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La sinistra brasiliana punta tutto sulla sovranità. I comunisti candidano Lula e guardano all’Eurasia!

“Ripristinare la democrazia, riprendere lo sviluppo, garantire una vita dignitosa alle persone”. È con queste parole che inizia la risoluzione approvata lo scorso 25 marzo 2022 dal Comitato Centrale del Partito Comunista del Brasile (PCdoB) in vista delle elezioni presidenziali di ottobre nel grande paese latinoamericano oggi governato dalla destra autoritaria di Jair Bolsonaro. I comunisti ne sono certi, il momento è arrivato: “o il Brasile riprende le strade dello sviluppo sovrano, del progresso sociale o proseguirà in un processo di distruzione della sua base economica, di regresso di civiltà che rende la vita del popolo una vera tragedia”.

Lula festeggia i 100 anni del PCdoB

L’obiettivo principale del PCdoB è sconfiggere il progetto di Bolsonaro costruendo un fronte ampio, che coinvolga le forze democratiche e patriottiche: “è il momento della Ricostruzione Nazionale, attraverso la riforma e l’elevazione dello Stato nazionale e del recupero dei diritti sociali conquistati e consolidati nella Costituzione del 1988”. Per fare questo il PCdoB ha già indicato il proprio candidato: l’ex-presidente della Repubblica e leader sindacale Luís Inácio Lula da Silva, fondatore del Partito dei Lavoratori (PT) al governo del paese fino al 2016, quando con un golpe istituzionale venne rovesciata la presidente Dilma Roussef.

Il comitato centrale del PCdoB ha approvato il sostegno alla candidatura di Lula alla presidenza.

E proprio la partecipazione dell’ex presidente Lula è stato il momento clou del Festival Rosso, l’evento principale che commemora il Centenario del PCdoB. Nel suo discorso alla festa comunista, Lula ha espresso il suo personale “affetto per il PCdoB” e ha osservato come “non sia facile per un partito sopravvivere cento anni, la maggior parte dei quali trascorsi in clandestinità”, menzionando anche le sue esperienze politiche al fianco di importanti dirigenti comunisti brasiliani come João Amazonas, Renato Rabelo, Haroldo Lima e Gustavo Petta e ha accolto con emozione la disponibilità del PCdoB di indicarlo come candidato: “se torno dovrò fare di più e meglio di quanto ho fatto la prima volta”, sottolineando tuttavia le conquiste che i governi guidati da lui e Dilma dal 2003 al 2016 hanno alzato il salario minimo del 74% e promosso “la più grande politica di inclusione sociale che questo Paese abbia mai avuto”.

I comunisti brasiliani come avanguardia patriottica

Il PCdoB – che di questi esecutivi unitari di sinistra faceva parte attivamente – insiste oggi su una parola chiave: “sovranità”! L’asse strutturante per i comunisti brasiliani è infatti “la promozione dello sviluppo sovrano” dando centralità alla “cultura brasiliana” e al “ruolo dello Stato nazionale”, invertando ad esempio la privatizzazione delle aziende strategiche dell’economia nazionale, come Eltrobras. Sovranità significa insomma aumentare gli investimenti pubblici, procedere alla reindustrializzazione del Paese, dare priorità al mercato interno e superare le disuguaglianze regionali. Ma il PCdoB va oltre: la sovranità deve vigere anche nell’alimentazione, persino nella tecnologia, tanto è vero che è esplicitamente dichiarato nel documento politico che bisogna lottare per “l’aumento della produttività economica basata sulle tecnologie avanzate e l’inserimento autonomo nelle catene del valore globali”. Il Partito guidato dalla senatrice Luciana Santos chiede pure l’abrogazione dei vincoli di bilancio e la riduzione strutturale del tasso di interesse reale, e ribadisce un’altra volta il principio della sovranità nazionale: non solo la valuta e il tasso di cambio deve essere gestita dallo Stato “nell’interesse dello sviluppo nazionale” (e dunque non lasciato in balìa del mercato) ma vanno rafforzate pure le banche pubbliche “nella loro missione di promuovere lo sviluppo nazionale e fornire credito a lungo termine”. Fine anche per l’indipendenza della Banca Centrale: il PCdoB vuole porla sotto “comando statale”.

Numerosi i dirigenti di organizzazioni sociali e operaie presenti alla festa del PCdoB.

Meno intellettualismo, più classe operaia!

Non c’è però sviluppo economico senza un adeguato coinvolgimento dei lavoratori, e i comunisti brasiliani lo sanno bene, rivendicando l’aumento del salario minimo, la riduzione dell’orario di lavoro, l’abrogazione delle disposizioni che deregolamentano i contratti e la ricomposizione del “sistema tripartito delle negoziazioni per salvare e rafforzare il ruolo dei sindacati, nonché ricreare il Ministero del Lavoro”. Da questo programma ne trarrà beneficio anche la Centrale dei Lavoratori del Brasile (CTB), la combattiva sigla sindacale fondata dai comunisti nel 2007, il cui presidente Adilson Araújo, ha preso la parola citando Marx ed Engels all’evento per i 100 anni del PCdoB. La leader dell’Unione dei Neri per l’Uguaglianza (UNEGRO) Ângela Guimarães, sempre durante le celebrazioni del Centenario, ha dichiarato che “la rivoluzione sarà compiuta da chi lavora, da chi si guadagna da vivere con il sudore che scende dai loro volti” citando poi il poeta sovietico Vladimir Maiakovski. Ad esaltare l’unità della classe operaia c’erano anche dirigenti operai come il segretario generale di Força Sindical, João Carlos Gonçalves e la leader nazionale del Movimento dei Lavoratori Rurali senza Terra (MST), Marina dos Santos. La sindacalista studentesca Rozana Barroso dirigente dell’UBES, il forte sindacato dei liceali ha pure garantito sostegno al progetto politico unitario di PCdoB e PT. “Saremo uniti nella lotta per sconfiggere l’estrema destra, la fame, la disoccupazione e il progetto di distruzione nazionale” hanno ribadito all’unisono!

Costruire un Brasile che guardi all’Eurasia

A Lula viene chiesto infine, per ottenere il voto dei comunisti, di ritornare a una politica estera favorevole alla “integrazione regionale con Mercosur e Unasur e la cooperazione tra i paesi in via di sviluppo attraverso i BRICS”. In pratica rafforzare i vincoli con la Cina e la Russia. Insomma: mentre la sinistra europea e svizzera spinge per allontanarsi da questi due paesi, la sinistra latinoamericana e brasiliana ha scelto di seguire la strada opposta emancipandosi dalla dottrina liberale e dal campo atlantico.