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Famiglie in fallimento

 

Mattia Tagliaferri è candidato al Consiglio Nazionale sulla lista 2

Le elezioni federali del prossimo 23 ottobre portano sul tavolo della discussione politica molte tematiche, tra cui quella del salario minimo legale, di cui il Partito Comunista – con la proposta dei 4000 franchi mensili – già si era fatto portatore lo scorso aprile nel periodo di campagna delle elezioni cantonali.

La realtà che tragicamente stiamo vivendo oggi in Svizzera, è quella di un sempre più forte assottigliamento della classe media che, da una decina d’anni a questa parte, ha cominciato drasticamente a ridursi a causa di uno sproporzionato aumento del costo della vita – al quale va aggiunto unosmantellamento della sicurezza sociale, elemento caratterizzante del nostro Paese per molto tempo (si pensi ai sempre più cari premi base delle casse malati, ai drastici tagli che hanno toccato l’AI, l’AVS e la disoccupazione), rispetto ai salari, causando la situazione che oggi purtroppo tutti conosciamo: in poche parole sempre più famiglie che faticano a sbarcare il lunario.

A questo dobbiamo aggiungere una cattiva gestione degli accordi bilaterali e della libera circolazione delle persone, tutte cose idealmente molto belle, ma che oggi – essendo stipulati non tanto per il bene della popolazione, quanto per gli interessi del padronatodelle banche e dei soliti poteri forti – risultano essere perlopiù privi di controlli (pensiamo alla quasi totale assenza di ispettori del lavoro), e pertanto portatori di un dumping salariale che crea inevitabilmente una pressione al ribasso degli stipendi: e qui torniamo al problema del riuscire ad arrivare alla fine del mese senza l’acqua alla gola.

La proposta di un salario minimo legale di 4000 franchi mensili non farebbe altro che annullare la problematica del dumping salariale tra i lavoratori indigeni e quelli frontalieri, oltre ovviamente a permettere alla popolazione di vivere dignitosamente – senza dover fare i salti mortali per poter pagare l’affitto di casa piuttosto che gli studi ai propri figli – dando ai nostri giovani una prospettiva di sicurezza che comprenda anche la possibilità di mettere su famiglia, senza dover quindi essere costretti a vivere con i propri genitori fino a 40 anni.

Ovviamente la destra taccia questa proposta come ideologica (questa è la risposta che solitamente viene usata quando non ci sono molti argomenti per ribattere), quando invece le motivazioni espresse precedentemente dimostrano come il salario minimo di 4000 franchi sia in realtà una proposta concreta. Ideologico è invece continuare a voler perseverare con questo sistema di abbassamento delle reali capacità finanziare della popolazione che – vedendosi diminuire il potere d’acquisto in questo gioco di scollamento tra i valori del costo della vita e degli stipendi – non riuscirà a risollevare la domanda di un’economia certamente meno in crisi di quella di altri stati europei (dalla Spagna alla vicina Italia), ma che comunque non vive più un periodo di vacche grasse.

Tra gli oppositori non vi è però solamente l’attacco di demagogia, ma anche quello dell’inattuabilità della stessa, a causa di un presunto fuggi fuggi che si generalizzerebbe tra quelle aziende che – a causa di un salario minimo – ancora non si troverebbero nella condizione di dover chiudere. Innanzitutto va detto che le imprese non in grado di pagare i propri dipendenti 4000 franchi (non si sta mica parlando dei bonus milionari dei super manager delle banche salvate con i soldi dei contribuenti, per i quali i soldi si trovano sempre), probabilmente non sono adatte al tessuto sociale ed economico svizzero; questi possono quindi tranquillamente liberare il posto a chi invece può versare dei salari che permettano una vita dignitosa nel nostro Paese, non perdendo così alcun posto di lavoro. Inoltre va ricordato come il mantenimento dello status quo a livello salariale, non può che portare al fallimento delle famiglie, importante attore sociale di riferimento un po’ per tutti, dalla destra più estrema dell’UDC ai democristiani del PPD: o almeno è questo che vogliono farci credere.

Mattia Tagliaferri, candidato al Consiglio Nazionale per il Partito Comunista

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