconta con altre interviste la sua amicizia con Gianfranco Zola, Roberto Baggio e Gianluigi Buffon, che oggi ha preso il suo posto tra gli azzurri.

Fotogramma dopo fotogramma Gigi Riva resta pensieroso, circonfuso dalle nuvole del fumo delle sue interminabili sigarette, seduto nella poltrona della sua modesta abitazione cagliaritana, pronto a elargire qualche misurata parola quando le immagini e i ricordi gettano le emozioni oltre il muro della sua riservatezza.

Milani ovviamente ricorda il 25 ottobre 1970 e quello che è successo il giorno dopo. Siamo a Milano e un mite sole autunnale s’irradia su San Siro in quella domenica ottobrina, tuttavia sugli spalti abbondano i cappotti, i cambiamenti climatici sono lontani, il Cagliari gioca nella formazione campione d’Italia, con il solo terzino Mancin, già riserva l’anno precedente, al posto di Zignoli, tornato in estate tra i rossoneri di Rocco, quello stesso giorno capaci di battere la Juventus a Torino, tra gli isolani nel secondo tempo Brugnera subentra a Greatti, ma la partita è stata chiusa nei primi venti minuti, due bolidi di Riva hanno inchiodato i nerazzurri, frastornati dal gioco dei sardi, Mazzola nel film ricorderà come nel secondo tempo, dopo il terzo gol di Domenghini, sia andato a chiedere a Riva di non umiliare i padroni di casa. In tribuna c’è il grande Giuanin Brera, da sempre ammiratore di quello che lui definisce il celto – longobardo Riva, il formidabile sinistro dell’attaccante quel giorno gli suggerisce il soprannome, Brera era uso inventarne per tutti i calciatori, che segnerà indelebilmente il destino di Gigi Riva, diventando di fatto il suo secondo nome, infatti il giornalista e scrittore il giorno dopo scrive che Gigi Riva è insuperabilmente e inarrivabilmente un “Rombo di tuono”.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.