L’ex-procuratore Bruno Balestra tira l’allarme: in Svizzera si va verso lo Stato di Polizia?

La legge federale sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo (MPT) che sarà posta in votazione popolare il prossimo 13 giugno in Svizzera è una legge problematica che vede opposta la sinistra. Se la sinistra è unita nel respingere la nuova legge, le motivazioni divergono: mentre c’è chi parla di generiche minacce ai “diritti umani” e ritiene che con tale riforma si “permetterebbe a paesi autoritari di giustificare lo Stato di polizia”: motivazioni decisamente deboli, il segretario politico del Partito Comunista, Massimiliano Ay, da noi interpellato ha così chiarito il proprio rifiuto: “Questa nuova legge permetterà alla Polizia federale, solo per un sospetto e senza nemmeno il controllo di un giudice, di procedere agli arresti domiciliari dei cittadini: votare No serve a tutelare la certezza del diritto!”. Ma le voci critiche non arrivano solo dalla sinistra politica: anche gli addetti ai lavori si dicono preoccupati: l’avvocato Bruno Balestra è uno di questi. Procuratore generale (PG) della Repubblica e Canton Ticino, Balestra in sostanza è colui che dal 2002 al 2010 ha diretto il Ministero pubblico, l’organo competente nel perseguire i reati previsti dal Codice penale svizzero e i reati previsti dalle leggi cantonali. Balestra, su un quotidiano del Bellinzonese del 17 maggio scorso, spiegava: “Nessuno nega l’utilità di una legge sul terrorismo, ma i numeri non giustificano i maggiori poteri attribuiti alla Polizia di Stato che scivolano verso lo Stato di Polizia”.

Per l’ex PG Bruno Balestra, con la LMPT si rischia di scivolare verso lo Stato di polizia.

La separazione dei poteri andrà a farsi benedire!

Il giurista Edoardo Cappelletti, membro della Direzione del Partito Comunista rincara la dose: “questa legge non apporta una risposta efficace al fenomeno del terrorismo, anzi si rimette in discussione alcuni dei princìpi cardine che anche lo stesso ordinamento liberale pone a tutela di un’effettiva legalità democratica e dei diritti fondamentali dei cittadini”. I comunisti rilevano in particolare come “il problema di fondo è dato dalle misure preventive di polizia (MPT), le quali, sebbene assumano di fatto un carattere repressivo, si ritroverebbero svincolate dalle accresciute garanzie proprie della procedura penale”. In effetti il Partito Comunista ha individuato il vero punto critico anche nell’ottica della cultura liberale che dovrebbe prevedere – così almeno insegnano a scuola – la separazione dei poteri. L’istituzione competente, qualora la riforma venisse approvata dal popolo, non sarà infatti più un organo del potere giudiziario ma un’autorità amministrativa quale l’Ufficio federale di Polizia (Fedpol). I comunisti chiosano: “la mancanza di un necessario controllo giudiziario appare manifesta e inammissibile”!

Secondo il comunista Edoardo Cappelletti, è inammissibile l’assenza di un controllo giudiziario.

Siamo tutti potenzialmente dei terroristi

La nozione oltremodo indefinita di ‘potenziale terrorista’ consacrata dalla riforma – continuano i comunisti – “andrebbe ad aggravare ulteriormente un serio pericolo di abuso e di arbitrio nell’applicazione di tali provvedimenti”. Opinione, questa, di fatto accolta anche dal già citato ex-procuratore generale, il quale infatti invita nel suo articolo a leggere il testo di legge e non le spiegazioni fornite nell’opuscolo dal governo perché qui non si parla di ISIS o movimenti neo-nazisti: stando all’art. 23e della legge, spiega sempre Balestra, “terrorista è, non solo chi minaccia o commette crimini violenti, ma già chi manifesta timori tendenti a influenzare l’ordinamento dello Stato. Se pubblicare una critica preoccupata a una legge del nostro ordinamento, o a una decisione di un’Autorità scatenerà o meno la polizia, non dipenderà dalla legge, ma solo dal timore dell’Autorità per la critica”. In pratica qui non c’entra l’ISIS o gruppi violenti neo-nazisti, qui chiunque si ponga in ottica non capitalista potrebbe finire nel mirino della polizia federale che ha compiti, di fatto, di polizia politica.

Muovere delle critiche al sistema capitalista potrebbe presto essere motivo di repressione politica?

La polizia federale controllerà le opinioni politiche

L’ex-procuratore Balestra scrive: “l’assenza di criteri oggettivi viola il principio di legalità e rende questa legge una cambiale in bianco per governo e polizia, autorizzati dall’art. 23h a controllare opinioni o attività filosofiche e religiose di chiunque sospettino”. Dovrebbe essere la Magistratura a decidere eventuali limitazioni delle libertà individuali in base fatti precisi, la nuova legge invece autorizza la Polizia a procedere “sulla sola base di sospetti potenziali”, il che per Balestra “apre alla triste cultura della delazione”. Insomma, presentata con il solito allarmismo sul terrorismo di matrice islamica, in realtà voteremo su una stretta autoritaria che in caso di necessità e di instabilità politica potrà essere usata, senza attendere l’avvallo del potere giudiziario, dalla polizia (la quale dipende dal governo, cioè dal potere esecutivo, quindi dalla politica!) contro i sindacati e i partiti di opposizione. Chiunque desidera ‘modificare l’ordinamento dello Stato’ (quindi in teoria anche socialisti e comunisti che vogliono superare il capitalismo e il primato della proprietà privata dei mezzi di produzione) può essere considerato un potenziale terrorista. Tali nuove misure potrebbero essere dunque applicate contro persone e organizzzazioni che non hanno commesso alcun crimine, ma sono sospettate solo dalla Polizia di rappresentare in futuro una potenziale minaccia per lo Stato e addirittura si potrà perseguire i bambini a partire dai 12 anni costituendo, tra l’altro, una violazione della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo.