Questo fine settimana il popolo svizzero dovrà esprimersi, fra le altre cose, anche sul controverso pacchetto di aiuti ai media dal valore di circa 150 milioni di franchi l’anno. Approvato dal parlamento federale lo scorso giugno, questo insieme di misure è stato infatti sottoposto a referendum popolare dalla destra conservatrice: il comitato contrario al pacchetto è infatti composto principalmente da esponenti dell’UDC, del PLR e del PPD. La sinistra sostiene invece le misure che dovrebbero sostenere la stampa regionale e indipendente. Meno netto il sostegno del Partito Comunista, notoriamente critico nei confronti del taglio unidirezionale e filo-atlantista che hanno assunto i media (tanto pubblici quanto privati) nel nostro Paese: il Comitato centrale (CC) del PC ha infatti adottato una risoluzione (leggi qui) in cui il pacchetto di aiuti viene sottoposto ad una dettagliata analisi critica.
Il PC denuncia la concentrazione oligopolistica del panorama mediatico
Sottolineando il ruolo di classe della stampa e dei media, storicamente al servizio della classe dominante per il mantenimento dell’ordine sociale esistente, la risoluzione comunista richiama la forte concentrazione del controllo sui media in Svizzera: “l’80% del mercato elvetico è infatti in mano a soli 3 gruppi editoriali, che controllano giornali, riviste, radio e TV private di tutto il Paese: TX Group (ex Tamedia), Ringier e CH Media”. Le fusioni e le acquisizioni editoriali da parte di questi gruppi hanno provocato negli anni un notevole impoverimento del panorama mediatico, con la chiusura di numerose testate storiche (circa 70 sono le testate ad aver chiuso negli ultimi 30 anni) e la perdita di un grande numero di posti di lavoro (oltre 2000 posti sono andati persi dal 2008 ad oggi). Le condizioni di lavoro nel settore sono d’altronde andate sensibilmente peggiorando: nel 2004, gli editori svizzeri hanno infatti disdetto il contratto collettivo di lavoro che tutelava i dipendenti del settore dal 1918, intensificando i ritmi di lavoro e precarizzandone le condizioni. Una dinamica più volte denunciata dalle sigle sindacali, Syndicom in primis. Malgrado le presunte difficoltà sbandierate dai proprietari editoriali, che hanno assicurato loro ingenti contributi pubblici, i gruppi in questione hanno però macinato utili e distribuito dividendi anche durante la pandemia.

“Bilancio in chiaroscuro”: sostegno necessario, ma criteri insufficienti
Partendo da questa analisi, il CC del PC si è chinato sul nuovo pacchetto di aiuti approvato dal parlamento, i cui 150 milioni vanno a sommarsi ai 130 già elargiti ora alle emittenti regionali ed alla carta stampata. Al “parlamentino” comunista non sfugge che “una cospicua parte (circa il 20%) del finanziamento pubblico supplementare andrà ad ingrassare gli oligopoli mediatici privati asserviti alla classe dominante ed in particolare agli interessi dell’unipolarismo euro-americano” e che “non viene peraltro posta alcuna condizione particolare per l’ottenimento di questi fondi”. Gli editori non vengono infatti vincolati al mantenimento dell’offerta mediatica, alla sottoscrizione di un nuovo CCL che assicuri buone condizioni di lavoro ai propri dipendenti, né all’introduzione di nuove figure di controllo e di mediazione nel campo dei media.
D’altra parte però, le misure approvate dal parlamento hanno il merito di “sostenere in una misura proporzionalmente maggiore i media locali e di piccole-medie dimensioni, assicurando un’attenzione alle particolarità regionali e linguistiche del Paese, ma contribuendo anche a mantenere una certa pluralità politica e culturale nel panorama mediatico”. La risoluzione comunista ricorda infatti che il pacchetto in votazione “potenzia infatti in modo apprezzabile il sostegno alla stampa associativa, di cui beneficiano anche realtà politiche, sindacali e culturali che propongono un’analisi originale, autonoma e talvolta persino di classe della realtà elvetica”. Tra le testate che beneficeranno di un maggior sostegno figurano infatti anche giornali di partito, riviste sindacali come Area (edita da UNIA) e pubblicazioni associative come Unsere Welt (curata dal Movimento svizzero per la pace).

Sì al pacchetto di aiuti, ma pronte le proposte per vincolare gli editori
Il Comitato centrale del PC, “cosciente dei limiti e delle criticità” del pacchetto, “ma altrettanto cosciente della necessità di ampliare il finanziamento pubblico alle piccole testate”, ha dunque espresso un parere favorevole, indicando di votare SÌ al pacchetto di aiuti. Non mancano però le proposte per intervenire in modo da migliorarne l’equilibrio: oltre all’auspicio che le autorità federali si impegnino per esigere la conclusione di un CCL nel settore e che vengano introdotte delle specifiche clausole che impediscano agli editori di intascare fondi pubblici per ingrassare i propri azionisti, il PC si concentra in particolare sulla necessità di un maggior controllo sull’operato della stampa. In questo senso, viene ricordata la mozione comunista recentemente depositata nel Gran Consiglio ticinese per garantire lo svolgimento di regolari analisi sul pluralismo mediatico: sulla base del modello italiano, che dispone di un’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), l’atto parlamentare presentato da Lea Ferrari e Massimiliano Ay chiede di “dare mandato all’Osservatorio europeo di giornalismo di effettuare con scadenza annuale un monitoraggio televisivo, radiofonico e delle testate giornalistiche cartacee e online” che contenga “la rappresentazione mediatica quantificata e comparata di tutti partiti politici durante l’arco di un anno”. In tal modo, secondo la deputazione comunista, si potrà verificare quale sia l’effettivo operato della stampa e segnalare eventuali abusi che privilegiano alcuni partiti ed opinioni a discapito di altri.