Il comandante delle forze armate svizzere Thomas Süssli nelle ultime settimane aveva fatto discutere, dopo aver preteso, durante una conferenza stampa a Kloten, una maggiore cooperazione militare fra i suoi soldati e quelli della NATO. Il rafforzamento della cooperazione internazionale con l’Alleanza atlantica e l’Unione Europea dovrebbe riguardare – secondo l’apprendista “generale” – soprattutto l’addestramento, le esercitazioni e gli approvvigionamenti. In particolare Süssli intende insistere affinché i soldati svizzeri si addestrino all’estero nei centri della NATO: si tratterebbe in pratica di un allenamento al combattimento contro la Russia e la Cina come auspicato dagli USA per far sprofondare economicamente il continente europeo e costringere la Svizzera a rinunciare alla sua neutralità.
Il PC denuncia la “tattica dal salame” per farci entrare nella NATO
Immediata la reazione del Partito Comunista. L’unica organizzazione della sinistra svizzera ad avere competenze di geo-strategia e politica militare ha duramente attaccato Süssli: “i presunti ‘campioni di patriottismo’ che si trovano ai vertici dell’esercito svizzero hanno tolto finalmente la maschera!”. Avvertendo che è in atto una “tattica del salame” i comunisti spiegano che “l’élite svendipatria e globalista sta progettando la completa sottomissione della Confederazione al campo atlantico, proprio quando quest’ultimo è in declino e sta scatenando guerre un po’ ovunque”. Il riferimento qui non è solo all’Ucraina, ma alle forti tensioni in Kosovo, in Niger, sulle isole Kiribati e a Taiwan, in cui la NATO fomenta l’escalation. Il Partito Comunista – che non a caso alle prossime elezioni federali ha promosso nella circoscrizione elettorale del Canton Ticino una lista chiamata esplicitamente “No UE – No NATO” – definisce le dichiarazioni di Süssli dei “sogni irresponsabili” e spiega: “già oggi la Svizzera sta esternalizzando ai centri NATO la formazione degli ufficiali, ma ora dovremo mandare pure i nostri giovani coscritti a farsi indottrinare dagli americani?” La risposta è ovviamente No! Il Partito Comunista ha preannunciato di conseguenza che si opporrà “alla modifica della relativa legge che attualmente non permette di obbligare i soldati svizzeri a uscire dai confini nazionali per i corsi di ripetizione” poiché “deve essere chiaro a tutti che una maggiore cooperazione con la NATO – che ha perso ogni presunta vocazione difensiva ed è diventata una coalizione di attacco al servizio degli interessi americani – significa distruggere del tutto quel poco di neutralità rimastaci e portare i soldati svizzeri in guerra per conto di altri governi!”.
Tiziano Galeazzi sbotta: “il nostro deve restare un esercito difensivo!”
Finalmente anche da parte del campo avverso, da quell’Unione Democratica di Centro (UDC), che è uno dei partiti con maggiori entrature nell’esercito svizzero, si è levata una voce di protesta. E non è una voce da sottovalutare: non stiamo infatti parlando di un semplice candidato al Consiglio Nazionale che si vuole profilare in campagna elettorale, quanto piuttosto di un alto ufficiale che si firma con il grado della gerarchia militare e si fa ritrarre in uniforme. Stiamo parlando del tenente colonnello a riposo Tiziano Galeazzi, municipale UDC di Lugano e granconsigliere ticinese. Le sue parole sono un macigno fin dalla prima frase: “Purtoppo in questa ‘missione’ non ti posso seguire Signor Capo dell’Esercito e Comandante di Corpo d’Armata Süssli”. Un conto – spiega Galeazzi – è disporre di un esercito “ben addestrato, con dottrine militari moderne e non più da guerra fredda, ma questo non toglie il concetto di un Esercito di difesa” come peraltro previsto dalla Costituzione federale: “siamo e restiamo un Paese neutrale con una difesa nazionale in caso di minacce” – continua l’esponente UDC – ma questo concetto “verrebbe meno se iniziassimo a collaborare maggiormente con istituzioni estere, quali la NATO o l’UE e i loro apparati paramilitari”. Galeazzi rifiuta in particolare l’idea di Süssli di “voler inviare delle nostre truppe a esercitazioni in Paesi NATO”, cosa che “comprometterebbe il concetto della nostra dottrina difensiva, tramutandola in dottrina offensiva”.
Galeazzi accusato di insubordinazione?
E ovviamente nei blog si sono scatenati i commenti dei militaristi più fanatici che hanno parlato addirittura di “insubordinazione”, accusando Galeazzi di aver tradito l’esercito. Attacchi incredibili, oltre che gratuiti, e che dimostrano non solo intolleranza verso chi non accetta il mainstream atlantista, ma anche il cortocircuito che negli ambienti nazionalisti di destra si sta attraversando in questo passaggio di epoca storica: sono in molti a non concepire che da destra si possa criticare la “vacca sacra” dell’esercito, nemmeno quando quest’ultimo si appresta a passare il Rubicone e a sacrificare la propria missione storica di esclusiva difesa della neutralità. Una situazione che spinge queste persone ad accettare una limitazione della libertà d’espressione, e dunque un’irreggimentazione del pensiero, a scapito della stessa democrazia. Altri invece restano fermi a una visione russofobica degna della guerra fredda, una lettura falsata della realtà influenzata da un rozzo anti-comunismo fuori tempo massimo che non permette loro di capire che, per essere realmente patriottici, occorre smetterla con la subordinazione agli “alleati” americani e trovare nuove alleanze anche con una parte della sinistra non globalista.
Tiziano Galeazzi non è affatto antimilitarista, e non si è certo spostato a sinistra, ma ha espresso un sentimento diffuso (probabilmente anche nelle stesse gerarchie militari), ma che stenta a uscire allo scoperto anche perché i graduati sono vincolati dall’ubbidienza della caserma. Galeazzi, essendo “a riposo”, risulta invece libero dalla catena di comando e può quindi esporsi anche contro il Capo dell’esercito. Quest’ultimo è peraltro il primo che da “tecnico” si è espresso su un tema estremamente delicato, non solo mettendo in dubbio un caposaldo costituzionale (la neutralità che impedisce l’adesione ad alleanze militari di campo) ma di fatto anche bypassando la sovranità di governo e parlamento. E questo significa che l’esercito ha interferito nel dibattito politico che in una democrazia liberale spetta solo ai civili. Se il comandante Süssli si è potuto esprimere in modo alquanto indelicato per il suo ruolo, Galeazzi ne ha piena facoltà in quanto cittadino e politico.
Le parole di Galeazzi aprono una contraddizione fra i militari svizzeri?
Massimiliano Ay, segretario politico del Partito Comunista e candidato al Consiglio degli Stati il prossimo 22 ottobre, da noi raggiunto per un commento, afferma: “Iniziamo col dire che il Partito Comunista da anni spiega che in Svizzera, sia nelle forze armate sia in altri gangli del potere, si è aperta una forte contraddizione fra un pezzo di borghesia che, difendendo la neutralità, accetta il nuovo ordinamento multipolare, e la fazione ‘svendi patria’ della medesima classe dirigente”. E per quanto riguarda le uscite di Galeazzi? Il dirigente del PC afferma: “Appena ho letto l’articolo del collega Galeazzi gli ho scritto un messaggino: ‘Finalmente un ufficiale che dice qualcosa!’.” Eppure Galeazzi – gli ricordiamo – è ormai fuori dall’organigramma dell’esercito: il coraggio della sua presa di posizione andrebbe quindi relativizzato. Ay però non concorda: “non bisogna essere ingenui o dare letture formaliste: un ufficiale superiore, dal punto di vista del peso politico, resta tale anche se da pochi anni non è più in servizio. Presumo poi che le parole di Galeazzi diano voce ad altri militari che non si possono esporre”. Di fronte a uno snaturamento della dottrina della difesa e della neutralità questi militari potranno continuare a tacere? Il segretario del Partito Comunista, sarcastico, taglia corto: “a me pare che troppi ufficiali oggi parlano… meglio l’inglese delle lingue nazionali”!