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Nasce la “Ampelkoalition”: SPD e Verdi a braccetto con i liberali. I comunisti: “un programma di aggressione”

Ora è ufficiale: dopo numerose settimane di negoziati e contrattazioni, in Germania è nata la “Ampelkoalition”, la coalizione semaforo che raggruppa la SPD, i Verdi ed i liberali della FDP. Le elezioni federali di fine settembre (di cui avevamo parlato qui) hanno dunque incoronato un nuovo cancelliere, il socialdemocratico Olaf Scholz, al posto dell’uscente Angela Merkel (democristiana). Archiviata la “Grosse Koalition” che aveva unito SPD e CDU, con quest’ultima al posto di comando, si apre dunque una nuova stagione nella politica tedesca. Grida di giubilo si sono levate un po’ ovunque nella sinistra europea e più in particolare tra i Verdi, che giungono al potere in uno degli Stati chiave del vecchio continente. La nascita dell’Ampelkoalition è però tutt’altro che una buona notizia: oltre ad una ristrutturazione del sistema capitalistico in chiave “green”, dobbiamo infatti attenderci ad un’intensificazione dei venti di guerra che già da tempo spirano sull’Europa (e non solo).

La leader dei Verdi agli Esteri: la prima tappa al cospetto della NATO

La nuova coalizione di governo si fonda su un programma intitolato “Mehr Fortschritt wagen” (Osare più progresso), incentrato su 6 ambiti prioritari: digitalizzazione, protezione del clima, sicurezza sociale, famiglia ed educazione, libertà e sicurezza, politica estera. Vedremo in seguito per quali ragioni questo programma rischia di risultare socialmente ed internazionalmente regressivo. La distribuzione dei dicasteri chiave all’interno del governo è però già di per sé significativa del suo orientamento politico: oltre alla cancelleria, la SPD mantiene per sé alcuni dipartimenti chiave come quello dell’interno o quello della difesa, mentre ne cede alcuni di peso alla FDP ed ai Verdi. I liberali mettono le mani sui trasporti, sull’istruzione ma soprattutto sul cruciale Ministero delle Finanze, occupato da Christian Lindner, che promette un ritorno all’era dell’austerità di Wolfgang Schäuble dopo l’interregno di Olaf Scholz. I Verdi invece si accaparrano i dipartimenti chiave per il loro programma: economia e protezione dell’ambiente (diretto dal vice-cancelliere Robert Habeck), alimentazione e agricoltura, famiglia e gioventù, ma soprattutto l’ambito Ministero degli esteri, affidato alla star dei Grüne Annalena Baerbock (di cui avevamo ricostruito le torbide frequentazioni in questo articolo).

Prima tappa della neo-ministra degli esteri verde: Bruxelles, al cospetto della NATO!

La neo-ministra degli Esteri non ha atteso molto prima di chiarire le sue intenzioni: poco dopo la sua investitura ha dichiarato che “siamo fermamente attaccati all’unificazione europea, all’alleanza transatlantica e ai nostri impegni multilaterali”. Tradotto: la Germania non cambierà rotta in politica estera, al contrario continuerà ad imporre politiche neoliberali ai paesi dell’Europa del Sud, a fomentare guerre imperialiste in tutto il mondo e a sfruttare le risorse ed i popoli dei paesi in via di sviluppo (come questo portale aveva segnalato già in tempi non sospetti: vedi qui). Le sue prime visite all’estero confermano questa impressione: dopo essersi recata a Parigi, dove ha incontrato il ministro degli esteri di Emmanuel Macron, Baerbock ha incontrato a Bruxelles l’alto rappresentante dell’UE per la politica estera Josep Borrell, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg e l’inviato statunitense per il clima John Kerry (già segretario di Stato sotto Barack Obama). Non c’è che dire, una gran bella compagnia per promuovere “un’Europa pacifica, sociale ed ecologica”!

Una transizione ecologica basata sugli interessi del capitale finanziario

Nel programma di governo, come era prevedibile, grande enfasi viene posta sulla transizione ecologica: la “coalizione semaforo” promette di rispettare gli Accordi di Parigi del 2015, raggiungendo entro il 2030 un livello di approvvigionamento energetico rinnovabile pari all’80%, puntando in particolare sulla mobilità elettrica e ad idrogeno. Non tutto è però oro quel che luccica. Come rileva Manfred Groll nell’ultimo numero del settimanale socialista Unsere Zeit (leggi qui), “l’Ampelkoalition vuole la protezione del clima, solo fintanto che serve al capitale finanziario”. Secondo Groll, “gli enormi fondi necessari saranno raccolti in parte dallo Stato, ma soprattutto da investitori privati. Ciò apre nuovi spazi di profitto urgentemente necessari per il capitale finanziario. I fondi pubblici messi a disposizione sono scarsi: non è previsto nessun gettito fiscale aggiuntivo (come nessun aumento delle imposte), si prospetta un aumento delle spese per l’esercito (che sono peraltro dannose per il clima e l’ambiente), mentre il freno del debito verrà nuovamente applicato a partire dal 2023. Occorre dunque aspettarsi ulteriori privatizzazioni e risparmi a spese della maggioranza della popolazione (colpita dalla riduzione dei servizi statali di base)”. Oltre a ciò, il programma di governo ripropone logiche commerciali imperialiste che penalizzano i paesi in via di sviluppo e che sembrano essere dettate più da logiche politiche che non ambientali o sociali.

L’Ampelkoalition parla di transizione ecologica ma si guarda bene dal ridurre l’inquinente arsenale militare.

Per la DKP, il programma dell’Ampelkoalition è aggressivo e antisociale

Il programma di governo sottoscritto da SPD, Verdi e FDP ha immediatamente registrato la ferma opposizione dei comunisti della Deutsche Kommunistiche Partei (DKP). In un comunicato (vedi qui), il presidente Patrick Köbele ha dichiarato che “questo accordo di coalizione è sinonimo di aggressione sia all’interno che all’esterno”. Tre sono i punti del programma che motivano l’opposizione comunista alla Ampelkoalition. Innanzitutto, per la DKP l’accordo di governo mira a realizzare una politica di “aggressione e di accerchiamento della Federazione Russa e della Repubblica Popolare Cinese”, alimentando la corsa al riarmo e la militarizzazione dell’UE. In secondo luogo, il programma viene ritenuto antisociale: le riforme neoliberali del mercato del lavoro vengono abbellite ma non abolite, nel settore sanitario non si intravvedono cambi di rotta rispetto alle privatizzazioni già avviate, mentre nel settore dell’alloggio si fa attenzione a non pestare i piedi dei grandi speculatori. In terzo luogo, come abbiamo già visto, “la decarbonizzazione, la sostenibilità, la protezione dell’ambiente si presentano essenzialmente come un grande processo di ristrutturazione nell’interesse del capitale monopolistico”, processo il cui costo verrà accollato alle classi popolari. È interessante notare come, secondo l’analisi della DKP, “questa ristrutturazione dovrebbe anche essere uno strumento nella competizione internazionale e nell’oppressione imperialista”: oltre ai diritti umani, anche la sostenibilità ambientale potrebbe essere assurta a pretesto per giustificare l’aggressività imperialista. La conclusione politica per i comunisti tedeschi è ben chiara: “il nuovo governo sta pianificando attacchi massicci. La resistenza deve formarsi”.