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Alcune considerazioni sulla vittoria di Pisapia a Milano

Le elezioni comunali a Milano, la seconda città di Italia nonché centro dell’area metropolitana più densamente popolata del paese, hanno rappresentato, come era ovvio aspettarsi, un test politico a livello nazionale. Chiaramente con le sue peculiarità, ma è sentore comune che in Italia le tendenze politiche trovino una loro prima, provvisoria e precoce, apparizione nella città meneghina.

Quando, a luglio dell’anno scorso – 2010 – impazzava ancora la potenza mediatica incontrastata di Nichi Vendola tanto da destabilizzare la dirigenza del Partito Democratico (PD) a livello nazionale, sull’onda lunga della vittoria in Puglia alle regionali, Pisapia presentò la propria candidatura. In un primo momento essa apparve, ai comunisti, come l’ennesima “trovata” di Vendola, ma non era esattamente così. Ci sbagliammo, e capimmo presto che quella candidatura non era “di” Vendola o di “Sinistra Ecologia Libertà” (SEL), pur essendo Pisapia un simpatizzante di queste posizioni: era rappresentativa di interi settori di società civile milanese, di ordini di professionisti, e allo stesso tempo aveva dimostrato subito una volontà di dialogo senza pregiudizi con tutte le sincere forze democratiche e progressiste, comunisti compresi, e una capacità di ascolto non indifferente che avrebbe poi giocato un ruolo enorme con la popolazione in campagna elettorale.

Come Partito dei Comunisti Italiani (PdCI) e come Federazione della Sinistra (FdS) appoggiammo quindi la candidatura alle primarie di Giuliano Pisapia, comprendendo che, in una fase di estrema personalizzazione e leaderismo, dove i partiti comunque si stanno sempre più marginalizzando come attori, era necessario rimanere nel processo e salvare il più possibile il livello organizzativo e politico dei comunisti a Milano.

Certo, la candidatura di Pisapia era la tipica candidatura della borghesia progressista e laica di Milano, ma era anche l’unica che poteva garantire, come fu ai tempi delle giunte socialiste che dal dopoguerra governarono la città fino alla crisi morale interna del craxismo negli anni ’80, una capacità di ascolto e di aumento dell’agibilità politica per i comunisti. La sua provenienza come indipendente nelle file di Rifondazione Comunista garantiva perlomeno una certa fiducia nelle sue promesse di non estromissione dal ciclo politico per la FdS.

Questa era la candidatura che ci poteva portare a vincere. E così è stato. Nonostante una selva infinita di insulti e menzogne create ad arte da una destra priva di strategia politica e di visione del futuro, dalla macchina rubata utilizzata per il pestaggio di un giovane alla demagogizzazione pura dell’argomento sulla questione della libertà di culto e della gestione del fenomeno “nomadi” – con moschee che spuntavano dappertutto e orde di zingari e migranti agguerriti alle porte manco fossero l’orda di Gengis Khan – la sinistra nel suo insieme, dai partiti fino ai comitati Pisapia che hanno fortemente incrementato la partecipazione dei cittadini milanesi, fino ai blogger, hanno saputo rispondere per la prima volta con grande ironia e intelligenza a queste accuse assurde. La risata, l’enfatizzazione degli scenari apocalittici che la destra disegnava, utilizzando video e canzoncine ridondanti, hanno letteralmente smontato e destrutturato il falso immaginario messo in piedi, con la forza dei soldi e della coercizione dei mezzi di comunicazione, dall’estrema destra di Berlusconi e Bossi.

Per la prima volta si è riusciti a vincere nonostante la forza mediatica e le parole d’ordine della destra: un vero e proprio colpo al cuore al “quid” della loro strategia politica, che li ha messi nel più completo disorientamento. E’ chiaro che nella vittoria di Pisapia non vi è la presenza di aspetti che hanno in sé elementi per il superamento del capitalismo; ma è anche vero che da adesso si è ottenuto un passaggio fondamentale, e cioé che chi vuole affrontare questo argomento, come i comunisti, può ragionare e muoversi con più libertà.

Siamo consci che i grandi poteri della finanza si sono mossi con la loro solita rapidità fiutando il vento (Profumo, ex amministratore delegato di Unicredit, era tra i sostenitori di Pisapia) ma in un mondo complesso come questo, dove ciascuno fa il suo gioco, ritirarsi dal confronto diretto è solo un modo per autoassolversi della propria inadeguatezza storica. Chi è sinceramente per il cambiamento, chi sinceramente crede che non si convincano le persone attraverso chiuse attività di corrente che dividono i comunisti sulla base di impostazioni cristallizzate su fasi storiche concluse, allora può giocare ancora un ruolo importante, nel capitalismo di oggi, per il socialismo di domani.

Luca Rodilosso, militante della Federazione Giovanile dei Comunisti Italiani (FGCI)

2 Comments


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    donato ha detto:

    E guarda caso chi era contro Pisapia? I troschisti sia di Sinistra Critica (ex-Bandiera Rossa) amici del MPS in Ticino sia del PCL di Ferrando. Sempre loro a mettere i bastoni fra le ruote.


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    quadroni ha detto:

    Pisapia ha buttato fuori dalla sua giunta i comunisti per nominare un’assessore legata alla Nestlé… Era giusta la tesi che Pisapia era stato comprato dagli imprenditori che erano stanchi del malgoverno della Moratti.

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